Dall’America latina alla Melanesia, tanti popoli e tribù hanno affidato nei secoli, alle variopinte piume degli uccelli, un ruolo di moneta
di Antonio Castellani | Indagando il settore, poco noto ma affascinante, delle monete naturali scopriamo ad esempio come gli indigeni della provincia di Varapaz, nel Nicaragua, nutrivano una particolare devozione per un uccello delle foreste tropicali appartenenti alla famiglia dei Trigonidi, le cui splendide piume di colore verde brillante della coda venivano usate come monete molto rare e di elevato valore, connesso col significato sacrale attribuito al volatile dalla loro religione.
Rarità e valore che dipendevano non tanto dal fatto che questi volatili non fossero diffusi, anzi erano numerosi, ma dal fatto che era severamente vietato ucciderli: i cacciatori di frodo, se scoperti, potevano essere addirittura puniti con la morte. Preziose piume, sempre di uccelli tropicali, servivano come moneta di scambio nel Messico presso i Maya Chontal. E sempre le piume avevano un considerevole valore tra gli Aztechi, che pagavano i loro tributi, in mancanza di monete metalliche, ai re Montezuma I e II proprio con delle piume; a loro volta gli stessi re se ne servivano per pagare i servizi che venivano loro prestati.
Dal continente americano alle Isole Salomone, le vivaci piume del mangiamele scarlatto (Myzomela sanguinolenta) erano applicate a supporti di legno a forma di spirale decorati spesso con conchiglie e nastri: tanto più alto il numero di piume, tanto più elevato il “potere d’acquisto” di questa curiosa moneta.
Anche gli abitanti delle isole di Santa Cruz, in Melanesia, del resto si servivano come moneta delle piume variopinte degli uccelli della specie Myzomela cardinalis, come testimoniano alcune scenografiche “monete copricapo” composte da migliaia di piume. Come avere, insomma, un borsellino in testa!