Sui 10 tornesi “romani” datati 1859 che l’ormai ex re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone fece coniare nella zecca pontificia, durante il suo forzato esilio romano nel 1861, sono stati letteralmente scritti fiumi di inchiostro.
Una breve storia degli studi sui 10 tornesi romani
Il primo numismatico che ne ha parlato è stato Benvenuto Cosentini, ben più di un secolo fa, quando una sua lettera (ricca di informazioni anche a riguardo del 10 tornesi 1859 napoletano) venne pubblicata da Memmo Cagiati nel suo Supplemento all’opera: Le monete del Reame delle Due Sicilie, anno 4, n. 2, 1914. Gli ultimi autori che hanno scritto su questa monetazione romana sono stati, in ordine cronologico, Giuseppe Ruotolo con una ampia risposta ad un lettore, pubblicata sul mensile cartaceo Cronaca Numismatica n. 155 di settembre 2003, e Antonio Morello con un articolo apparso su Ver Sacrum. I sentieri della storia, anno V, n. 25, gennaio-febbraio 2006.
Morello si è limitato a riportare le informazioni già rese note, più di un trentennio prima, da Neri Scerni sulla Rivista italiana di Numismatica e Scienze affini, serie V, vol. LXXV, 1973, mentre Ruotolo non menziona e non tiene conto, inspiegabilmente, degli studi condotti sui 10 tornesi 1859 romani da Neri Scerni, da Giovanni Bovi, nello studio apparso sul Bollettino del Circolo numismatico napoletano, gennaio-dicembre 1974-1975, e da Gian Domenico Auricchio, il cui lavoro è stato pubblicato sulla RIN nel 1997.
Quale lega per i 10 tornesi coniati dalla zecca di Pio IX?
E’ mia intenzione, con questo studio, correggere un’informazione riportata in quasi tutti gli studi dedicati al 10 tornesi romani 1859 apparsi dopo il lavoro di Nicola Borrelli del 1939, concernente la presunta frode attuata dallo spodestato re Franceschiello e consistente nell’utilizzo di tondelli in bassa lega di rame per la coniazione di dette monete.
Bassa lega avente un tenore di rame appena del 37,5% di quello, pieno ossia al 100%, degli analoghi pezzi coniati a Napoli nel corso del 1860 (pur recando il millesimo 1859).
Prima, tuttavia, mi sia consentito di riassumere in pillole le informazioni salienti sul 10 tornesi 1859 romano, basate sulla ricca bibliografia esistente.
La coniazione delle monete da 10 tornesi 1859 voluta da Francesco II di Borbone avvenne su consiglio del suo ministro delle Finanze Salvatore Carbonelli, barone di Letino e Campofigliolo, al fine di finanziare le bande armate realiste in azione nell’ormai perduto Regno delle Due Sicilie.
L’operazione avvenne nella zecca papale di Roma coi conii approntati da Bonfiglio Zaccagnini, incisore di quella officina (cfr. Neri Scerni 1973 e Giovanni Bovi 1975). E’ doveroso evidenziare che proprio Scerni, consultando documenti conservati nell’Archivio di Stato di Roma, fu il primo studioso ad accertare il nome dell’incisore dei conii romani.
Rame francese per l’ex re Borbone in esilio
Il rame e i tondelli utilizzati per la coniazione delle monete commissionate da Francesco II provenivano dal porto di Marsiglia (il primo invio di materiale in lastre avvenne sulla nave a vapore francese Carmel) ed erano destinati al porto di Civitavecchia, da cui raggiunsero Roma mediante ferrovia.
Complessivamente furono effettuati sei invii, tra il 5 gennaio e il 16 aprile 1861: il primo invio riguardò 7308 kg di rame in lastre, il secondo riguardò 5708 kg di metallo già tagliato in strisce, mentre gli ulteriori quattro invii ebbero ad oggetto sempre tondelli, pronti per essere coniati, di “cuivre rouge” ovvero di “cuivre affinè”. Complessivamente pervennero alla zecca pontificia di Roma 33.069 kg di rame da utilizzare per la produzione dei 10 tornesi (cfr. Neri Scerni 1973).
Spigolando tra documenti e cronache d’epoca
La moneta venne coniata per un valore nominale complessivo di ducati 44.955, pari a 899.100 esemplari (1 ducato napoletano = 100 grana e 10 tornesi = 5 grana; dunque 1 ducato = 20 monete da 10 tornesi).
Mentre Neri Scerni 1973, pur parlando per primo degli 899.100 pezzi coniati, avanzava l’ipotesi che questo quantitativo fosse approssimato per difetto, Giovanni Bovi nel 1975, evidentemente sollecitato dal saggio di Scerni, trovò nell’Archivio di Stato di Napoli documenti che confermano, oltre al nome dell’incisore, la tiratura della moneta romana. E proprio in ciò risiede l’importanza del saggio del Bovi.
