Le monete dell’età contemporanea, o meglio, secondo la definizione di Antonio Pagani, le “monete italiane dall’invasione napoleonica ai giorni nostri”, sono le più collezionate nel nostro Paese. Di facile reperimento, anche quelle rare, risultano facilmente riconoscibili e classificabili, soprattutto quelle del Regno d’Italia, e non richiedono conoscenze particolari per il loro inquadramento in ambito storico e numismatico da parte dei collezionisti.
Tanti collezionisti, in Italia, iniziano dalle monete del Regno: del resto, quasi in ogni famiglia se ne trovano ancora, piccoli ricordi di famiglia di un tempo lontano
Spesso si comincia a collezionare partendo da queste monete, dato che è facile imbattersi in qualcuna delle più comuni di esse; sia per studio che per collezione molti poi, dopo un certo periodo, preferiscono addentrarsi in altre epoche a seconda del proprio gusto, dei propri interessi, della propria cultura. Così ci si sposta nei settori delle monete classiche, greche, romane e bizantine, oppure delle monete di una o più zecche italiane o ancora delle monete di un certo periodo storico o di un’area geografica.
La parte più consistentedi collezionisti, comunque, continua nel settore delle monete decimali e delle monete del Regno, il più interessante anche per coloro che vedono nella numismatica solo una modalità di investimento. E, a differenza di quanto avveniva fino a qualche decennio fa, nel collezionismo attuale la conservazione della moneta costituisce un elemento importantissimo: se questo avviene per le monete di ogni epoca, per quelle recenti la conservazione risulta un fattore determinante in senso assoluto.
E’ comune, lo “scudo” da 5 lire del 1876, tanto da essere reperibile con una certa facilità anche in conservazione ottimale, prossima al fior di conio
Rimane in ogni caso sorprendente il fatto che ci sia pervenuto un così gran numero di esemplari di monete – ad esempio del Regno d’Italia – in uno stato di conservazione davvero eccellente. I fenomeni del collezionismo e della tesaurizzazione non forniscono sempre risposte, anche perché non bisogna dimenticare che dietro a ogni moneta di un qualsiasi periodo, anche dei più recenti, esiste davvero una storia.
Uno “stemmino” smarrito (e ritrovato dopo un secolo)
Questa storia risale a molti anni fa, e alla visione di parte di una delle più importanti collezioni private di monete italiane esistente al mondo, nella quale ebbi modo di ammirare due monete del Regno, una molto rara e una quasi introvabile, entrambe alle spalle una storia davvero curiosa.
Le 5 lire oro del 1863, il più piccolo nominale del Regno coniato nel biondo metallo, poco gradito dal mercato tanto che il governo ne sospese presto la produzione
Com’è noto, nel 1863 a Torino fu emesso per la prima volta da Vittorio Emanuele II un pezzo in oro da 5 lire e poco dopo un analogo pezzo in argento da 20 centesimi: entrambe le monete presentano al dritto la testa del re e al rovescio lo stemma dei Savoia.
Le differenze tra le due monete sono minime: esse pesano rispettivamente g 1,61 e g 1,00 e hanno diametro di mm 17 e mm 16. Al dritto l’effigie del re è rivolta nella prima moneta a sinistra e nella seconda a destra, e al rovescio sotto lo stemma dei Savoia è riportato il valore, rispettivamente di L. 5 e C. 20.
La Torino degli anni Sessanta, un vecchio appartamento, un antica macchina da cucire: ecco lo scenario di un fortunato ritrovamento numismatico
Come annota il Pagani, del pezzo in argento da 20 centesimi Stemma (detto “stemmino”), i pochi esemplari coniati, 461 in tutto, furono quasi subito ritirati dalla circolazione, perché, illegalmente dorati, potevano essere confusi con le monete in oro da 5 lire. Così, ci sono pervenuti in tutto pochissimi esemplari dello “stemmino”, uno dei quali faceva parte della collezione cui ho accennato.
Una magnifica 20 centesimi 1863 T BN del tipo “stemmino”, uno dei sogni di ogni collezionista di monete del Regno d’Italia
L’esemplare che ho potuto esaminare era stato ritrovato a Torino, agli inizi degli anni Sessanta, in una casa del centro che stava per essere ristrutturata. In quella casa c’era una vecchia macchina da cucire, che venne smontata per recuperarne le componenti ancora utili prima di rottamarla.
Fu allora che, infilata in una scanalatura del legno, nella quale era probabilmente caduta e andata smarrita, apparve la moneta da 20 centesimi, che in questo modo davvero originale era scampata al ritiro governativo. Lì nascosta era rimasta per circa un secolo, salvata dalla macchina da cucire.
Le 2 lire 1862 Napoli che attraversarono l’Atlantico
Anche moneta da 2 lire del 1862 per Napoli è una moneta rara, e trovarla in condizione di assoluto fior di conio è quasi impossibile. Agli inizi del 1863 le autorità governative del Regno d’Italia decisero di ridurre il titolo delle monete in argento (ad eccezione delle 5 lire) portandolo da 900 a 835 millesimi. Furono pertanto ritirate dalla circolazione le monete in argento da 2 lire, 1 lira e 50 centesimi emesse negli anni 1861 e 1862 di tutte le zecche e fu avviata la coniazione di nuove monete con data 1863 e titolo più basso.
E’ considerata già più che degna di essere collezionata, data la sua rarità, una 2 lire 1862 Napoli in conservazione Mb/Bb come quella in foto
In effetti furono però ritirate solo le monete in ottimo stato di conservazione, poiché fu data disposizione che quelle logore per la circolazione e calanti di peso venissero rifiutate. A loro volta le monete rifiutate al cambio venivano poi incettate dagli orefici, che, fondendole, guadagnavano sul contenuto di fino dell’argento. È questo il motivo principale per il quale queste monete, nei pochi casi in cui si trovano, risultano in modeste condizioni di conservazione.
Assieme alle migliaia di emigranti che mese dopo mese varcavano l’Altantico in cerca di fortuna, in Nord e Sud America giungevano anche monete italiane
Se però, generalmente, gli esemplari da 2 lire, 1 lira e 50 centesimi del 1861 e 1862 in ottime condizioni sono tutti estremamente rari, quello da 2 lire del 1862 per Napoli è introvabile in fior di conio. L’esemplare che mi fu mostrato era invece in assoluto “stato zecca” e il collezionista la definì “la moneta dell’emigrante”.
Anche questa storia è singolare: nel 1862 a Napoli un emigrante, prima di imbarcarsi sul piroscafo che doveva portarlo in America, acquistò in una bottega del porto alcuni generi alimentari che dovevano servire a lui e alla sua famiglia durante il lungo viaggio. Pagò con il poco denaro che possedeva e ricevette come resto la moneta da due lire che era appena uscita dalla zecca di Napoli.
Rarissima, e pressochè introvabile in conservazione perfetta come questo esemplare, la moneta da 2 lire 2862 coniata a Napoli, la “moneta dell’emigrante”
L’emigrante mise in una tasca la moneta e la conservò come ultima somma di denaro che gli era rimasta partendo dall’Italia. Giunto in America, continuò a tenere con sé la moneta e la ripose in un cassetto. E, vagando da un cassetto all’altro, la moneta fu conservata per circa un secolo. Agli inizi degli anni Sessanta, un discendente di quell’emigrante decise di vendere la moneta che, tramite un noto commerciante bolognese, fu infine acquistata dal collezionista che me la mostrò.