Nella prima parte di questo studio (leggi qui) abbiamo già preso in esame opere d’arte e monumenti che, nella monetazione di Clemente XI Albani (1641-1721), esaltano la sua sensibilità urbanistica e per la bellezza; in questa seconda parte, con tre ulteriori monete si completa di fatto la serie “architettonica” romana a nome di papa Albani: si tratta di una mezza piastra e di due piastre in argento (Fig. 8) dedicate a Piazza del Pantheon, alla chiesa che le dà il nome (il cui titolo è in realtà quello di “Santa Maria ad Martyres”) e all’obelisco con fontana che Clemente XI fa innalzare al centro dell’agone.
Il manufatto, risalente al faraone Ramses II e portato nell’Urbe dall’imperatore Domiziano, inizialmente venne collocato a decorazione dell’Iseo Campense, un tempio dedicato a Iside. Dopo secoli di oblio fu ritrovato nel 1373 presso l’attuale piazza di San Macuto (da cui, “Obelisco macuteo”) ed eretto di fronte al Pantheon, nel 1711. A fargli da piedistallo, innalzandone il pinnacolo da meno di sei metri e mezzo a oltre tredici e mezzo, viene collocata una fontana opera dell’architetto Giacomo Della Porta.
Fig. 8 | Le due piastre di Clemente XI dedicate all’obelisco di piazza del Pantheon: “in maestà” e calato in un animato contesto urbano, in entrambi i casi opera di Ermenegildo Hamerani
L’obelisco è raffigurato – per così dire “in maestà” – su una prima versione della piastra[1] come FONTIS ET FORI ORNAMENTO (“A ornamento della fontana e della piazza”[2]. Sormontato dalla croce, segna la direzione del cielo – anche in senso simbolico teologico – contro un fondo vuoto, in una composizione minimalista ed elegante. Ai suoi piedi, sulla finta scogliera del basamento, si distingue lo stemma Albani e, sugli esemplari di miglior conservazione, si riconosce perfino l’acciottolato di sampietrini che pavimenta la piazza. La trasformazione da monumento pagano a monumento cristiano, infine, è segnata dalla collocazione della croce sommitale.
Su una seconda versione della piastra[3] l’obelisco è invece rappresentato con, di sfondo, gli edifici della piazza a comporre una scena di straordinaria animazione, con personaggi che attraversano lo spazio scandito dalle asimmetriche architetture degli edifici.
Piccole finestre, balconi, comignoli e abbaini, perfino dei fili tesi sulla sommità di un palazzo raccontano di una Roma che, pur contando all’epoca non più di 130-140 mila abitanti, è quanto mai viva e chiassosa, e in cui la piazza è luogo di incontri e di mercato, spazio monumentale e al tempo stesso profondamente urbano. Il bulino, inconfondibile, è ancora quello di Ermenegildo Hamerani.
Fig. 9 | La mezza piastra con al rovescio Santa Maria della Rotonda, uno dei monumenti di Roma nobilitato da Clemente XI, e un dipinto di fine XVIII secolo che mostra il Pantheon “com’era”
Cambiando prospettiva, come viaggiatori del Grand Tour che si aggirino per la Città Eterna, lo sguardo è infine attratto dal monumento simbolo del luogo, quel Pantheon che, edificato all’inizio del II secolo, è sopravvissuto divenendo luogo di culto cristiano. Una mezza piastra[4] di papa Albani (Fig. 9) ce lo mostra com’era, con la facciata ornata dai due campanili progettati da Gian Lorenzo Bernini – ribattezzati impietosamente dai romani “orecchie d’asino” – che sarebbero stati demoliti nel 1883, nella furia urbanistica dell’età umbertina.
DILEXI DECOREM DOMVS TVAE (“[Signore], ho amato la bellezza della tua casa”)[5] fa scrivere, citando il Salmo 25 Clemente XI per esaltare i lavori compiuti al Pantheon e alla piazza antistante degradata – dicono le cronache – “a mercato di braccia”. Vengono demolite le casupole e le baracche che si erano andate addossando alla “Rotonda” nei secoli; viene ricostruito l’altare maggiore, decorati l’abside e le tribune, ripuliti e lucidati i marmi e reintegrati quelli mancanti.
Fig. 10 | Un’opera d’arte dell’alto Medioevo, la Madonna della Clemenza, per una moneta che ricorda i lavori di abbellimento e restauro di Santa Maria in Trastevere voluti da papa Albani
La legenda appena citata è già presente su una moneta “architettonica” di inizio pontificato, una piastra[6] che ricorda i lavori a Santa Maria in Trastevere e coniata nel 1702. Qui, l’amore per le arti e la politica urbanistica del papa si incontrano non nell’esaltazione del “contenitore architettonico” bensì nell’omaggio al “contenuto icona”, l’effigie della Madonna venerata in quella basilica (Fig. 10). Risalente al VII-VIII secolo, l’icona ritrae la Vergine, detta anche “Madonna della Clemenza”, col Bambino e due angeli; ai loro piedi, molto danneggiato nella realtà e “ricostruito” in tondello dall’incisore Borner, il ritratto inginocchiato del presunto donatore, papa Giovanni VII.
