La nostra seguitissima rubrica Il linguaggio delle monete fa tappa, con queste righe, in una piccola zecca del Nord Italia, quella Massa Lombarda nella quale il marchese Francesco d’Este (1516-1578, sul trono dal 1544) fece coniare alcune monete – doppie, talleri e testoni – sui quali al dritto appare il busto del marchese, rivolto a destra, drappeggiato e corazzato e con legenda FRANC | ESTENS | MARCH MASSAE.

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La doppia d’oro senza data coniata per Massa Lombarda con effigie del marchese Francesco d’Este e l’impresa coi due tempietti e il motto PARI ANIMO

Al rovescio, invece, troneggiano due eleganti tempietti circolari gemelli, con colonne e cupole, ed il motto PARI ANIMO (nelle doppie e nei testoni, in esergo) o ANIMO PARI (nei talleri, nel giro in alto), ossia “Con pari animo”.

La doppia qui illustrata, uno dei due soli esemplari conosciuti, proviene dalla collezione Superti Furga e rappresenta una delle massime rarità della monetazione italiana. Una legenda analoga appare anche su una medaglia di Francesco d’Este e, a proposito di queste criptiche parole, Mario Traina scrive ne Il linguaggio delle monete: “Considerando che il tempio in araldica è simbolo di eternità e di gloria, i due tempietti possono simboleggiare, secondo l’interpretazione di Carlo Kunz, Francesco e la moglie Maria di Cardona, destinati a restare imperituri nel ricordo, oppure Francesco e il padre Alfonso, le cui orme il figlio s’impegnava a seguire con ‘pari coraggio’.

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Medaglia fusa in bronzo con busto corazzato del marchese e rovescio simile a quello usato per doppie, testoni e talleri, oggi tutte monete estremamente rare

Giulio Superti Furga ipotizza invece nei due tempietti i sudditi, ‘uguali nella disposizione d’animo del principe, tanto da poter loro assicurare ‘pari animo’, ossia un uguale trattamento e considerazione, indipendentemente dai loro sentimenti e opinioni, insomma una promessa di imparzialità, di non discriminazione’. Ma Superti Furga aggiunge subito dopo: ‘Affascinante la fantasia, ma troppo bella per un principe del Cinquecento”.

Non va dimenticato, tuttavia, che la raffigurazione del rovescio riprende una delle cinque imprese filosofiche di Francesco d’Este che si trovano dipinte nella Sala delle Imprese, o Sala Rossa, del palazzo Marfisa d’Este a Ferrara, dove il marchese trascorse buona parte della sua vita. I due tempietti gemelli stanno a significare, nello specifico, l’uno la Virtù e l’altro l’Onore.

La virtù si conquista e l’onore è ciò che si mantiene, il proprio io, la propria natura che viene valorizzata dalla virtù acquisita. La virtù è ciò che ci rende nobili e sacri, mentre l’onore è ciò che siamo e che mai dobbiamo dimenticare. Il richiamo è al Cristo, virtuoso fino all’ultimo istante della sua vita e che, nonostante sia stato sbeffeggiato, deriso e torturato, non perse mai l’onore.

L’impresa PARI ANIMO illustrata nel volume di Giovan Battista Pittoni del 1566

Risalendo a fonti più antiche, troviamo la raffigurazione dell’impresa da parte di Giovanni Battista Pittoni e il relativo sonetto composto Lodovico Dolce nel 1566, nel raro volume Imprese di diversi principi, duchi, signori, e d’altri personaggi et huomini illustri (vol. II, p. 19r.): “DI DON FRANCESCO DA ESTE. / Ecco due Tempi d’artificio eguale, / Parimente di forma e di grandezza: / Similmente ambedue d’egual bellezza; Benche ogni bel lavor col tempo è frale. Serba il buon Don FRANCESCO animo, quale / Si convien all’illustre inclita altezza / De la sua stirpe, ad ogni studio avezza, / Che puo far di terreno huomo immortale. / In lui l’ardir, in lui l’alto valore / Pari agli antichi, et à moderni Heroi;  / C’hebbero in guerra e in pace il primo honore. / Et ardon tutti i disideri suoi / In mostrarsi del lucido splendore / Degno di tanti chiari Avoli suoi”.