Una differenza ulteriore tra i 10 tornesi napoletani e quelli coniati a Roma, rispetto a quelle evidenziate dalla commissione di tecnici appositamente incaricata, già nel 1861 presso la Zecca di Napoli, di verificare e accertare le differenze tra i due conii, è stata segnalata per la prima volta da Luigi Dell’Erba grazie alle osservazioni di Antonio Dell’Erba, figlio dell’autore: nel taglio del collo reale delle monete romane mancherebbero le iniziali L. A. dell’incisore dei conii napoletano Luigi Arnaud.
Questa notizia, sempre riproposta in seguito, è stata definitivamente sfatata da Gian Domenico Auricchio nel 1997. Dall’analisi di un pezzo romano in elevato stato di conservazione l’autore ha infatti accertato che dette iniziali erano presenti anche su quelle monete.
Le iniziali dell’incisore napoletano furono cancellate, su gran parte dei pezzi romani, dall’azione del bagno acido cui furono sottoposte a Roma ai fini di un rapido invecchiamento, onde potessero confondersi con le monete genuine, già in circolazione nel Regno di Napoli da circa un anno e mezzo.
Una cronaca d’epoca “manipolata” dai filo sabaudi?
Una cronaca coeva, con data 11 marzo 1861, riferisce di non meglio identificate verifiche sulla composizione metallica delle monete da 10 tornesi 1859 coniate a Roma. A seguito di queste sarebbe stato accertato che le monete romane erano in mistura di rame, e non in rame puro come gli analoghi pezzi genuini napoletani.
In quella cronaca, infatti, si parla di un intrinseco di appena 1,5 baiocchi di rame rispetto ai 4 delle monete genuine, dunque il tenore di rame delle monete romane dovrebbe essere non superiore al 37,5% di quelle napoletane (cfr. Nicola Borrelli 1936).
Vico d’Incerti, nel suo pregevole studio pubblicato nel 1960, per molti aspetti ancora oggi utile, riprende da Borrelli l’informazione che i 10 tornesi romani fossero in mistura, però fornisce un dato inesatto, parlando di appena il 43% del rame contenuto nei 10 tornesi di produzione napoletana.
Giuseppe De Sopo (fine anni ‘70 del XX secolo) afferma che il 10 tornesi 1859 romano “invece di essere di puro rame risulta di lega scadente il cui valore intrinseco è pari al 43%”, evidentemente rifacendosi al pregevole studio di Vico D’Incerti.
Una lettura critica e nuovi approfondimenti
Dal lettura del saggio di Neri Scerni 1973, che ha tratto le informazioni da documenti d’epoca conservati nell’Archivio di Stato di Roma, si evince che a fronte di un primo invio di rame in fogli e di un secondo in rame a strisce già tagliate, i successivi quattro invii di rame funzionali alla coniazione dei 10 tornesi 1859 a Roma con i conii approntati dallo Zaccagnini avvenne sempre in forma di tondelli già pronti per essere coniati e, si badi, i documenti originali ritrovati da Scerni parlano sempre di “cuivre rouge” ovvero di “cuivre affinè”, dunque rame rosso e rame puro.
Ne consegue che dovrebbe essere falsa, pretestuosa e politicamente schierata, la notizia tratta da cronaca dell’11 marzo 1861 riportata Borrelli nel 1939 e, successivamente, riproposta da tutti gli studiosi che si sono occupati di questa monetazione.
La cronaca, come già detto, parlava di presunte analisi della lega delle monte in argomento, da cui sarebbe stato accertato un titolo di rame del 37,5% di quello presente nei 10 tornesi 1859 a nome del re Franceschiello coniati a Napoli.
Ad ulteriore conferma della falsità di questa notizia vi è la documentazione riguardante la terza spedizione di rame da Marsiglia alla volta di Roma, resa nota da Neri Scerni: si parla di 16 barili pieni di tondelli di rame puro, aventi diametro di 37 millimetri, ciascuno di peso medio pari a 31,2 grammi, di peso massimo di 31,824 grammiu e minimo di 30,576 grammi. E’ evidente che, se fossero stati tondelli a basso tenore di rame, il loro peso e diametro non sarebbero mai potuti essere quelli evidenziati, identici a quelli delle monete napoletane.
Un 10 tornesi romano al microscopio elettronico
Se i documenti resi noti da Scerni dovrebbero essere sufficienti a fugare ogni dubbio, ho ritenuto comunque opportuno e dirimente interrogare il documento storico per eccellenza: la moneta. Essendo in possesso di un 10 tornesi 1859 romano, mi sono informato presso laboratori specializzati in merito alla possibilità di analizzarne la composizione chimica in modo non distruttivo.
