Da un bollettino del Comando supremo del Regio Esercito, a firma Luigi Cadorna, del febbraio 1916: “Il 18 febbraio, in risposta alle molteplici violazioni del diritto delle genti con iniqua insistenza perpetrate dal nemico fin dall’inizio della guerra, una squadriglia di sei nostri Caproni partì per un’incursione su Lubiana.

Fatti segno a nutriti tiri della contraerea nemica i nostri apparecchi poterono giungere senza incidenti a una cinquantina di chilometri da Lubiana. Ma, all’allarme dato dall’osservatorio del Monte Santo, alcuni velocissimi Fokker, alzatisi dal campo d’aviazione di Aisovizza, inseguirono la squadriglia e raggiuntala, assalirono l’ultimo apparecchio, pilotato dal prode capitano Oreste Salomone, il quale aveva come compagni due ufficiali, il capitano Luigi Bailo e il tenente colonnello Alfredo Barbieri. Ai primi colpi del nemico era stato ferito alla testa il capitano Salomone, poi furono colpiti ed uccisi, uno dopo l’altro, il Bailo e il Barbieri”.

Oreste Salomone su un monoplano Blériot di produzione francese in forza ai reparti aerei del Regio Esercito nel corso della Prima guerra mondiale

Questo il resoconto di una delle innumerevoli azioni di guerra e d’eroismo in cui i reparti aerei delle forze armate italiane furono coinvolti nel corso del conflitto, fra il 1915 e il 1918. Ciò che rende speciale questa pagina di storia tuttavia, è innanzi tutto il fatto che il capitano Oreste Salomone (Capua, 20 settembre 1879 – Padova, 2 febbraio 1918) si sarebbe meritato, per aver riportato a terra il suo apparecchio Caproni Ca. 3 nonostante la grave ferita, quella che rimane la prima medaglia d’oro al valor militare conferita ad un aviatore italiano.

L’11 gennaio 1916 degli idrovolanti austro-ungarici avevano attaccato Rimini e il 14 febbraio Milano e Monza. Il Comando supremo decise di dare il via al raid su Lubiana, con l’ordine di colpire solo depositi e istallazioni militari. Così, il giorno 18 fu organizzato per ritorsione un attacco su Lubiana. Per l’incursione furono approntati 10 trimotori Caproni Ca. 3, armati con bombe, che tra le 7.30 e le 7.45 decollarono dai campi d’aviazione di Aviano e della Comina.

Cartolina fatta stampare nel 1934 dalla ditta aeronautica Caproni per l’Esposizione storica dell’Aeronautica italiana di Milano: ricorda Salomone il volo su Lubiana del 1916

Intercettato da una squadriglia di Fokker A-III sulla Selva di Tarnova, il velivolo pilotato dai capitani Luigi Bailo e Oreste Salomone, con il tenente colonnello Alfredo Barbieri come osservatore venne danneggiato e, come detto, due dei tre membri dell’equipaggio rimasero uccisi.

Soltanto Salamone riuscì a sopravvivere, riportando a terra il velivolo ed è a questo punto la vicenda del  Ca. 478 “Aquila romana” – così era stato ribattezzato il Caproni Ca. 3 – uscì dalla storia per entrare nella leggenda. Salomone riuscì a raggiungere il campo di Gonars dove atterrò senza danni. Achille Beltrame gli dedicò una celebre copertina della Domenica del Corriere, e il re gli conferì il 29 febbraio, motu proprio, la medaglia d’oro al valor militare, la prima concessa ad un aviatore.

D’Annunzio, nella sua opera Notturno, ci svela un particolare inedito del volo su Lubiana. Era proprio lui uno dei due ufficiali che doveva prendere posto sull’aereo di Salomone ma, a causa di un ritardo, non riuscì a decollare e il suo posto fu preso da un altro ufficiale che poi venne ucciso. Così il Vate scrisse che Oreste Salomone era “l’eletto della gloria” mentre lui era solo “il deluso della morte”.

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Il dritto della rara medaglia portativa che ricorda l’impresa del Caproni Ca. 3 “Aquila romana” pilotato da Oreste Salomone, poi insignito di MOVM

Per esaltare quella eroica missione e i suoi protagonisti, compreso il Ca. 478 “Aquila romana”, venne realizzata presso lo Stabilimento Johnson di Milano una bella, rara e per certi aspetti e curiosa medaglia in bronzo dorato, con incusi rifiniti in nero, a forma di targa (mm 40×20 circa) con anello portativo e cambretta.

