Quando di dice, di qualcosa o di qualcuno, che “vale quattro soldi” si intende, con questa espressione dispregiativa, una persona di scarse doti o una cosa di infimo valore. Un detto che non vale certo per i quattro soldi di cui stiamo parlando, ossia quelli coniati nel 1868, anno XXII di pontificato di papa Pio IX Mastai Ferretti.

Sì, perché questa monetina in argento a 835 millesimi, appena un grammo di peso per 16 millimetri di diametro e nota sia con bordo rigato che liscio rappresenta una delle massime rarità ottocentesche della numismatica pontificia e quando appare sul mercato suscita sempre la meraviglia dei collezionisti.

Il dritto dei quattro soldi 1868-XXII di Pio IX: i coni di questa moneta furono incisi da Carlo Voigt, artista tedesco naturalizzato che operò a lungo nella zecca pontificia

Un esemplare, in conservazione migliore di splendida, dei quattro soldi 1868-XXII, nello specifico, andrà in asta da NAC Numismatica Ars Classica il 26 novembre 2024, al lotto 405 del catalogo numero 148 con una stima di 35.000 euro e una base fissata a quota 28.000 euro.

Uno spicciolo davvero speciale e dalla storia intrigante

Cosa rende questa monetina così speciale? Il fatto che in quell’anno, quando la zecca pontificia decise di coniarla, ne vennero realizzate solo poche centinaia di esemplari i quali, tuttavia, dopo essere stati immessi in circolazione vennero ritirati in maniera precipitosa dato che per il loro diametro e peso si confondevano con le monete da cinque soldi (25 centesimi) emesse già nel 1866 e nel 1867 (diametro 16,2 millimetri per 1,25 grammi) e, fatto ancor più pericoloso, che – se dorate – potevano essere scambiate con gli scudi d’oro del periodo.

Al rovescio della rarissima moneta in asta da NAC Numismatica Ars Classica il valore espresso sia in soldi che in centesimi di lira pontificia

Lo scudo d’oro di Pio IX, infatti, pur essendo in vigore dal 1866 la lira pontificia (approfondisci qui) era ancora usato correntemente: si trattava di una moneta (nella versione “scudo largo” coniata dal 1858 al 1865) del diametro di 16,3 millimetri e del peso di 1,73 grammi e che, senza prestare sufficiente attenzione al valore nominale sopra impresso (1 | SCVDO invece che 4 / SOLDI) poteva essere sostituita con una quattro soldi abilmente dorata.

Scudo largo del 1863: la monetina, coniata in oro, fu al centro della vicenda che portò al ritiro e alla rifusione dei quattro soldi 1868-XXII in argento

Ecco perché i quattro soldi del 1868-XXII dell’ultimo papa re vennero ritirati, ne sopravvissero solo pochissimi esemplari (sul mercato, si stima non ne siano passati più di cinque o sei) e perché oggi la moneta è estremamente rara.

Moneta o saggio? La verità sui quattro soldi 1868-XXII

Moneta o saggio? Per lungo tempo gli studiosi di numismatica hanno dibattuto anche su questo aspetto; tuttavia, considerato il fatto che i quattro soldi in argento risultano emessi in conformità ai decreti all’epoca vigenti, essi risultano monete regolari a tutti gli effetti, come del resto la classificano il Corpus, il Serafini e l’ultima edizione del Pagani.

Abbastanza simile, per peso e diametro, anche la moneta in argento da cinque soldi di Pio IX poteva facilmente essere confusa con la “sorella minore”

Sta di fatto che un taglio metallico da quattro soldi, nella serie pontificia, risultava comunque necessario e per questo, tra il 1866 e il 1869, vennero battute monete di questo valore ma in rame a 960 millesimi, del pero di 20 grammi e dal diametro di ben 36 millimetri, con bordo liscio. Poco pratiche da maneggiare in quantità, certo, ma impossibili da confondere con qualunque altra moneta in uso negli Stati Pontifici.

I quattro soldi furono alla fine messi in circolazione solo nella massiccia versione in rame, impossibile da utilizzare per scopi fraudolenti

Identico destino per un’altra rarità assoluta del Regno

Una storia affascinante, quella che ci racconta la monetina al lotto 405 dell’asta NAC Numismatica Ars Classica del 26 novembre e che ricorda da vicino un’altra 20 centesimi sfortunata al momento della sua nascita e oggi ambita come una fra le massime rarità del Regno d’Italia, quello “stemmino” con data 1863 T BN (leggi qui la storia di questa moneta) che subì analoga sorte in quanto, una volta dorato, poteva essere spacciato per una 5 lire oro.

I 20 centesimi “stemmno” del 1863 T BN a nome di Vittorio Emanuele II fecero la stessa fine della rarissima moneta dell’ultimo papa re 

Curiose vite parallele di due “spiccioli” dell’Ottocento italiano, uno sabaudo e uno pontificio, accomunati dal medesimo destino e oggi in vetta, a pari merito, nei sogni di tanti appassionati di monetazione decimale.