di Roberto Ganganelli | La chiamano “il Nobel della matematica” e, in effetti, da un certo punto di vista lo è. Parliamo della Fields Medal che in Italia è tornata alla ribalta negli ultimi giorni dato che, tra i vincitori 2018 del prestigioso riconoscimento, c’è anche un nostro ricercatore, Alessio Figalli, classe 1984, il cui nome è stato annunciato a Rio de Janeiro il 1° agosto assieme a quelli di altri tre promettenti matematici. Menti brillanti, selezionate tra gli under 40 come da regolamento del premio assegnato, per la prima volta, nel 1936 in Norvegia. Proprio al confine con quella Svezia dei premi il cui creatore, lo scienziato Alfred Nobel, aveva scelto di non assegnare nel campo della matematica non amandone affatto quella che lui chiamava “la gelida astrazione”.
Così, l’International Mathematical Union decise di agire in autonomia premiando “in proprio” due, tre o quattro ricercatori per ogni edizione del Congresso internazionale di matematica che si doveva tenere ogni quattro anni. Dopo il 1936, i fatti bellici e le difficoltà dell’immediato dopoguerra portarono tuttavia alla sospensione delle premiazioni, che ripresero nel 1950 a Cambridge (non quella in Inghilterra, bensì l’omonima città universitaria degli Stati Uniti).
Nel 1974 quello che, fino al 1° agosto scorso, era l’unico riconoscimento ad un matematico italiano, quell’Enrico Bombieri dell’Università di Pisa la cui eccezionale carriera scientifica è stata premiata, nel 2002, anche con l’onorificenza di cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Il comitato ha premiato Alessio Figalli, che è già docente ordinario al Politecnico di Zurigo, “per i suoi contributi al trasporto ottimale, alla teoria delle equazioni derivate parziali e alla probabilità”. Le ricerche di Figalli affrontano una vasta serie di problemi – alcuni connessi al trasporto ottimale, su cui ha scritto la tesi di dottorato, altri alla “frontiera libera”, il campo di studi a cui più si sta dedicando negli ultimi anni – e non sono soltanto degli eleganti risultati teorici: quelle equazioni e quei teoremi, infatti, hanno applicazioni ingegneristiche e fisiche, e permettono una maggiore comprensione di fenomeni naturali come le bolle di sapone e la formazione delle nuvole. “La natura è ottimale”, spiega Figalli con un sorriso.
La Fields medal porta ai vincitori (finora 63, tra cui una sola donna) un riconoscimento in denaro pari a quindicimila dollari canadesi (ben poco rispetto al milione di dollari americani che si assegna ad ogni premiato con il Nobel) e, naturalmente, una bellissima medaglia coniata, affascinante quanto quella del Nobel – forse di più, a parere di chi scrive – ma la cui storia è assai meno conosciuta, anche tra gli appassionati di numismatica.
A modellarla – e fu una delle sue ultime opere – fu Robert Tait McKenzie (1867-1938), valente scultore canadese ma anche pioniere dell’educazione fisica e, dopo la Prima guerra mondiale, fautore di un innovativo ed efficace metodo di riabilitazione psico-motoria dei soldati feriti.
Autore, soprattutto, di grandi monumenti in bronzo come quello a Benjamin Franklin eretto all’Università della Pennsylvania, o quello dedicato al boy scout che si trova a Philadelphia, McKenzie mostra particolare abilità nei ritratti e nelle anatomie umane, nonché nell’impiego di una decorazione classicheggiante che rende solenni i soggetti da lui raffigurati.
Come è il caso della Fields Medal, sul cui dritto è impresso il profilo a destra di Archimede con una frase attribuita allo scienziato e che recita, in latino, TRANSIRE SUUM PECTUS MUNDOQUE POTIRI (“Innalzati sopra te stesso e afferra il mondo” o anche ”Trascendere i propri limiti e dominare l’universo”).
La data di istituzione del premio (1933) è scritta in numeri romani nel campo e, incredibile ma vero, contiene un errore (MCNXXXIII su tre righe invece che MCMXXXIII). Sopra la data il monogramma RTM dell’autore dei modelli e a destra, in caratteri greci maiuscoli, la parola ΑΡXIMHΔΟΥΣ, ossia “di Archimede”.
Il rovescio della medaglia è dominato da un’iscrizione latina che recita CONGREGATI EX TOTO ORBE MATHEMATICI OB SCRIPTA INSIGNIA TRIBUERE, vale a dire “I matematici riuniti da tutto il mondo hanno premiato per gli scritti eccezionali”. Sullo sfondo troviamo invece la rappresentazione della tomba di Archimede, con la scultura che illustra il suo teorema sulla sfera e il cilindro, il tutto dietro un ramo di alloro.
Questo elegante e semplicissimo teorema è il risultato matematico di cui, a quanto pare, Archimede andava più orgoglioso: data una sfera, ed un cilindro circoscritto ad essa, della stessa altezza e diametro, il rapporto tra i loro volumi è pari a due terzi. Il nome del vincitore, di volta in volta, viene inciso lungo il bordo assieme all’anno di concessione.
Non tutti sanno, però, che a disegnare i bozzetti per questa coniazione (in oro 14 carati, dal diametro di 63,5 millimetri, rifinita a sabbiatura) non fu lo scultore McKenzie, bensì niente meno che il matematico canadese John Charles Fields (1863-1932) che per primo ebbe l’idea del premio (poi a lui intitolato) e che fu determinante nella raccolta dei fondi per la sua istituzione. Un premio che da allora porta il suo nome, forse meno noto al grande pubblico rispetto ai Nobel ma altrettanto significativo, soprattutto perché rivolto a giovani scienziati attivi in un campo fondamentale del sapere come è quello delle scienze matematiche.