Uno di questi laboratori, il Center Materials Research di Vicenza, specializzato in analisi sui materiali metallici da costruzione, si è dichiarato disponibile ad analizzare la superficie della mia moneta al microscopio elettronico con microsonda elettronica.
Questo tipo di analisi, infatti, è in grado di fornire informazioni sulla composizione di una lega metallica con un’approssimazione minima del 2%, ampiamente sufficiente per le finalità di questo studio. Il principio di questo metodo di indagine è il seguente: il campione è bombardato con un fascio di elettroni ed emette raggi X ad una lunghezza d’onda caratteristica dell’elemento analizzato.
Per fare ciò, però, ho dovuto, mio malgrado, rimuovere la patina da una parte del campo del rovescio, in modo che la microsonda analizzasse effettivamente il metallo della moneta e non già il materiale di cui è composta la patina.
In questo articolo è illustrata la moneta da 10 tornesi romani oggetto di analisi, recante, ben visibile nel campo del R/, la zona da cui è stata rimossa la patina. Il risultato, opportunamente certificato (rapporto di prova n.1427-1-19 del 20.05.2019), è stato inequivocabile: “rame ad elevata purezza”. Come volevasi dimostrare.
Per concludere: fu buona moneta e non frode
Concludendo, è stata definitivamente sfatata la notizia della mistura di rame dei 10 tornesi coniati nella zecca pontificia di Roma nel 1861 (ma recanti il millesimo 1859) per volere di Francesco II di Borbone. Essi erano costituiti da rame puro.
E’ doveroso, dunque, sottolineare che la cronaca coeva che ci ha tramandato questa notizia clamorosamente falsa, resa nota, come detto, da Borrelli 1939, era chiaramente schierata politicamente in favore dei Piemontesi e dei Savoia. Essa tendeva a screditare l’immagine di Francesco II di Borbone, tacciato non solo di coniare moneta falsa, ma anche di essere promotore di una grave frode nei confronti del “suo” popolo, quello dell’ormai ex Regno delle Due Sicilie.
Bibliografia essenziale
- Benvenuto Cosentini “Su alcuni dieci tornesi di Francesco II di Borbone”, in Supplemento all’opera: Le monete del Reame delle Due Sicilie di Memmo Cagiati, anno 4, n. 2, 1914, pp. 23-25;
- Guido De Mayo “Mala moneta”, Napoli, 1919, p. 33;
- Luigi Dell’Erba “La riforma monetaria angioina e il suo sviluppo storico nel Reame di Napoli”, in Archivio Storico per le Province Napoletane, Napoli, 1932-1935, pp.152-153 della parte del saggio apparsa su ASPN 1935;
- Nicola Borrelli “Intorno ai 10 tornesi falsi di Francesco II coniati a Roma nel 1859”, in Rivista italiana di Numismatica e Scienze affini, anno II, n. 6, Roma, 1936, pp. 107-108;
- Nicola Borrelli “Ancora sui 10 tornesi falsi di Francesco II coniati a Roma con la data del 1859”, su Rivista italiana di Numismatica e Scienze affini, anno V, n. 4, 1939, pp. 93-96;
- Vico D’Incerti “Le monete borboniche delle Due Sicilie. Periodo 1799-1860”, Società Numismatica Italiana, Milano, 1960, pp. 40-42;
- Giovanni Jaia “Su alcune varianti della moneta napoletana da 10 tornesi del re Francesco II di Borbone”, in La Numismatica, nuova serie, anno V, n.3, Roma, 1964, pp. 204-219;
- Neri Scerni “Monete e medaglie coniate nella zecca di Roma per i Borboni di Napoli nel 1860-1862”, in Rivista italiana di Numismatica e Scienze affini, serie V, vol. LXXV, 1973;
- Giovanni Bovi “I 10 tornesi romani di Francesco II e il Prestito di Gaeta”, su Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano, gennaio-dicembre 1974-1975;
- Mario Traina “Investire in monete”, De Vecchi, Milano, 1976, p. 174;
- Giuseppe De Sopo “Nuove varianti e curiosità nelle monete borboniche napoletane”, Potenza, s.d. (probabilmente sul finire degli anni ’70 del XX secolo), pp. 176-181;
- Gian Domenico Auricchio “A proposito di un’emissione monetaria di Francesco II Borbone”, su Rivista italiana di Numismatica e Scienze affini, Milano, 1997;
- Giuseppe Ruotolo “Quei 10 tornesi contraffatti a Roma per riportare sul trono Francesco II”, su Cronaca Numismatica n. 155, settembre 2003, pp. 8-9;
- Antonio Morello “Il 10 tornesi 1859 coniato a Roma moneta del brigantaggio politico”, in Ver Sacrum. I sentieri della storia, anno V, n.25, gennaio-febbraio 2006.