Nell’XI secolo l’Impero bizantino va in crisi e l’indebolimento progressivo del sistema e le lotte per il potere si riflettono anche nella monetazione
di Luca Mezzaroba | All’interno della millenaria storia dell’Impero bizantino, il periodo che gli storici identificano come “dominio dell’aristocrazia burocratica”, che ha inizio con la morte di Basilio II (1025) e termina con l’avvento della dinastia dei Comneni (1081), coincide con l’avvio della grave e repentina crisi che porterà lo Stato bizantino ad essere preda di popoli più aggressivi, primi tra tutti normanni e turchi selgiuchidi, i quali di fatto ne causeranno, se non la fine, almeno l’irrimediabile decadenza.
La scomparsa degli ultimi grandi sovrani militari della dinastia macedone infatti portò sul trono dell’impero figure dalle scarse se non inesistenti capacità di governo; costoro, esponenti dalla potente aristocrazia latifondista e spesso supportati dalla chiesa della capitale (pronta ad appoggiarli in cambio di cospicue donazioni), non esitarono a smantellare il sistema dei piccoli proprietari terrieri, alla base dei themi e dunque dell’organizzazione militare bizantina, gonfiando al tempo stesso i salari della burocrazia civile di Costantinopoli.
Se da un lato queste decisioni portarono al collasso la potenza militare dell’impero, d’altra parte appare evidente che le fazioni legate alle diverse famiglie aristocratiche iniziarono presto una terribile lotta interna, fatta di colpi di stato e congiure, per prendere il potere nella capitale assumendo la carica imperiale.
A parte rarissime eccezioni, quanto detto fino ad ora non sembra influenzare in modo particolare la monetazione del periodo: specialmente sul piano iconografico, negli histamena e nei tetartera i vari sovrani, pur dovendo la loro elezione ad adozioni o matrimoni con donne della famiglia imperiale, si fanno rappresentare come unici detentori del potere, abbigliati con i più splendidi abiti di corte e reggendo importanti insegne del potere; essi sono spesso accompagnati dalla Vergine e in ogni caso sempre sotto la protezione di Cristo (raffigurato ormai stabilmente al dritto delle monete) di cui gli imperatori erano i soli rappresentanti sulla terra.
Questo tipo di iconografia si può ritrovare ad esempio negli histamena di Costantino X Ducas (1059-1067), membro di una delle famiglie più potenti della corte bizantina. Sposato con Eudocia Macrembolitissa, nipote del patriarca Michele Cerulario, nella moneta d’oro egli appare comunque da solo al rovescio; indossa una ricca corona con pendilia, il sakkos, una tunica di colore nero, e il classico loros decorato da perle e pietre preziose. Nella mano destra il basileus stringe il globo crucigero mentre nella sinistra il labaro; egli infine poggia i piedi su un particolare supporto, detto suppedion, costituito da un cuscino (o un tappeto) spesso tondo e di color porpora che stava ad indicare la sacralità del sovrano, il quale non poteva toccare il terreno ritenuto “impuro”.
Histamenon di Costantino X Ducas. Nel D/ Cristo Pantocratore seduto in trono, nel R/ Costantino X Ducas in piedi su un suppedion con globo crucigero e labaro. Oro, mm 27; g 4,39; h 6
Proprio la morte di Costantino X tuttavia sarà alla base dei cambiamenti iconografici (e non solo) che avranno un forte impatto sulla moneta d’oro, la quale diventerà infine testimone principale della crisi politica e sociale che l’impero stava attraversando in quei decenni. Nonostante Michele VII, il primogenito dei numerosi figli del sovrano, avesse l’età per governare, lo zio Giovanni Ducas e l’onnipotente Michele Psello (letterato e politico autore di una Cronografia che narra le vicende di quegli anni) imposero la reggenza dell’imperatrice Eudocia Macrembolitissa, la quale, nonostante gli elogi dello stesso Psello, era totalmente soggetta alla volontà dei suoi due protettori.
Tale situazione influì ovviamente sulla monetazione dell’impero: anche se la sovrana era già apparsa in alcuni follis del marito, nei quali la coppia imperiale reggeva insieme un labaro con croce vestendo i consueti abiti di corte, al momento dell’assunzione del potere la sua figura viene rappresentata anche sugli histamena assieme ai figli che, in ogni caso, mantenevano il ruolo di co-imperatori nel pieno rispetto della gerarchia tanto cara al mondo bizantino.
