Nel 1518 nasceva Jacobo Robusti, celebrato ancora con mostre e con questo inedito percorso fra arte e medaglie
di Leonardo Mezzaroba | Da un anno a questa parte si susseguono le celebrazioni per il quinto centenario della nascita di Jacobo Robusti, meglio noto come il Tintoretto.
Per l’occasione sono state organizzate, in Italia ma anche all’estero, numerose esposizioni dedicate al grande pittore, che hanno avuto luogo fin dalla primavera del 2018 (si pensi a Tintoret. Naissance d’un genie, tenuta presso il Musée du Luxembourg a Parigi), che si sono svolte a cavallo tra il 2018 e il 2019 (ad esempio la mostra Tintoretto 1519-1594, nel Palazzo Ducale, a Venezia).
Altre, invece, si stanno svolgendo nell’anno corrente: dalle Gallerie dell’Accademia, a Venezia (Il Giovane Tintoretto) alla National Gallery of Art di Washington (Tintoretto: Artist of Renaissance Venice).
È sembrato allora opportuno proporre un breve percorso rievocativo della vita e dell’opera di Jacopo Robusti anche attraverso le medaglie a lui dedicate, che in realtà non sono numerose e anzi risultano praticamente assenti proprio in occasione di questo importante anniversario.
Il fatto che le rievocazioni del Tintoretto si protraggano nell’arco di due anni è certo legato al grande numero di iniziative messe in atto per onorare un artista così importante (particolarmente numerose quelle organizzate a Venezia, patria dell’artista), ma anche al fatto che, in realtà, la data di nascita di Jacopo Robusti non è del tutto certa e oscilla proprio tra l’autunno del 1518 e la primavera del 1519.
Come è noto, il nostro personaggio assunse il nome di “Tintoretto” dalla professione del padre Giambattista, tintore. Ancora molto giovane, entrò nella bottega di Tiziano dove rimase ben poco: la tradizione vuole che fosse lo stesso Vecellio a costringerlo ad allontanarsi, preoccupato della sua bravura; di certo tra i due non corse mai buon sangue.
Le prime grandi opere di Tintoretto si collocano verso la metà degli anni Quaranta, dal Convito di Baldassarre alla Conversione di S. Paolo, all’Ultima Cena per la chiesa di S. Marcuola.
Del 1548 è il Miracolo di San Marco per la Scuola di San Marco; l’opera provocò notevole scalpore e critiche contrastanti ma assicurò grande notorietà all’autore. L’anno seguente iniziò la collaborazione con la Scuola Grande di S. Rocco, con il S. Rocco risana gli appestati, destinato alla chiesa legata alla Confraternita.
Nel 1550 Jacopo si sposò con Faustina Episcopi, dalla quale ebbe otto figli. Giambattista, Domenico e soprattutto la prediletta Marietta saranno a loro volta pittori e collaboratori del padre.
Animato da un’energia inesauribile, nei primi anni Cinquanta Jacopo Robusti compì il ciclo di tredici opere per la Scuola della Trinità; poi, verso il 1562, con l’appoggio del potente guardian grande della Scuola di San Marco, Tommaso Rangone (1493-1577), egli poté dar vita ad altri tre episodi dei Miracoli di San Marco.
Certamente però il nome del Tintoretto rimane legato al grandioso ciclo di opere compiuto per la Scuola di San Rocco che, a buona ragione, può essere definita la “Cappella Sistina” dell’artista.
Nel maggio del 1564 la Scuola di San Rocco aveva bandito un concorso fra i pittori di Venezia per decorare il soffitto della sala dell’Albergo, per questo aveva invitato gli artisti interessati a presentare un abbozzo raffigurante S. Rocco in gloria.
Con notevole spregiudicatezza il Tintoretto, in luogo di un bozzetto, fece trovare l’opera completa e già collocata sul soffitto. Le proteste, che pure ci furono, furono zittite dall’autore con la dichiarazione che egli regalava l’opera alla Confraternita. Di fronte alla qualità dell’opera e alla generosità dell’offerta, il concorso venne sospeso e l’incarico assegnato al Tintoretto che inoltre fu accolto, nel 1565, tra i confratelli.
Ultimato il soffitto dell’Albergo, il Tintoretto passò a decorare le pareti della stessa sala eseguendo la Crocifissione e le altre Storie della Passione, tra cui un inedito Cristo davanti a Pilato (1566).