Molte altre sono le monete di papa Albani che mostrano una derivazione più o meno diretta da opere d’arte celebri o iconografie tipiche di santi e scene religiose: il “gusto” di inizio Settecento, ad esempio, è evidente nelle raffinate figure intere o nei ritratti dei Santi Pietro e Paolo, in quelli della Vergine e nell’allegoria di Santa Romana Chiesa.
Fig. 11 | San Crescentino sulla mezza piastra 1704, anno IV di Giovanni Francesco Albani, e su un raffinato piatto in ceramica di Antonio Patanazzi della seconda metà del XVI secolo
E ancora: gli omaggi “in tondello” ai patroni del pontefice (San Francesco e San Clemente); un tenero e paterno San Giuseppe con in braccio il Bambino e il nerboruto San Pietro che tiene saldo il timone della navicella della Chiesa nel mare in tempesta. Tutte monete per le quali sono in corso tentativi di identificazione più puntuale, per quanto riguarda eventuali dipinti o sculture che le ispirarono.
A questo punto, è lecito chiedersi se l’urbinate Giovanni Francesco Albani abbia dedicato monete anche alla sua città natale. La risposta è affermativa dal momento che, solo tra i moduli maggiori, ben tre emissioni – due mezze piastre e un testone – portano segni iconici del luogo d’origine del papa: due raffigurano infatti vedute del Palazzo Ducale e una San Crescentino.
Fig. 12 | CIVITAS VRBINI: la bellezza della città marchigiana, luogo di nascita del papa, in suggestiva mezza piastra coniata dalla zecca di Roma
Data al IV anno di pontificato, per l’esattezza, la mezza piastra[7] con al rovescio il martire di inizio IV secolo, patrono di Urbino, a cavallo e in vesti di guerriero, nell’atto di uccidere il drago come già appare nel XVI secolo, ad esempio su un piatto capolavoro in ceramica policroma di Antonio Patanazzi (Fig. 11); originale, al dritto, anche il genio che sostiene lo stemma Albani, per una composizione araldica di gusto indubbiamente barocco. Da notare che, un simile genio alato, il Borner lo aveva già inciso a Piacenza nel 1685 per uno “scudo delle marche” a nome di Ranuccio II Farnese, oggi noto in un unico esemplare[8].
Moneta splendida, la mezza piastra con San Crescentino, che l’anno dopo lascia il passo ad altra mezza piastra[9] “architettonica” firmato Ermenegildo Hamerani, su cui campeggia il Palazzo Ducale a cui lavorarono, per i Montefeltro e in particolare per Federico, Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini. Sotto la legenda CIVITAS VRBINI che quasi evoca la coniazione da parte di una zecca “locale” – anche se sappiamo che la moneta venne battuta a Roma – campeggia la facciata dei Torricini con i suoi snelli pinnacoli, i fornici degli archi, la cupola e il campanile della Cattedrale; tutt’attorno, gli altri edifici della città in un contesto bucolico con tanto di ponte ad archi e figure (Fig. 12).
Fig. 13 | Il restauro del Palazzo Ducale, esaltato sul rovescio di questo testone dell’anno V di pontificato, fu solo uno dei tanti interventi di Clemente XI a favore della sua città
E’ tuttavia su una terza moneta che Clemente XI riafferma non solo il legame affettivo con la città marchigiana, ma soprattutto quanto fatto per renderla splendente come nel Rinascimento. RESTITVISTI MAGNIFICENTIAM (ossia, “[Ne] hai restituita la magnificenza”)[10] si legge infatti sul testone dell’anno V[11] che allude al restauro del Palazzo Ducale mostrandone la severa e massiccia mole delle mura poligonali che affacciano sulla piazza della Cattedrale (Fig. 13).
Urbino, del resto, gode di preferenze speciali da parte del “suo” papa. Una lapide annovera i benefici che la città riceve da Clemente XI: oltre al restauro del Palazzo Ducale e di quello arcivescovile, alla cancellazione dei debiti con la Camera Apostolica, alla costruzione di un istituto per la gioventù, Albani abbellisce la Cattedrale, fa consolidare le mura, fonda una biblioteca, promuove l’edificazione di una chiesa e di un convento e perfino l’erezione di un obelisco e di un monumento all’antenato Alessandro VIII, senza contare i privilegi accordati all’Università dove egli stesso era stato studente.
Il repertorio, per quanto esaustivo per ragioni di spazio, delle monete qui presentate, appare sufficiente a rendere l’idea di quanto Clemente XI abbia vissuto il suo pontificato all’insegna delle arti e dell’attenzione al decoro urbanistico e di come sia riuscito a stimolare, ben oltre la sua scomparsa, l’amore per il bello e la cultura, in ogni sua forma. Ecco perché in conclusione appare opportuno citare una moneta (Fig. 14) che, esaltando “La vittoria ai meritevoli” (DIGNIS VICTORIAM)[12], ci ricorda l’Albani come sostenitore della storica Accademia di San Luca.
