Una moneta con etichetta e un gettone “all’insegna del carciofino” per riscoprire un imprenditore e una pagina di storia della Roma del ‘900
di Roberto Ganganelli | Tra le infinite curiosità legate al mondo della moneta parliamo oggi di una moneta da 10 centesimi di Vittorio Emanuele II trasformata in un gettone pubblicitario con l’applicazione di un dischetto adesivo di carta. Sull’etichetta si legge ANGIOLO VALIANI E FIGLI e ORBETELLO – ROMA, in basso CONFEZIONE | DI |CARCIOFINI ALL’OLIO; al centro, va da sé, un invitante vasetto di carciofi sott’olio.
Chi realizzò questo curioso ibrido fra moneta e oggetto pubblicitario? E quando? Per scoprirlo dobbiamo recarci a Roma: qui, infatti, nella vecchia Stazione Termini demolita alla fine degli anni Trenta per far spazio al nuovo edificio razionalista, vi era il Ristorante Valiani.
Non certo uno dei tanti buffet in cui i viaggiatori mettevano a freno, in qualche modo, il loro appetito, bensì uno dei locali più conosciuti di Roma. In questo ristorante, infatti, la squadra di calcio della Lazio organizzava banchetti ufficiali e offriva pranzi ai dirigenti e agli atleti delle squadre avversarie che giungevano a Roma per giocare con i biancocelesti.
Il locale – noto anche come Ristorante Grand’Italia – era anche famoso per il carciofino sott’olio che il titolare Angiolo Valiani faceva arrivare dalla sua zona d’origine, la maremma toscana. Era così consapevole che la sua fortuna commerciale fosse legata a tali prodotti – esportati anche all’estero – che volle chiamare suo figlio “Carciofino”.
Si racconta che il sacerdote che celebrava il Battesimo, all’inizio, si rifiutò di accettare tale nome ma si convinse quando Valiani gli ricordò che il pontefice regnante aveva il nome di una bestia feroce: in quegli anni era infatti papa Leone XIII.
Dalla pagina dedicata alle antiche osterie di Roma del sito RomeGuides leggiamo che: “Angiolo era ossessionato dai suoi carciofi: sul suo panciotto aveva l’emblema del carciofino, aveva dei carciofini d’oro come polsini e fermacravatta, ma […] non era però soltanto quell’antipasto a richiamare viaggiatori ed avventori nell’accogliente locale di Valiani”.
Della varietà di portate e dei prezzi del Valiani è testimonianza un menu del 1923: il coperto costava una lira, contro le 2 di un Riso e zucchine, le 2,50 dei Carciofini all’Olio, le 7 di un Bianchetto di vitella in cocotte, le 4 del Prosciutto e fichi, le 7,50 dei Petti di pollo alla finanziera, le 2 di una porzione di Bel Paese, le 1,25 per le Nocciole al forno, o le 3,25 per uno Spumone di caffè.
A nome della “premiata ditta” Valiani si conosce anche un raro gettone in ottone con valore 5 e, al dritto, l’immancabile carciofino, ancora sulla pianta e pronto per essere raccolto e cucinato a dovere. Non si esclude che possano esistere altri tagli, ma le ricerche fatte in alcune collezioni di gettoni pubblicitari (compresa quella di Paolo Pitotto su CompianceTurin) non hanno portato a risultati ulteriori.
Sta di fatto che i Valiani fecero fortuna, al punto da acquistare nel 1910 un lotto di 8000 metri quadrati in zona Casilina, dove impiantarono uno stabilimento per la produzione del rinomato carciofino sott’olio. Pur abitando ai Parioli, con l’intenzione di avvicinarsi allo stabilimento i Valiani acquistarono anche un casale, con l’intenzione di ristrutturarlo.
Demolito il casale, il progetto di Villa Valiani venne affidato all’architetto Giovanni Michelucci che ne ricalcò le volumetrie, ma con lo stile in voga all’epoca. La casa fu addirittura pubblicata su Capitolium, diventando un modello di riferimento per l’architettura razionalista. E pensare che tutto era iniziato… con un carciofino!