di Roberto Ganganelli | Correva l’anno 1960 quando la Repubblica Federale Tedesca emise, tramite la Deutsche Bundesbank, la prima serie di banconote originali del dopoguerra, destinate a testimoniare l’identità di una nazione che, pur divisa, nella parte occidentale guardava con convinzione alla democrazia e al progresso, ma anche alla propria prestigiosa storia passata.
Fu così che per i cinque tagli con valori da 5 a 1.000 marchi vennero scelti quali soggetti opere d’arte (ritratti) per il dritto e oggetti o simboli allegorici (ad esempio il rametto di quercia, oppure l’aquila araldica germanica, ma anche castelli) per i rovesci.
La più riuscita, forse, tra le banconote tedesche di questa serie, che verrà rimpiazzata solo a partire dal 1989, anno della caduta del Muro, è il biglietto da venti marchi (139 x 70 millimetri, toni prevalenti di verde e azzurro) che al rovescio ricorda la grande cultura e la tradizione musicale del paese attraverso un “trofeo” formato da un violino e da un clarino. Al dritto, invece, in tutta la sua altera eleganza ci appare il ritratto di Eslpeth Tucher così come Albrecht Durer la dipinse a Norimberga.
Il quadro, oggi conservato a Kassel, reca sullo sfondo di uno sgargiante drappo damascato, che lascia intravedere un luminoso paesaggio; la donna ritratta all’altezza delle spalle, con lo sguardo rivolto verso la direzione dove si trovava il marito (l’olio su tavola faceva parte di un dittico, la cui altra metà risulta oggi perduta) e un anello di rubino mostrato nella mano che affiora dal bordo inferiore.
La donna, all’epoca ventiseienne, mostra tutta la sua bellezza, con la chioma racchiusa da un’elegante cuffia ricamata, il appuntito, gli occhi espressivi, la bocca carnosa, il collo lungo, la curva delle spalle dolce. L’acconciatura, che era composta da trecce arrotolate attorno alla nuca, era tipica delle donne maritate nella Norimberga dell’epoca, presente in numerosi altri ritratti e disegni.
Sul broccato si legge la scritta “Elspet Niclas Tucher 26 Alt 1499“. Le iniziali del marito (“N T“) si trovano sul fermaglio che regge la veste; altre lettere si intravedono poi tra i ricami della camicia e sul bordo della cuffia, dal significato rimasto sempre misterioso.
Figlio di un orafo immigrato dall’Ungheria, ma di origine tedesca, Albrecht Durer (1471-1528) compì il suo primo apprendistato artistico nella bottega del padre, acquistando poi una solida preparazione come pittore, grafico e incisore. Tra i più importanti esponenti del Rinascimento tedesco, Durer maturò il proprio linguaggio pittorico ispirandosi ai grandi modelli italiani, in primo luogo Giovanni Bellini; nel suo stile si fondo infatti in modo felice, come questa bella banconota dimostra, elementi nordici e morbidezze cromatiche proprie della tradizione quattrocentesca italiana.
Durer, fra le altre, fu celebrato dalla Repubblica di Weimar con una moneta d’argento 500 millesimi del nominale di 3 marchi, coniata nel 1928 (mm 30, g 15) a far memoria del quarto centenario della scomparsa dell’artista.