Arricchitosi con i commerci, sposato con una Loredan che gli aprì le porte delle più influenti famiglie della Serenissima, Antonio Grimani nacque a Venezia nel 1436 e solo in età matura decise di intraprendere la carriera politica.
Nel 1483 divenne savio di Terraferma, nel 1484 avogador di Comun, nel 1486 savio alla Sanità; nel 1487 fece parte della commissione sui lavori per la deviazione del Brenta e nel 1488 fu provveditore dell’Arsenale, oltre che savio del Consiglio. Nell’agosto 1489 fu di nuovo provveditore all’Arsenale, sedette tra i savi del Consiglio dal 1490 al 1492 e, in quello stesso anno, fu consigliere ducale e poi savio nella zona di Collegio (1493).
L’anziano doge Antonio Grimani in un’incisione del XVI secolo
Nel 1493 suo figlio Domenico ricevette la berretta di cardinale e così Antonio Grimani si assicurò dei solidi legami con la Chiesa. Nel 1499 scoppiò l’ennesima guerra tra la Turchia e la Serenissima e, nonostante la scarsa esperienza in campo bellico, Grimani fu eletto capitano da Mar.
Purtroppo, la sua imperizia e una certa dose di sfortuna determinarono la disfatta veneziana nella battaglia di Sapienza. Antonio Grimani perse il comando e vemme ricondotto a Venezia in catene, rischiano il linciaggio. Nonostante la rabbia popolare, tuttavia, emerse ben presto la responsabilità degli ufficiali della flotta e quindi la pena per il Grimani fu piuttosto mite: rimozione dalla carica di procuratore e confino a Cherso.
Si distingue, nel ritratto sul dritto del ducato, il profilo del “vegliardo” doge
Fortune e sfortune, tuttavia, spesso si alternano dell’esistenza dei protagonisti della storia. Nel 1509, grazie all’influenza dei figli, Antonio Grimani ricevette la grazie e il reintegro nella carica di procuratore. Seguirono altri incarichi e, in parallelo, la ripresa delle sue attività commerciali.
Il 21 giugno 1521 morì il doge Leonardo Loredan; tra i possibili successori, tuttavia, non vi erano personalità di spicco e questo permise al Grimani, ricco e gradito ai giovani concorrenti (avendo un’età così avanzata) di ricorrere a brogli che gli garantirono i voti necessari per l’elezione. Il 6 luglio 1521 diventava doge e, se il suo breve dogato non lasciò segni particolari nella storia di Venezia, lo fece in quella della sua monetazione dato che Antonio Grimani fu il primo a far coniare un’osella d’argento.
La bolla in piombo di Antonio Grimani, doge di Venezia dal 1521 al 1523
IVSTITIA ET PAX OSCVLATAE SVNT si legge sul rovescio, sul quale due figure femminli – la Giustizia e la Pace, si stringono la mano. La frase proviene dal libro dei Salmi (84, 11) dove si legge “Misericordia et veritas obviaverunt sibi, iustitia et pax osculatae sunt” (“Misericordia e verità si sono incontrate, giustizia e pace si sono baciate”).
Il rovescio della prima osella d’argento della storia, quella coniata nel 1521
Sul dritto non solo san Marco che porge il vessillo al doge ma anche, dietro quella del protettore di Venezia, la figura del Cristo seduta e benedicente. La moneta, dunque, ricorda la riabilitazione di Antonio Grimani che, dopo la sconfitta di Lepanto, era stato esiliato e e finalmente, alla veneranda età di 87 anni, eletto alla suprema magistratura.
Il Redentore e san Marco investono il Grimani della carica dogale
Alla giustizia resa al Grimani segue la pace, ossia la riconciliazione. Il suo dogato scorse abbastanza tranquillo, essendo la Repubblica quasi in pace. Il doge – “vecchio e rimbambito” come lui stesso si definì – si occupò ben poco delle questioni di Stato, preso com’era dalle diatribe familiari dovute alla suddivisione dell’eredità e alla richieste di denaro dei nipoti.
Fuproprio dopo le nozze di un nipote, forse per un’indigestione, l’anziano doge si sentì male e morì il 7 maggio del 1523, non senza un certo sollievo da parte della cittadinanza e del governo veneziano.