Sul dritto l’Italia turrita, protesa verso sinistra, tende la palma della gloria verso un’aquila in volo fra le nubi; l’Italia siede su un basamento sul quale si legge AQVILA ROMANA | 18 FEBBRAIO 1916. Al rovescio, invece, l’Italia turrita, con lo stemma sabaudo sul petto, vola grazie ad ali d’aeroplano e tende un arco verso il nemico. Di sfondo le nubi e le montagne del cielo e del paesaggio alpino, campo di battaglia della Grande guerra; in basso, sul paesaggio, il motto PER ASPERA AD ASTRA.

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Il rovescio della medaglia prodotta dallo Stabilimento Johnson di Milano con il motto PER ASPERA AD ASTRA e l’allegoria dell’Italia dominatrice dei cieli di guerra

“Attraverso le asperità [si giunge] alle stelle”: frase con cui si vuole esprimere il concetto che la via della virtù e della gloria è irta di difficoltà. Una formulazione piuttosto recente (derivata da un precedente per aspera ad ardua) che riecheggia frasi della tradizione letteraria (ad esempio Virgilio, Aen., IX 641: “Sic itur ad astra; Seneca, Hercfurens, 437: “Non est ad astra mollis e terra via).

La medaglia – ci viene in aiuto il catalogo della mostra Le ali della storia: l’Aeronautica Militare italiana dalle origini alla II guerra mondiale curata da Mauro Giacomino Piovano e Vittoria Vittonetto nel 2012 per la Biblioteca della Regione Piemonte – è un facsmile della “targa d’oro” offerta al capitano Salomone (vedi il catalogo Pdf a pag. 8). Le copie in bronzo dorato o ottone, probabilmente, furono realizzate per essere distribuite come ricordo alle personalità presenti alla cerimonia e ai commilitoni della 1a Squadriglia Caproni. Non sappiamo che fine abbia fatto la targa omaggiata a Salomone.

Dalla collezione Mauro Giacomino Piovano, un altro esemplare che specifica come la medaglia sia copia di una originale “targa d’oro” consegnata a Oreste Salomone

Restano aperti anche altri interrogativi: chi furono l’autore dei “bozzetti” e l’incisore dei coni? Sul dritto si legge un monogramma (ES, SF o ST?) seguito da lettere (ISTO?) mentre al rovescio, nell’angolo inferiore destro, compare un altro monogramma (formato dalle lettere E ed S?) ma la leggibilità dei pochissimi esemplari visionati non consente ipotesi. Saremo grati a chiunque sia in grado di darci qualche elemento chiarificatore.

Tornando al protagonista del volo su Lubiana, il capitano Oreste Salomone, sappiamo che il 19 aprile 1916 fu messo al comando della 1a Squadriglia Caproni e che prese parte, sul finire del 1916, ai bombardamenti su Trieste e Pola per essere poi costretto, per l’aggravarsi delle conseguenze delle ferite riportate nel volo su Lubiana, ad accettare un comando presso il Battaglione Aviatori di Torino.

Lo stemma araldico della 1a Squadriglia Caproni di cui il capitano Salomone prese il comando il 19 aprile 1916, ad appena due mesi dal raid su Lubiana

Dopo Caporetto Salamone ottenne tuttavia, dietro sua domanda, di esser inviato di nuovo al fronte venendo nominato comandante del XIV Gruppo di Padova. Promosso maggiore “per meriti eccezionali” il 17 gennaio 1918, trovò poco dopo la morte, la sera del 2 febbraio, rientrando da una missione di bombardamento notturno.

Una manovra sbagliata, in mezzo alla nebbia fitta, mentre cercava di atterrare sul campo d’aviazione di Padova, lo portò a schiantarsi contro una casa. Così scomparve il primo aviatore italiano medaglia d’oro al valor militare per il quale Gabriele D’Annunzio – a lui così legato – compose l’epigrafe “Con la sua vita restò mozza / la cima di un bel albero. / Accendetegli ogni anno /un fuoco sul Vùlture”.