Follis di Costantino X Ducas. Nel D/ Cristo nimbato, nel R/ Costantino X Ducas ed Eudocia Macrembolitissa in piedi con labaro su tre gradini. Bronzo, mm 28; g 7,94; h 6
Riguardo l’ordine delle precedenze seguito dai vari personaggi, vanno peraltro segnalate due curiose particolarità legate all’iconografia di questo histamenon: anche se la rappresentazione delle diverse figure sembra del tutto normale, con il Pantocratore seduto in trono al dritto ed Eudocia al centro, affiancata dai due figli al rovescio, l’analisi dei dettagli rivela tuttavia l’estrema attenzione ai ruoli interni alla corte e soprattutto la reale considerazione di cui poteva godere una donna nel Sacro Palazzo, anche se imperatrice.
Fin dal VII secolo infatti il rigido ordine gerarchico che regolava la raffigurazione dei sovrani sulle monete e sugli altri supporti artistici prevedeva che, nel caso fossero presenti due figure, la principale stesse sulla sinistra e l’altra sulla destra, nel caso invece i personaggi fossero stati tre, il centro sarebbe stato occupato dal sovrano, la parte destra dal co-reggente più anziano la parte sinistra da quello più giovane.
Questo secondo modello però non si applica all’iconografia dell’histamenon di Eudocia nel quale la sovrana, pur avendo dimensioni maggiori dei figli Michele e Costantino e pur essendo dotata di insegne non certo inferiori (l’imperatrice stringe lo scettro, i figli il globo crucigero e l’akakia e tutti poggiano sul suppedion) presenta Michele, il maggiore, sul lato sinistro.
Tale situazione si spiega sulla base della specifica e meticolosa ideologia bizantina, la quale di fatto “eliminava”, nel conteggio generale delle figure presenti, quella femminile nel caso questa occupasse la posizione principale ma fosse accompagnata da altre figure maschili; queste ultime sarebbero quindi state le uniche prese in considerazione per l’organizzazione iconografica della moneta.
Histamenon di Eudocia Macrembolitissa. Nel D/ Cristo Pantocratore seduto in trono, nel R/ Eudocia con scettro (al centro) e i figli Michele VII (a sinistra) e Costantino (a destra) con akakia e globo crucigero. Oro, mm 27; g 4,39; h 6
La seconda particolarità è legata al personaggio di Costantino: egli infatti non era in realtà il secondogenito, ma il terzo, preceduto da un altro fratello di nome Andronico. Anche in questo caso la spiegazione si rifà all’ordine di precedenze proprio della corte dell’impero: se infatti Michele e Costantino erano stati nominati dal padre co-imperatori, e dunque avevano il diritto di essere rappresentati nella moneta, Andronico invece, molto più interessato agli studi, non aveva ottenuto la carica e dunque non poteva apparire nell’iconografia ufficiale.
A tutti questi personaggi presenti sulla scena, e sulla moneta, dobbiamo tuttavia aggiungerne un altro: il generale Romano Diogene. Dopo pochi mesi di reggenza infatti Eudocia Macrembolitissa, con grande sorpresa e sdegno di Michele Psello, decise improvvisamente di sposare questo generale che lo stesso Psello definisce “a volte schietto, ma più spesso insincero e pretenzioso”. In realtà, per l’impero, la situazione militare, iniziava a divenire insostenibile con i normanni alla conquista dell’Italia meridionale ma soprattutto in seguito alle numerose e devastanti incursioni dei turchi selgiuchidi, mai contrastate a causa del degrado dell’esercito.
Non possiamo certamente affrontare in questa sede gli eventi che segnarono il tragico regno di Romano IV (1068-1071), che terminerà con la terribile sconfitta di Manzikert e la contemporanea caduta di Bari; qui basterà analizzare l’iconografia dei suoi histamena che, a parere di chi scrive, rappresentano in modo chiaro la crisi politica e sociale che stava vivendo l’impero, forse ancora più drammatica del disastro militare contro i turchi.
