Potremmo chiamarlo “lo scudo dell’arco spezzato”, quello emesso con data 1716 dalla zecca di Roma a nome di Clemente XI Albani (1700-1721) nel suo XV anno di pontificato. Classificato Muntoni 14, circa 20 millimetri per 3,35 grammi di peso, questa piccola e rara moneta è uno dei tanti esempi di criptico messaggio di propaganda affidato alla numismatica nei secoli.
Il dritto dello scudo d’oro dell’anno XV di pontificato di Clemente XI Albani
Se al dritto, infatti, campeggia un classico stemma Albani con chiavi decussate e tiara e la legenda CLEM. XI | P. M. A. XV, al rovescio troviamo un arco teso, spezzato in tre parti, con la freccia rivolta verso l’alto e il motto latino CONFREGIT POTENTIAS ARCVVM (“Ha spezzato la potenza degli archi”).
Quali archi furono spezzati? Nei Salmi, (75, Canto di vittoria. 4) la Bibbia si riferisce probabilmente al trionfo in occasione della disfatta del re d’Assiria, Sennacherib nel 701 a.C. (vedi Secondo Libro dei Re, 19-20: “E con l’arco e le frecce che Jahvè colpisce i nemici di Israele. Un re o un dio più potente di altri spezza l’arco dei suoi avversari: il nemico non può imporgli la sua legge”).
Il criptico rovescio della moneta, con “l’impresa” dell’arco spezzato e la data 1716
Nella lettura storico simbolica dello scudo dell’arco spezzato di oltre ventiquattro secoli più tardi si legge invece, nei testi di numismatica, che la moneta ricorda la vittoria riportata dal principe Eugenio di Savoia a Belgrado nel 1716 contro i Turchi che minacciavano il cuore dell’Europa.
Sta di fatto che a Belgrado, nel 1716, il condottiero a capo dello schieramento militare formato da Austria, Repubblica di Venezia e Regno di Baviera contro i Turchi non c’era ancora arrivato. L’assedio alla città sarebbe stato vinto solo il 17 agosto del 1717, dopo mesi di combattimenti e soprattutto dopo una battaglia rimasta meno famosa ma di cui, all’epoca, si colse tutto il valore strategico per la prosecuzione della Guerra austro-turca.
L’assedio di Belgrado da parte delle armate guidate da Eugenio di Savoia si concluse vittoriosamente solo il 17 agosto del 1717
Parliamo della battaglia di Petrovaradin (5 agosto 1716) che oppose gli imperiali al comando del principe Eugenio di Savoia e le truppe ottomane al comando del gran visir Damad Alì. Nella notte, le truppe del condottiero italiano attraversarono su ponti di barche il Danubio e la mattina del 5 agosto Eugenio di Savoia aprì le ostilità, in un irreale paesaggio estivo completamente innevato.
Eugenio di Savoia diresse di persona l’attacco contro l’accampamento del gran visir che trovò la morte in battaglia. Sostenuto dall’artiglieria di sei fregate fluviali austriache, vinse nettamente e solo 50 mila turchi riuscirono a mettersi in salvo verso la piazzaforte di Belgrado.
Una rarissima medaglia in argento con Eugenio di Savoia ritratto con elmo piumato e armatura e il rovescio che esalta le vittorie del condottiero
Caddero in mano austriaca 149 cannoni, 3 obici e 23 mortai, 156 bandiere, munizioni, cavalli, cammelli, bufali, 12 mila sacchi di riso, 2500 botti di miele, mille carri di avena, 500 di caffè, 500 di gallette. Ecco quale vittoria si nasconde dietro il rarissimo scudo dell’arco spezzato di papa Clemente XI; non quella di Belgrado, che era distante più di ottanta chilometri e, nel tempo, lontana più di un anno dal realizzarsi.