Ve la ricordate la medaglia con al dritto il seminatore di Silvio Canevari (1893-1932) alla quale abbiamo dedicato un articolo (leggetelo qui) e che celebrava il lavoro dei braccianti romagnoli nell’Agro Romano nel 1934? Ebbene, in quello scritto annotavamo come la medaglia fosse postuma alla morte dell’artista scrivendo a proposito di tale anacronismo: “[…] forse commissionata poco prima della sua scomparsa o più probabilmente realizzata usando – post mortem – una sua opera come modello”.

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La medaglia in bronzo (postuma) di Silvio Canevari dedicata alle Cooperative Romagnoli di Ostia coniata nel 1934 per la bonifica dell’Agro Romano

La numismatica e la medaglistica, per fortuna, non smettono mai di stupirci e di riservarci sorprese tanto è vero che in un recente catalogo d’asta della ditta ACM Aste di Napoli (vendita online n. 34, lotto 796), è comparsa una medaglia identica per dritto, metallo e misure (bronzo, mm 32, con cambretta e anello portativo) ma conraffigurato al rovescio lo scorcio d’angolo di un maestoso palazzo e, in esergo, una misteriosa iscrizione: MDCCCLXXX . | MCMXXX . | ROMA.

Se questa inedita tipologia di medaglia (datata 1930, quindi con l’autore ancora in vita) sembra risolvere il mistero dell’origine del seminatore di Silvio Canevari, ne fa sorgere tuttavia un altro. Cos’è quel palazzo che, evidentemente, si trova a Roma? E quale istituzione, associazione o azienda della capitale aveva la sua sede in quell’edificio e festeggiava nel 1930 il cinquantenario?

La misteriosa medaglia del 1930 (bronzo, mm 32) con al rovescio un palazzo romano tutto da identificare: a cosa si riferiscono le date 1880 e 1930?

Non trovando alcun riscontro in libri e listini è internet che, cum grano salis, ci aiuta a scoprire qualcosa di più, osservando con attenzione quell’edificio avente un pianterreno caratterizzato da ampi portali rettangolari, un mezzanino e due piani nobili intervallati da altri due mezzanini. Oltre tutto sullo spigolo dell’edificio, riportate sulla medaglia, si scorgono una sorta di “edicola” e ai lati due coppie di sporgenze che fanno pensare a degli elementi decorativi ben riconoscibili.

Cercando in rete “Roma 1880 1930”, dopo qualche decina di risultati da scartare (tipo il cinquantenario del Banco di Roma o della società di infrastrutture idrauliche Condotte) ci imbattiamo ad un certo punto in un altro “giubileo imprenditoriale” festeggiato, in quell’anno, da uno dei più famosi grandi magazzini della capitale.

Si tratta della ditta S. di P. Coen & c. fondata da Samuele Coen nel 1880 in Via Pozzo delle Cornacchie, non lontano da Piazza Montecitorio. Quando, nel 1906, Samuele morì, la ditta passò ai quattro figli maschi (Enrico, Guido, Marco ed Attilio) e alcuni anni dopo, vista la fiorente crescita dell’attività, uno zio consigliò loro di acquistare un grande palazzo in Via del Tritone, messo in vendita a seguito del fallimento della Banca Romana.

In alto la facciata della sede dei grandi magazzini S. di P. Coen & C. di Via del Tritone; in basso una cartolina postale della ditta di epoca umbertina

Da allora, e fino al 1937, si ebbe il boom della S. di P. Coen & C. che divenne uno dei punti di riferimento nel commercio di tessuti a Roma e non solo. I titolari, con uno spirito imprenditoriale quanto mai moderno, si recavano più volte l’anno a Londra e a Parigi per tenersi aggiornati sulle ultime tendenze e per approvvigionarsi di merce alla moda e anche in Italia si rifornivano dai migliori produttori tra i quali le seterie del Comasco.

I grandi magazzini S. di P. Coen si affacciavano con undici vetrine su Via del Tritone in un palazzo (quello effigiato sulla medaglia del 1930 con il seminatore di Silvio Canevari) posto all’angolo con Via Poli e divennero famosi non solo in Italia ma anche in Europa. Fornivano drapperia, tessuti, confezione, biancheria e corredi per i quali i fratelli Coen ricevevano ordini anche dalla Real Casa e numerose, importanti famiglie dell’aristocrazia e del gotha economico di mezza Europa.

Un piccolo impero, insomma, che arrivò a dare lavoro a centoventi rappresentanti e a circa duecento commessi. Realtà commerciale all’avanguardia da ogni punto di vista, quella dei Coen vedeva all’interno del magazzino una lavanderia, una stireria, un locale per le commesse adibito ad asilo nido (come non pensare alle idee di Adriano Olivetti…) e perfino una tipografia, utilizzata soprattutto per stampare i figurini.

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I due francobolli con appendice pubblicitaria della ditta Coen emessi nel 1924 e uno dei manifesti pubblicitari del periodo d’oro dei grandi magazzini di tessuti romani

I grandi magazzini romani fecero stampare negli anni numerose cartoline pubblicitarie, manifesti, brochure e nel 1924 la S. di P. Coen ottenne la concessione dalle Regie Poste ad apporre le proprie appendici pubblicitarie su due francobolli con l’effigie di Vittorio Emanuele III, con valori da 25 e 50 centesimi.

È chiaro allora perchè nel 1930, arrivati al traguardo del mezzo secolo di attività, i titolari dovettero pensare di far coniare una medaglia celebrativa ed è qui che torna in ballo il seminatore di Silvio Canevari con quel motto latino REVOCAMVS VT PERSEQVAMVR (“Ricordiamo, affinché proseguiamo”) al quale, al rovescio, venne abbinata una vista d’angolo del palazzo sede dei grandi magazzini.

Forse omaggiata ai dipendenti (magari a quelli con maggiore anzianità di servizio o ai meritevoli) non sappiamo se la medaglia venne coniata in altri metalli (oro o argento) ma sta di fatto che, almeno per chi scrive, quello qui pubblicato è l’unico esemplare finora reperito sul mercato numismatico.

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Il palazzo di Via del Tritone a Roma come appare oggi: parte dell’attico è stato modernizzato e terrazzato e sono scomparsi i fregi d’angolo della facciata visibili sulla medaglia

Non sappiamo se anche anche la veduta del palazzo sia stata modellata dal Canevari, ma c’è da supporre che sia così ed è certo in ogni caso, a questo punto, chi fu a commissionare all’autore della famosa medaglia della Grande guerra “coniata nel bronzo nemico” questa nuova opera in tondello.

Realtà fondata e posseduta da una famiglia ebraica, tuttavia, quella dei grandi magazzini di Via del Tritone sarebbe caduta pochi anni dopo sotto la scure delle leggi razziali del fascismo. I proprietari tentarono di salvare l’azienda trasformandola in società anonima e nacque così la SAITA, Società Anonima Italiana Tessuti Abbigliamento ma gli sconvolgimenti portati dalla Seconda guerra mondiale, alla fine, causarono un drastico ridimensionamento di quelli che erano stati i gloriosi magazzini della S. di P. Coen & C. per il cui “giubileo aziendale” era stato creato il magnifico seminatore di Silvio Canevari.