Come un prezioso dono dei cattolici australiani a Pio IX si trasformò in una rara medaglia in onore dell’Immacolata
di Giancarlo Alteri | Nel 1770, nella rada di Botany Bay, James Cook aveva preso possesso, in nome della Corona di sua maestà britannica, di quell’isola, vasta come un continente, che aveva chiamato Australia.
Qualche anno dopo, il governo inglese decise di farne un centro per deportati, perché la proclamazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America aveva impedito di continuare la deportazione nelle colonie d’Oltre Atlantico.
Quasi subito iniziò anche l’opera d’esplorazione verso l’interno del nuovo, vastissimo territorio, dove cominciarono a sorgere pure insediamenti umani, perché molti condannati, scontata la pena, preferivano rimanere in quelle terre vergini, ideali per vivere di pastorizia e di agricoltura.
Poi, quando nel 1851 Edmund Hargraves scoprì anche l’oro in quel vasto territorio australiano, che era stato chiamato “Stato di Vittoria”, si scatenò una vera e propria corsa al metallo giallo, che richiamò una grande quantità di gente più o meno violenta, insieme a tante brave persone in cerca di ricchezza.
Dalla fortuna degli emigranti un munifico omaggio al papa
Il governo diede parecchie concessioni per lo sfruttamento delle vene aurifere a diverse società, fra cui alcune costituite da emigrati cattolici europei, tra i quali poche decine di italiani.
Proprio questi cattolici, rinunciando ad una parte di guadagno, vollero fare omaggio al papa di una certa quantità dell’oro estratto dalle miniere del Victoria State.
Nel 1852, ottenuto l’assenso del governo, una nave da guerra inglese partì da Sidney con a bordo circa 130 chili d’oro destinato a papa Pio IX.
Facendo scalo dapprima a Singapore, poi a Ceylon, superando Capo di Buona Speranza, risalendo l’Atlantico, varcando lo stretto di Gibilterra, finalmente il bastimento attraccò a Civitavecchia dopo oltre sei mesi di navigazione.
Pio IX ordinò immediatamente che tale quantità d’oro fosse utilizzata per ricavarne oggetti sacri, calici, patene, crocefissi, arredi d’altare. E così fu fatto. Ne rimase una piccola quantità, che fu data in consegna al Monte di Pietà di Roma, restando però a disposizione del Ministero delle Finanze.
Nell’autunno del 1854, Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria e contemporaneamente decise – sembra proprio lui in persona – di utilizzare l’oro australiano giacente al Monte di Pietà per coniare medaglie in onore della Vergine Immacolata e del dogma.
L’oro australiano dal monte di pietà alla zecca pontificia
Quando l’oro arrivò materialmente alla zecca papale di Santa Marta, ci si accorse che era troppo “morbido” per coniare medaglie, per cui si riparò mescolandovi altro oro, di diverso titolo, ed alcune leghe metalliche, che lo avrebbero reso più adatto alla coniazione.
Quindi, l’8 novembre 1854, Giuseppe Mazio, direttore della zecca di Roma, incaricò Bonfilio Zaccagnini di incidere un conio per queste medaglie “per uso di S. Santità”.
Lo Zaccagnini era un bravissimo incisore ed aveva già realizzato anche la medaglia annuale del 1852, relativa ai lavori di riadattamento della Via Appia, nonché alcuni dritti per le medaglie della Lavanda.
Ciò nonostante, era stato relegato a ruoli e mansioni di secondaria importanza, in quanto conduceva una vita privata non proprio in sintonia con la “morale” corrente dell’epoca; a lui, tuttavia – e quasi per ironia della sorte – erano quasi sempre affidati coni per medaglie devozionali e religiose!
La medaglia in onore dell’Immacolata opus Zaccagnini
Anche in questo caso, lo Zaccagnini elaborò per il dritto una raffigurazione della Vergine Immacolata ormai “canonica”, sullo schema di un’iconografia ormai ben consolidata attraverso secoli di raffigurazioni in statue, quadri e naturalmente su monete e medaglie precedenti; niente di nuovo, quindi, dal punto di vista artistico.
Sul rovescio riportò una lunga iscrizione che, secondo i dettami dell’ordinativo, teneva a sottolineare come la medaglia fosse stata coniata per espresso ordine di Pio IX proprio con l’oro che gli era stato donato dai cattolici australiani.
La stessa leggenda del dritto, HONORIFICENTIA POPVLI NOSTRI, voleva esser atto d’omaggio alla Beata Vergine e, nel contempo, sottolineare come la medaglia stessa si dovesse considerare un’onorificenza per chi ne fosse stato omaggiato.
Era la prima volta in assoluto che la Santa Sede usava metallo proveniente dal Nuovissimo continente. In realtà, già 1852 erano state coniate in Inghilterra alcune medaglie con questo oro, in onore della Regina Vittoria; ma si trattava di pochissimi esemplari. Invece, con l’oro donato al papa se ne realizzarono ben 303, come ci informa il Moroni nel suo celebre Dizionario di erudizione storico-ecclesistica (vol. 72, p. 167).
A proposito della coniazione, dal Dizionario del Moroni
“Nel concistoro de’ 9 di tal mese [dicembre, Nda], il papa fece distribuire ad ogni cardinale, arcivescovo e vescovo, una bellissima immagine della ss. Concezione, unitamente ad una medaglia d’oro, nel cui dritto ha l’immagine di Maria Vergine, e nel rovescio l’epigrafe: ‘Deiparae Virgini sine labe Conceptae Pius IX Pont. Max. ex auri Australiae primitiis sibi oblatis cudi jussit vi id. dec. MDCCCLIV’. Così con felice e pio pensiero, delle primizie dell’oro dell’Oceania 5° parte del mondo, a lui mandate in dono dalla pietà de’ cattolici dell’Australia, ne fece omaggio alla Ss. Vergine, e con 303 medaglie furono impiegate a glorificare la Madre di Dio”.
Tra i primi ad inginocchiarsi davanti al trono papale per ricevere in dono questa medaglia ci furono il cardinale Giuseppe Pecci, vescovo di Gubbio e omonimo del cardinale Gioacchino Pecci, che diventerà poi papa Leone XIII.
La medaglia da Pio IX a Leone III e a papa Giovanni
Il vescovo di Gubbio era stato tra i maggiori sostenitori del dogma, anzi sembra che avesse risposto a Pio IX, che gli chiedeva il suo parere, con le lapidarie parole “Pater Sancte, volumus audire Petrum docentem non theologos ratiocintantes!”.
Ricevuta la medaglia, questi tornò nella propria sede il 23 dicembre 1854 e subito la fece proteggere entro un astuccio di vetro, dopo averla fatta circondare da un fregio d’oro con incastonati otto rubini.
Nelle occasioni più solenni era solito indossarla in luogo della croce pettorale e la indossava anche quando morì, il 21 gennaio 1855. Dopo, rimase nel Museo francescano di Gubbio fino al 1960 quando si pensò di donarla a Giovanni XXIII, che in quell’anno ricevette in udienza un pellegrinaggio della diocesi eugubina.
I due coni di questa medaglia in onore dell’Immacolata rimasero nel magazzino della zecca pontificia e non furono mai più riutilizzati, neppure per coniazioni successive. Probabilmente,furono distrutti nell’ultimo decennio del XIX secolo dai funzionari della Regia Zecca, in quanto ritenuti di nessun valore, né artistico né storico.