Amministrava debito pubblico e patrimoni privati ed era, di fatto, padrone di Genova e di parte delle sue colonie
a cura della redazione | Lo sapevate che a Genova, nel 1454, l’Ufficio di “San Giorgio delle compere” giunse ad amministrare praticamente l’intero debito pubblico della Repubblica, ammontante a circa 8 milioni di lire?
Le origini del Banco
L’Ufficio era nato nel 1407 per volontà del Boucicault, che in quel tempo governava la città per conto del re di Francia: compito dell’Ufficio era di fondere un certo numero di debiti in un corpo unico di luoghi e di amministrarlo nell’interesse dei creditori.
Nel corso dei secoli XV e XVI l’ingente volume di denaro gestito dall’ufficio indusse lo Stato a chiedergli più volte nuovi sussidi, dietro cessione di imposte e di possessi territoriali.
In questo modo il San Giorgio subentrò alla Repubblica nelle colonie oltremarine e in alcuni distretti del dominio.
Passarono così sotto la sua sovranità dapprima Famagosta nel 1447, la Corsica e le colonie del Mar Nero nel 1453, quindi Lerici nel 1479 e poi ancora Sarzana nel 1487, Pieve di Teco nel 1512, Ventimiglia nel 1514 e infine Levanto nel 1515.
La Casa di San Giorgio, uno “Stato nello Stato”
La Casa di San Giorgio divenne così un ente territoriale sovrano, un Dominus et Status, come si autodefiniva nei documenti ufficiali, ossia uno Stato nello Stato, come la definì in quegli anni Machiavelli.
E come tale essa amministrò i territori ricevuti, vi esercitò la giustizia, costruì opere civili e militari, tentò di valorizzare le risorse locali. Ma le spese di gestione si rivelarono esorbitanti rispetto agli introiti finché nel 1562 la Casa di San Giorgio dovette restituire allo Stato tutti i territori, resistendo a nuove richieste di mutui o subordinandone l’accettazione a garanzie più solide.
Questo nuovo orientamento modificò radicalmente i rapporti tra lo Stato e l’Ufficio di San Giorgio.
Il difficile rapporto col governo della Repubblica
Lo Stato intraprese una faticosa ricerca di autonomi spazi finanziari e a partire dal XVII secolo aprì numerosi prestiti pubblici mentre il San Giorgio si concentrò sui due settori che gli erano più congeniali: la gestione dei propri crediti e l’attività bancaria.
Fin dal 1408 l’Ufficio aveva aperto un Banco pubblico, il primo in Italia e il secondo in Europa dopo la “Taula” di Barcellona (1401); da dove gli derivò il nome di Societas comperarum et bancorum Sancti Georgii o, più semplicemente, Banco di San Giorgio.
L’attività del Banco fu sospesa nel 1444 ma riprese nel 1531 e proseguì sino al 1805 in forme sempre più articolate: apertura di conti in scudi d’oro nel 1585, in scudi d’argento nel 1607, in reali di Spagna nel 1625, in moneta corrente nel 1675.
Le attività e la fortuna del Banco
Le operazioni consistevano essenzialmente nell’accettare depositi, nell’effettuare giri di partite da un conto all’altro, nel concedere prestiti a breve termine allo Stato, agli appaltatori delle imposte, agli enti assistenziali e agli Ordini religiosi.
Grazie alla sua potenza finanziaria sostenuta da ampi poteri giudiziari per tutto ciò che riguardava le gabelle e il debito pubblico da essa amministrato, la Banca di San Giorgio superò indenne tutte le vicissitudini politiche dello Stato genovese e sopravvisse per quattro secoli.
Dopo che la Liguria venne annessa alla Francia, nel giugno 1805, Napoleone dichiarò soppressa la Casa di San Giorgio e annunciò l’iscrizione dei suoi luoghi nel Gran libro del debito pubblico francese per una somma risibile pari a 1/3 del loro valore.
Ci racconta questa intrigante vicenda del Banco che divenne “padrone di Genova” l’economista Carlo Maria Cipolla in Storia facile dell’economia italiana dal Medioevo ad oggi.