Fig. 14 | Il testone commemorativo del “Concorso Clementino” per giovani artisti con le personificazioni delle Arti e il Campidoglio, sede dell’Accademia di San Luca
È un testone[13], risale all’anno VI di pontificato e ci mostra tre fanciulle; osservandole, presentano attributi che le qualificano in modo preciso: quella a sinistra regge una tela, quella a destra un martello e una maschera mentre quella al centro solleva un compasso. Aleggia, in cielo, una corona d’alloro simbolo di gloria e merito. Si tratta – con, di sfondo, il Campidoglio – delle personificazioni della Pittura, dell’Architettura e della Scultura, per molto tempo indicate in modo generico dai testi di numismatica e nei cataloghi d’asta come “le Tre Grazie”[14].
Nel 1702, Clemente XI Albani ha istituito un concorso – chiamato “Clementino” – volto a premiare non tanto dei riconosciuti maestri (come già avveniva nella storica Accademia di San Luca) quanto dei giovani artisti, ancora poco conosciuti, che avessero dimostrato particolare talento. Una ragione in più per ricordare la complessa e interessante figura di questo pontefice a oltre tre secoli dalla sua scomparsa.
Note al testo
- [1] Muntoni 1972-1974 (1996). Volume III, p. 81 n. 38.
- [2] Traina 2006, p. 168.
- [3] Muntoni 1972-1974 (1996). Volume III, p. 81 n. 39.
- [4] Muntoni 1972-1974 (1996). Volume III, p. 83 n. 53.
- [5] Traina 2006, p. 100.
- [6] Muntoni 1972-1974 (1996). Volume III, p. 81 n. 33.
- [7] Muntoni 1972-1974 (1996). Volume III, p. 84 nn. 56-57.
- [8] Per approfondimenti si veda Ganganelli 2018.
- [9] Muntoni 1972-1974 (1996). Volume III, p. 83 n. 52.
- [10] Traina 2006, p. 371.
- [11] Muntoni 1972-1974 (1996). Volume III, p. 87 n. 80.
- [12] Traina 2006, p. 100.
- [13] Muntoni 1972-1974 (1996). Volume III, p. 85 n. 64.
- [14] Per approfondimenti si veda Ganganelli 2020b.
Bibliografia
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- Bruni 2005 = Bruni R., Le monete della Repubblica Romana e dei Governi provvisori. La produzione delle zecche marchigiane, umbre e laziali dall’arrivo dei Francesi (1797) alla fine del secolo XVIII, San Marino 2005.
- Forrer 1904-1930 = Forrer L., Biographical dictionary of medallists, coin–, gem–, and seal–engravers, mint–masters, etc. ancient and modern. With references to their works, B.C. 500 – A.D. 1900, London 1902–1930.
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- Ganganelli 2016 = Ganganelli R., Parole e monete: “Giorno che vale di tanti anni il pianto”, disponibile in www.ilgiornaledellanumismatica.it/parole–e–monete–giorno–che–vale–di–tanti–anni–il–pianto.
- Ganganelli 2018 = Ganganelli R., Due geni alati per un genio del bulino, Peter Paul Borner, disponibile in www.cronacanumismatica.com/due–geni–alati–per–un–genio–del–bulino–peter–paul–borner.
- Ganganelli 2020a = Ganganelli R., Quella benedizione “mancina” da cui nacque una rarità numismatica, disponibile in hwww.cronacanumismatica.com/quella–benedizione–mancina–da–cui–nacque–una–rarita–numismatica.
- Ganganelli 2020b = Ganganelli R., La vittoria ai meritevoli su un magnifico testone di Clemente XI, disponibile in www.cronacanumismatica.com/la–vittoria–ai–meritevoli–su–un–magnifico–testone–di–clemente–xi.
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- Mariano e Papetti 2000 = Mariano F. e Papetti S. (a cura di), I papi marchigiani. Classi dirigenti, committenza artistica, mecenatismo urbano da Giovanni XVII aI a Pio IX, Fano 2000.
- Martinori 1921 = Martinori E., Annali della zecca di Roma. Sede Vacante 1700 […] Clemente XII (1730–1740), Roma 1921.
- Muntoni 1972-1974 (1996) = Muntoni F., Le monete dei papi e degli Stati Pontifici, Roma 1972–1974 (Roma 1996).
- Scilla 1715 (2006) = Scilla S., Breve notizia delle monete pontificie antiche, e moderne sino alle ultime dell’anno XV del regnante pontefice Clemente XI, ristampa anastatica con prefazione di Roberto Ganganelli, Roma 1715 (Forlì 2006).
- Traina 2006 = Traina M., Il linguaggio delle monete. Motti, imprese, legende di monete italiane, Firenze 2006.