Tra i tanti capolavori in tondello, il grande maestro incisore realizzò anche una medaglia per la Grande guerra
di Giancarlo Alteri | Quello della Prima guerra mondiale, della Grande guerra, è stato certamente uno dei periodi più fecondi per quanto riguarda la produzione di medaglie.
Si tratta di una complessa serie di pezzi di ogni metallo e di ogni forma, che riflettono, commentano, illustrano fin nei minimi particolari l’immane tragedia che travolse l’Europa tra il 1914 ed il 1918.
Le medaglie di guerra nel primo scorcio del XX secolo
Dopo la rinascita, per opera specialmente delle scuole di Parigi, di Bruxelles e di Vienna, le “medaglie di guerra” mostrano ora, in questi terribili anni, una nuova vitalità, ed abbandonando finalmente le vecchie ed un po’ teatrali concezioni accademiche, le fredde e forzate allegorie, ricercano invece la grazia e l’armonia delle forme nella forza, la poesia nei riflessi di luce sul metallo, l’ispirazione sincera nella spontaneità dei sentimenti e nella diretta visione della vita.
Scosso dall’emozione profonda suscitata dal particolare momento storico attraversato dalla Patria e vissuta all’unisono con l’anima nazionale, il medaglista si sforza di tradurre nel metallo il sentimento collettivo vissuto nella prova terribile della guerra.
Così, considerate nel loro insieme, queste “medaglie di guerra”, nella formulazione delle legende e nella raffigurazione dei soggetti, offrono, scritto sul metallo, il più ispirato poema eroico dell’Europa travolta nelle spire dell’infernale conflitto esteso fin nei suoi più lontani confini.
Vita e morte, vittoria e sconfitta, sentimento e poesia, realismo ed idealismo sono ovunque in queste medaglie: nei ritratti, nei quali spesso l’analisi e la sintesi si armonizzano in una idealizzazione del soggetto senza deformarlo; nelle raffigurazioni paesaggistiche dei rovesci, che sembrano partecipare allo svolgimento dei fatti; nelle figure simboliche, allegoriche; come pure nelle personificazioni o negli episodi di guerra.
Soggetti, simboli, allegorie di un conflitto
Questi ultimi, naturalmente, sono il tema preferito. Appaiono allora, sul piccolo tondello di metallo, soldati di tutte le nazioni e di tutte le armi: fanti, artiglieri, marinai, aviatori; tutte le armi di offesa e di difesa, di terra, di mare e di cielo: la bomba, il siluro, il fucile, la mitragliatrice, l’autoblindo, il sottomarino, l’aeroplano, il dirigibile.
Ed inoltre: l’attesa in trincea, il confine conteso, l’agguato, l’assalto al reticolato, la carica di cavalleria, l’avanzamento tra i cumuli di cadaveri, l’insidioso sottomarino sulla vasta distesa del mare, il duello aereo nel cielo illuminato dalle esplosioni, la confusione della battaglia, lo spasimo dell’agonia, la calma sinistra della morte.
Anche le personificazioni, se da una parte conservano le caratteristiche tipologiche tradizionali, dall’altra risentono della nuova concezione artistica, che le ravviva con un’espressione più idonea al sentimento che le muove, con un atteggiamento che meglio riflette l’azione del momento.
Una panoramica tra le nazioni europee
Così, durante gli anni della Grande guerra, dalla Francia alla Germania, all’Austria-Ungheria, all’Italia è un fiorire di “medaglie di guerra” vibranti di amore per la patria in pericolo e di fede nel suo destino.
Ricche le serie francesi di queste medaglie, come pure quelle realizzate dalla scuola di Vienna; ed ancora più ricche e complesse quelle prodotte da una folta schiera di medaglisti delle scuole e delle officine di Monaco, di Berlino, di Francoforte, di Dresda, di Lipsia, di Düsseldorf. Serie, tutte queste, superiori per numero di esemplari, per importanza storica e soprattutto per valore artistico, alla serie di ugual soggetto emessa, in questo stesso periodo, dall’Italia.
L’Italia e il “Rinascimento medaglistico” del primo ‘900
Qui l’arte della medaglia, dopo un lungo periodo di decadenza, aveva appena cominciato a risollevarsi grazie anche all’opera di valenti artisti quali Cappuccio, Boninsegna, Pogliaghi, Castiglioni, Romagnoli; ma non aveva ancora potuto elevarsi al livello raggiunto nelle altre nazioni d’Europa.
Allo scoppiare della guerra, essa si mostra ancora in buona misura classicheggiante ed accademica, nonostante l’impegno in una faticosa elaborazione dei nuovi tipi; enfatica, ma povera di contenuto, spesso perfino lacunosa nel disegno e nella composizione dell’insieme.
Pertanto le medaglie si limitano per lo più a ripetere le ragioni dell’entrata in guerra dell’Italia, a sottolineare che si tratta non di una guerra offensiva contro popolazioni pacifiche, ma di una guerra di redenzione, di una guerra di rivendicazione per l’integrità della patria, come dichiarato dallo stesso proclama del re.
Poche sono le medaglie che riescono ad emergere da un siffatto piatto panorama ed a comunicare profondi e sinceri sentimenti d’amor patrio, emozioni, ispirazione, come pure a mostrare un’armoniosa elaborazione delle forme.
Giuseppe Romagnoli, un talento assoluto
E tra queste si distinguono quelle di Giuseppe Romagnoli, uno dei più rappresentativi artisti medaglisti del tempo, che per le sue indubbie qualità nel campo dell’incisione, nel 1909 era stato chiamato a dirigere la nuova Scuola dell’arte della medaglia in Roma. Proprio a lui si deve una delle più significative medaglie coniate per solennizzare, nel 1915, l’entrata dell’Italia in guerra (qui illustrata in bronzo, mm 65).
Essa mostra, al dritto, l’Italia che, solenne e ieratica nell’ora fatale, consegna le armi per la redenzione al soldato. Questi in piedi di fronte a lei, puro nella sua nudità, tiene a stento a freno un cavallo che si impenna, pronto a lanciarsi nella mischia.
Al rovescio, una stella raggiante tra due rami di quercia, in alto, e lo stemma sabaudo, in basso, delimitano la leggenda, che proclama il fine della guerra intrapresa: GVERRA | PER | L’INTEGRITA’ | DELLA | PATRIA | MDCC | CCXV.