di Antonio Castellani | “Il patrimonio culturale – scrive in una nota l’Ufficio Filatelico Numismatico del Vaticano – ha un valore universale per ciascuno di noi, per le comunità e le società, è importante conservarlo e trasmetterlo alle generazioni future. Per questo motivo, nel 2018, è stato istituito l’Anno europeo del Patrimonio culturale con il motto: ‘Il nostro patrimonio, dove il passato incontra il futuro’. L’obiettivo è quello di incoraggiare il maggior numero di persone a scoprire e lasciarsi coinvolgere dal patrimonio culturale dell’Europa e rafforzare il senso di appartenenza a un comune spazio europeo”.
Per l’occasione, lo Stato della Città del Vaticano ha emesso il 1° giugno scorso un 2 euro commemorativo scegliendo di riprodurre sulla moneta il gruppo scultoreo del Laocoonte, una delle opere più belle e prestigiose tra quelle conservate presso i Musei Vaticani. La statua, rinvenuta nel 1506, fu acquisita da Giulio II Della Rovere che la fece trasferire in Vaticano. Negli anni seguenti, nel Cortile delle Statue – oggi Cortile Ottagono – si formò uno dei più importanti insiemi di scultura antica, che avrebbe segnato profondamente la cultura artistica dei secoli successivi. Il suo collocamento viene considerato l’atto fondante di quello che sarebbe divenuto uno dei principali musei del mondo.
Nel 1506 Felice de Fredis, proprietario di una vigna nei pressi delle Terme di Tito, piantando viti nuove sentì un suono cavo sotto al piccone. Dal terreno si aprì una grande sala interrata e in essa si intravide un gruppo marmoreo di tre figure umane avvolte tra le spire di grossi serpenti. In questo modo, del tutto casuale, fu rinvenuto il famoso Laocoonte che Plinio, dopo averlo visto nel palazzo di Tito, aveva descritto come il più grande capolavoro al mondo, eseguito da tre scultori della scuola rodia: Agesandro, Palidoro e Atenodoro (il primo era il padre degli altri due), in un solo unico blocco di marmo.
Laocoonte, secondo la leggenda, era un sacerdote troiano che morì stritolato, insieme ai due figli gemelli, da serpenti marini inviati da una divinità (in alcune versioni Apollo e in altre Atena) che, con il suo comportamento sacrilego, aveva offeso. Michelangelo, che vide il capolavoro appena dissotterrato, lo chiamò “portento dell’arte” e rifiutò di restaurarlo non sentendosene degno. Mancavano infatti tre braccia, ma riconobbe subito che era impossibile che il gruppo fosse stato realizzato in un sol pezzo. Si tratta infatti di sei pezzi diversi così ingegnosamente incastrati da aver tratto in inganno Plinio.
La moneta che celebra questo assoluto capolavoro è stata modellata dall’artista Daniela Longo e mentre i conii sono stati incisi da Claudia Momoni; entrambe hanno superato brillantemente il non semplice compito di trasporre con efficacia ed armonia le complesse anatomie del colosso marmoreo nella piccola dimensione del tondello interno dei due euro. Il Poligrafico e zecca dello Stato italiano ha provveduto a realizzare la 2 euro vatican in doppia versione, fior di conio (76 mila folder, prezzo UFN 18,00 euro) e fondo specchio (10 mila astucci, prezzo UFN 37,00 euro).