di Roberto Ganganelli | Il centenario della fine della Grande guerra non ha certo portato in Italia – segno dei tempi – quella messe di monete e medaglie ricordo, celebrative o tanto meno istituzionali che ci saremmo aspettati, almeno noi appassionati dell’arte “del picciol cerchio”. Ci vengono segnalate tuttavia due coniazioni, entrambe opera dell’artista lombardo Luigi Oldani, che parlano ancora con poesia di Patria e di sacrificio, di valori da intendere senza retorica ma guardando a coloro che – anonimi o conosciuti, a migliaia o singoli i quali, con l’esempio e il sacrificio, hanno tenuto unita e fatto crescere una nazione.
Secondo il sindaco di Romano di Lombardia Sebastian Nicoli “Esistono luoghi che non necessitano di particolari spiegazioni o approfondimenti per la loro individuazione, tanto grande è il valore simbolico affettivo consolidatosi durante il corso degli anni nell’immaginario dei cittadini.
Così accade a Romano per il Monumento ai caduti, più semplicemente e soltanto il Monumento”, a identificare non solo l’imponente manufatto artistico, ma il luogo stesso in cui è ubicato. Lunga è la sua storia, dall’ideazione alla collocazione: nel 1920, a due anni dal termine del Primo conflitto mondiale, un comitato di notabili raccolse le istanze di una popolazione ancora scossa dalle ingenti perdite umane e assetata di memoria; una memoria che potesse saldare un vuoto generazionale. Per arrivare alla scelta definitiva del bozzetto dello scultore Monti fu addirittura indetto un referendum tra la popolazione che lo indicò a gran maggioranza; non di meno si dibatté circa la scelta della fonderia che avrebbe eseguito la fusione, prima che avesse definitiva collocazione nei terreni del Palazzo Rubini, ceduti all’amministrazione comunale”.
Così, nel certificato che accompagna la coniazione firmata Oldani, l’Amministrazione di oggi, dopo il recente restauro, ha inteso rinnovare il valore storico e simbolico del monumento, riproducendolo in medaglia cento anni dopo, come tributo ai caduti romanesi della Grande guerra. Lo stesso Comune ha voluto la pubblicazione di due volumi, dal titolo Soldati, dove in copertina è riportato un particolare del monumento che, nel bronzo – mm 60 di diametro – il maestro incisore di Dalmine ha reso con rilievi leggeri, quasi con un senso di rispetto per quei caduti che la retorica di un secolo fa rese troppo spesso, nelle raffigurazioni artistiche, bellicosi e marziali oltre misura. Al rovescio è riportato il consueto stemma comunale che caratterizza la serie delle medaglie di Romano di Lombardia.
Per l’Associazione Nazionale Carabinieri, Sezione di Dalmine (BG), Luigi Oldani ha plasmato invece una medaglia che celebra, per l’appunto, la Sezione dedicata a Giovanni Bressan, che quest’anno festeggia i 90 anni di fondazione. Tra le prime 40 attive in Italia, la settima in Lombardia, quella di Dalmine è la prima in assoluto creata nella provincia di Bergamo.
Coniata in 90 esemplari numerati in bronzo patinato nel diametro di 60 millimetri, la medaglia rende omaggio al brigadiere Giovanni Bressan che, nel 1956, inseguendo dei malviventi e non volendo per primo far uso delle armi – come recita l’encomio solenne che gli venne concesso postumo – subì le mortali ferite di “tre colpi di pistola esplose dal malfattore lo abbattevano trapassandogli l’indomito petto e arrestando per sempre il suo slancio generoso”.
Ecco come, con due “semplici” medaglie, si perpetuano la storia di un popolo e il valore di un individuo.