Sant’Adriano da Nicomedia: fino al 2004, con l’effigie di questo martire si conoscevano solo rari grossetti d’argento a nome di Guglielmo Gonzaga, III duca di Mantova, emessi nel periodo 1550-1587. Poi, nell’asta Astarte 14 del 24 luglio di vent’anni fa, al lotto 597 apparve un inedito esemplare in oro con lo stesso santo sul rovescio, un eccezionale mezzo scudo in oro senza data.
Al dritto la legenda GVGLIE . DVX . | MAN . M . M . F attorno allo stemma Gonzaga coronato; al rovescio sant’Adriano da Nicomedia in abiti da militare romano, con una palma nella mano sinistra e la destra, mozzata, su una colonna su cui si legge S . ADR dall’alto in basso. Attorno la legenda MARTIRIV | NON FVGI.
Il rovescio del mezzo scudo mantovano a nome di Guglielmo Gonzaga (1550-1587) con l’effigie di sant’Adriano da Nicomedia martire
“Non ho fuggito il martirio”: queste le parole del santo il quale, ufficiale dell’esercito di Massimiano, fu martirizzato a Nicomedia nel 306. Secondo la leggenda, messo a guardia di alcuni cristiani condannati a morte, che pur consapevoli del loro destino lodavano Dio, Adriano ne rimase talmente colpito da convertirsi egli stesso, come già aveva fatto la moglie Natalia. Ecco perchè fu imprigionato e giustiziato mediante il taglio degli arti.
Sant’Adriano protegge dalla peste, è patrono dei soldati veterani, dei mercanti d’armi e dei macellai. Fu il principale santo guerriero venerato in Nord Europa per secoli, secondo solo a san Giorgio, e non appare su nessun’altra moneta italiana.
Il dritto con lo stemma Gonzaga con le aquile che guardano verso la destra araldica: un elemento che permette di datare la moneta a prima del 1575
Dunque, come inquadrare l’emissione del mezzo scudo in oro e dei grossetti mantovani al tipo di sant’Adriano da Nicomedia? Va detto, innanzi tutto, che lo stemma Gonzaga con le quattro aquile rivolte tutte verso la destra (araldica) colloca questa emissione prima del 1575 quando Guglielmo Gonzaga – nato nel 1538, sul trono dal 1550 e cavaliere del Toson d’Oro dal 1559 – ricevette dall’imperatore una concessione imperiale in tal senso.
C’è poi da notare che il mezzo scudo (finora unico e mancante anche nelle raccolte pubbliche) mostra uno stile simile a quello dell’analogo nominale al tipo del Cristo in croce (CNI 1-2), anche questo estremamente raro. Una rarità dovuta al fatto che il tentativo compiuto da alcune zecche del Nord Italia, in quel periodo, di battere le metà dello scudo d’oro si rivelò poco gradito dal pubblico e di marginale impatto sulla circolazione.
Guglielmo Gonzaga, III duca di Mantova, in una incisione di produzione tedesca
La presenza del martire sulla moneta è invece da ricercare in quella Mantova splendente in cui, fra opere pubbliche e amore per l’arte, si sviluppò il ducato di Guglielmo Gonzaga. Questi, infatti, fra gli edifici di culto cui fece mettere mano diede grande importanza alla Basilica palatina di santa Barbara.
Costruita dall’architetto Giovan Battista Bertani, la basilica fu edificata in due periodi, dal 1562 al 1567 e tra il 1569 e tra il 1572 e il 1565. Collegata con Palazzo ducale, Santa Barbara è considerata il capolavoro sia del suo committente che dell’artefice; dotata di numerosi privilegi e fuori dal controllo vescovile, poteva utilizzare un rito proprio diverso da quello romano e fu il palcoscenico di fastose cerimonie solennizzate da musica sacra – una delle passioni del duca – suonata su un maestoso organo Antegnati.
La facciata della Basilica palatina di santa Barbara, a Mantova, e la pala di Lorenzo Costa il Giovane che rappresenta il martirio di sant’Adriano
Ebbene, in Santa Barbara il duca Guglielmo volle far collocare due pale d’altare dipinte da Lorenzo Costa il Giovane (1537-1583), una raffigurante il battesimo di Costantino e l’altra, guarda caso, il martirio di Sant’Adriano, probabilmente per devozione personale e forse anche per affidare la città al santo affinché la preservasse da future pestilenze (che già avevano colpito duramente nel 1506 e nel 1527-1528).
Ad arricchire l’altare venne sarebbe stato fatto realizzare, sotto il duca Vincenzo I, figlio di Guglielmo, un reliquiario barocco oggi esposto al Museo diocesano Francesco Gonzaga, particolare in quanto realizzato con carapace di tartaruga e rifinito in avorio e argento.
La seconda tipologia di moneta con l’effigie del martire è il grossetto in argento: non unico, ma in ogni caso moneta di buona rarità
Il reliquiario era destinato ad accogliere il capo e le ossa di sant’Adriano portate a Mantova al termine di un’autentica “caccia al tesoro” condotta dal duca in giro per mezz’Europa. Ma le reliquie non rimasero molto a Mantova dal momento che, assieme ad altri sacri reperti, furono distrutte nel sacco lanzichenecco del 1630. Così, la devozione verso il santo di Nicomedia rimase “secondaria” tra i Mantovani rispetto a quelle, ad esempio, per il Preziosissimo Sangue, per san Longino e santa Barbara.
A queste devozioni i Gonzaga dedicarono tante, magnifiche monete; a sant’Adriano, invece, solo i grossetti e questo mezzo scudo, finora unico, riapparso “quasi per miracolo” come, talvolta, accade nella numismatica.