Histamenon di Romano IV Diogene. Nel D/ Michele VII (al centro), con labaro e akakia, con i fratelli Costantino (a sinistra) e Andronico (a destra) con globo crucigero e akakia. Nel R/ Cristo che incorona Romano IV ed Eudocia entrambi con globo crucigero. Oro, mm 26; g 4,34; h 6
L’histamenon, realizzato durante il regno di Romano IV Diogene, abbandona infatti la rappresentazione del Cristo Pantocratore al dritto per lasciare spazio ad una moltitudine di figure imperiali: il dritto è invece occupato da Michele VII, al centro, affiancato dai fratelli Costantino, a sinistra, e Andronico, a destra. Tutte le figure indossano il loros e la corona con pendilia, Michele VII poi stringe un labaro e l’akakia mentre Costantino e Andronico sostituiscono la prima insegna con il globo crucigero. Il rovescio è dominato invece dall’incoronazione simbolica dei sovrani: Cristo, nimbato e in piedi su un suppedion in posizione centrale, si pone tra Romano IV, a sinistra, ed Eudocia, a destra.
Entrambe le figure indossano la corona con pendilia e reggono il globo crucigero; per quanto riguarda le vesti, mentre il basileus porta chiaramente il loros, l’imperatrice sembra avere un abito diverso. Se infatti la parte superiore si può identificare con il loros usato dalle sovrane, la parte inferiore, caratterizzata da un elemento di forma quasi ovale, ha fatto pensare a vari studiosi che si potesse trattare del thorakion, un capo di abbigliamento a forma di scudo decorato da perle e pietre preziose; studi più recenti hanno tuttavia dimostrato come l’abito indossato da Eudocia sia effettivamente un loros che, tagliato nella sua parte finale, non terminava avvolgendo il braccio sinistro (come appare per quello indossato da Romano IV) ma veniva semplicemente infilato nella cintura o nel vestito stesso.
Al di là dello splendore delle insegne imperiali si nascondeva tuttavia una situazione di feroci lotte interne alla corte e di crisi militare: nonostante l’odio di Michele Psello, è indubbio che Romano IV, una volta asceso al trono, aveva agito in modo autoritario cercando di esautorare dal potere i figli del predecessore.
Non potendo eliminare fisicamente Michele VII ed i fratelli, il nuovo basileus li fa raffigurare nel dritto della moneta (al posto d’onore) ma ne aumenta il numero (comprendendo anche Andronico) svuotando di fatto la carica di ogni potere reale; al tempo stesso Romano IV e l’imperatrice, si pongono nel rovescio, in posizione subordinata, ma incoronati da Cristo e con tutte le insegne del potere sovrano, una scena che peraltro sarà rievocata, senza sostanziali mutamenti, anche sui sigilli.
Sigillo realizzato durante il regno di Romano IV Diogene. Nel D/ Cristo che incorona Romano IV ed Eudocia entrambi con globo crucigero. Nel R/ Michele VII (al centro), con stendardo, con i fratelli Costantino (a sinistra) e Andronico (a destra) con globo crucigero e akakia. Piombo, mm 34; g 35,19; h 12
Pur raggiungendo elevatissimi livelli artistici nella rappresentazione delle insegne e dei personaggi, i quali perdono spesso le connotazioni di ieraticità tipiche del mondo bizantino in favore di una raffigurazione maggiormente realistica, dal punto di vista iconografico la monetazione dell’XI secolo si concentra dunque sempre di più su una pura celebrazione del sovrano. Costui appare impegnato solo ad esaltare la sua figura in opposizione agli altri membri della corte e ai parenti del sovrano cui è succeduto mentre è totalmente ignaro dei reali problemi politico-militari che attanagliano lo Stato e la popolazione.
Histamenon scifato di Michele VII Ducas. Nel D/ Cristo nimbato; nel R/ Michele VII in piedi con labaro e globo crucigero. Oro / elettro, mm 30; g 4,40; h 6
A tale svuotamento del valore propagandistico (ben diverso ad esempio dalle scelte operate dai sovrani del VI e del VII secolo, i quali vivevano situazioni non molto diverse) bisogna infine aggiungere la più grave crisi che può colpire la moneta, vale a dire la sua svalutazione. Sarà proprio il debole Michele VII (1071-1078), asceso al trono in seguito alla sconfitta di Romano IV, a segnare la fine dell’histamenon.
Nonostante il suo carattere estremamente ingenuo e pudico, tale che, secondo l’immancabile testimonianza di Psello, “se qualcuno si lascia sfuggire di bocca una parola triviale o anche solo il termine crudo di ‘amore’ subito lo si vede avvampare in volto” egli non si farà scrupoli a ridurre la quantità di oro presente nella moneta portandola a soli 12 carati. Un segno evidente della crisi dell’impero…