Scultore poliedrico, Gianni Aricò aveva da poco compiuto ottant’anni e nella sua produzione spiccano magnifiche medaglie per Venezia e la sua storia
di Leonardo Mezzaroba | Il 18 agosto è scomparso lo scultore e medaglista Gianni Aricò. Nato a Quero (BL) il 21 febbraio 1941, si era ben presto trasferito a Venezia, dove, laureatosi in architettura, iniziò la sua carriera artistica. Capace di lavorare e plasmare qualsiasi materiale, egli prediligeva produrre sculture in bronzo, divenute parte integrante di edifici religiosi e civili di Venezia e non solo.
Gianni Aricò, 1980; medaglia per Vivaldi e la Chiesa della Pietà (mm 60)
Basti ricordare che a lui si devono i portali in bronzo e cristallo del Teatro Goldoni a Venezia (1979), la fontana di Mestre con le 14 statue che sintetizzano la storia della città di terraferma (1986), ma anche il gruppo dedicato a Cristoforo Colombo per l’Air Space Museum di New York (1992) e il monumento a Vivaldi per la città di Vienna (2000). L’elenco sarebbe lunghissimo, basti ricordare che i suoi lavori sono stati esposti a Venezia, Cortina, Bari, Oxford, Parigi, Bruxelles, Mannheim, Varsavia, Lugano, Atlanta, New York, Tokyo, Milano.
Gianni Aricò, 1984: medaglia per il centenario dell’acquedotto di Venezia (mm 41)
Capace di dar vita a opere imponenti e piene di forza, le sue sculture sembrano nascere dal desiderio che esse parlino alla gente, e con loro si stabilisca una comunicazione diretta per mezzo di un linguaggio semplice, comprensibile, basato sul rispetto della tradizione, ma anche aperto alla sensibilità più moderna. Gianni Aricò amava dire che suoi riferimenti ideali erano artisti quali Arturo Martini, Emilio Greco, Giacomo Manzù o Henry Moore.
Una parte molto rilevante della sua attività è stata anche legata alla produzione di medaglie, nelle quali egli riportava puntualmente gli stilemi propri delle sue scelte artistiche di scultore, con rappresentazioni di personaggi e architetture (molto spesso religiose) sbozzate in modo di esprimere sentimenti forti, che trascurano il dettaglio e la precisione raffigurativa per esaltare il lato emotivo della realtà. Per questo Gianni Aricò scelse di realizzare la maggior parte delle sue medaglie con la tecnica della fusione: in questo modo egli si sentiva più libero di dar vita anche ad opere di modulo insolitamente generoso e con rilievi certamente negati alla tecnica della coniazione.
Lo scultore e medaglista bellunese nel suo laboratorio
Va detto che il rapporto tra le medaglie e i grandi gruppi scultorei era strettissimo e non solo sul piano stilistico ma anche tematico; spesso Aricò replicava nel tondello un monumento da lui realizzato, ma poteva anche accadeere che la medaglia precedesse la realizzazione del gruppo scultoreo e andasse a costituirne un modello: è il caso, ad esempio, del monumento a Vivaldi per la città di Vienna.
Egli amava definirsi “l’ultimo medaglista della Serenissima” e in effetti, nella sua produzione medaglistica, il posto centrale è stato riservato a Venezia, un elenco risulterebbe non solo lungo, ma certamente anche incompleto; basterà dunque ricordare alcune medaglie: Antonio Vivaldi e della chiesa della Pietà (1980), il patriarca Roncalli in visita a tre chiese di Mestre (1981) e un’altra, nello stesso anno venne riservata alla Comunità di San Lorenzo, ancora a Mestre; il Centenario della inaugurazione dell’acquedotto (1984); la visita di papa Giovanni Paolo II a Venezia (1985); il quarantennale della Cassa edile di Venezia presso la Scuola Grande di San Giovanni evangelista (1986).
Gianni Aricò, 1988: medaglia per il restauro di Palazzo Bollani Dolfin (mm 30)
E ancora, fra le altre: il 150° anniversario dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti (1988); il 25° della ricostituzione della Scuola Grande di San Teodoro (1988); il restauro di Palazzo Bollani (1988); il V centenario della chiesa di Santo Stefano (1996); il monumento a Vivaldi destinato alla città di Vienna (1999)…