Alcuni anni dopo (1574) la Scuola decise di rifare anche il soffitto della grande sala del Capitolo: Tintoretto si volse allora alle tre opere maggiori, che completò nel 1576: la Caduta della manna, Mosè fa sprizzare l’acqua dalla roccia, l’Adorazione del serpente di bronzo; il 21 novembre 1577 poi egli si offrì di ultimare il soffitto della sala, di preparare dieci quadri parietali per la stessa, di lavorare per la chiesa di San Rocco e comunque di eseguire tutti i dipinti necessari, in cambio di una “provvisione” di cento ducati l’anno da pagarsi fino alla sua morte.
Le richieste furono accolte e Jacopo Robusti completò la sala del Capitolo nel 1581 e, tra il 1583 e il 1587, pose mano alla sala terrena. Nel frattempo egli aveva acquistato casa in fondamenta dei Mori, dove sarebbe rimasto fino alla conclusione della sua esistenza. Lì vicino vi era la “sua” chiesa: la Madonna dell’Orto, per la quale realizzò alcune opere importanti.
Pur impegnato presso la Scuola di San Rocco, Tintoretto non rinunciava ad assumere altre committenze da parte dello Stato, di privati e di congregazioni religiose. Lo sforzo sostenuto per realizzare l’immensa tela del Paradiso (1588-1592) per la Sala del Gran Consiglio a Palazzo Ducale basta da solo a far capire come mai Tintoretto venisse soprannominato dai contemporanei “furioso”.
Ma ancora, tra il 1592 e il 1594, egli diede vita, per la basilica di San Giorgio Maggiore, alla sua particolarissima Ultima cena.
Del resto Tintoretto era assorbito totalmente dal suo lavoro e dall’ansia di ottenere fama e gloria, al punto da isolarsi sempre più anche rispetto all’ambiente artistico della sua città.
Gli ultimi anni della sua vita non furono felici; prostrato dalla morte prematura della figlia Marietta (1590), Jacopo si spense il 31 maggio 1594 dopo una breve malattia; venne sepolto nella chiesa della Madonna dell’Orto.
Nell’Ottocento le sue ceneri, assieme a quelle della figlia Marietta, furono collocate nella cappella absidale destra, da allora detta “del Tintoretto”.
Come anticipato, sono decisamente poche le medaglie che ricordano la figura di Jacopo Robusti. La più antica è senza dubbio quella realizzata dall’incisore fiorentino Giovanni Zanobi Weber (ca. 1737-1806). L’opera di costui (circa 120 medaglie) è stata analizzata approfonditamente da Arnaldo Turricchia (Le medaglie di Giovanni Zanobi Weber, Roma 2011), che colloca la medaglia del Tintoretto nella “Serie degli artisti illustri”
La serie è costituita da 30 medaglie (realizzate intorno agli anni Settanta del XVIII secolo), considerate a ragione dallo studioso “le meno belle, anche se si intravede in esse una certa abilità ritrattistica” (p. XIV). La medaglia di Jacopo Robusti è schedata al n. C23, p. 81.
Successivamente il Tintoretto viene totalmente dimenticato. A quanto è dato sapere, solo nel 1968 Maurice Charon (1915-ca 1975) realizzò, per conto della Monnaie de Paris, una medaglia ispirata al dritto all’autoritratto di Jacopo Robusti, del 1586, conservato presso il Museo del Louvre.
Il rovescio, invece, è ispirato a uno schizzo preparatorio della tela L’adorazione del vitello d’oro conservato presso la chiesa della Madonna dell’Orto. La medaglia, di modulo davvero notevole (86 mm) venne realizzata in 250 esemplari per conto della Édition du Club français de la Médaille.
Negli anni successivi la Monnaie de Paris ripropose la medaglia in un modulo minore (mm 72). Particolarmente suggestiva la versione caratterizzata dall’uso di patine colorate e dall’argentatura della barba e dei capelli dell’artista (sul dritto) e dello “schizzo” sul rovescio.
Purtroppo non sono note altre medaglie legate a Tintoretto, oltre a quelle qui presentate, e, a quanto è dato sapere, solo la medaglia per la manifestazione sportiva veneziana Su e Zo per i Ponti (svoltasi il 7 aprile 2019) richiama, anche se in modo piuttosto indiretto, il grande artista.
Infatti, come hanno voluto precisare gli organizzatori, “Per celebrare i 500 anni dalla nascita di Jacopo Robusti detto il Tintoretto […] la medaglia della Su e Zo per i Ponti di Venezia 2019 raffigura un dettaglio della facciata della Chiesa della Madonna dell’Orto: un particolare degli spioventi delle navate laterali che accolgono nelle nicchie dodici Statue degli Apostoli attribuibili ai Delle Masegne”.