Eccoci a una nuova puntata della nostra serie di biografie “romanzesche” (ma mai romanzate) di personaggi illustri che hanno dato un contributo importante alla numismatica italiana e il cui ricordo è purtroppo ormai sfumato e, dunque, meritevole di essere rinverdito: ci dedichiamo stavolta a uno studioso di di fine Settecento: Giorgio Viani (La Spezia 1762 – Pisa 1816).
Costantino Luppi inizia così la sua biografia: “Non ultimo della schiera degli illustri numismatici, che onorarono l’Italia alla fine del secolo passato e in principio di questo,” – Luppi scrive alla fine dell’Ottocento – “fu Giorgio Viani”. Ma vediamo chi era: nacque a La Spezia da Stefano Viani e Laura Federici, correva l’anno 1762. Si tramanda che mostrasse fin dall’adolescenza ingegno pronto e versatile, idoneo ad ogni tipo di studi. Nel fiore della giovinezza fu preso da singolare amore per gli studi umanistici e, sotto l’influsso di letture dei più celebrati poeti italiani, si dedicò con entusiasmo alla poesia.
Del suo genio poetico diede un saggio in un libretto pubblicato a Finale nel 1781 – quindi ad appena 19 anni – con la falsa indicazione tipografica di “Londra”, al quale seguì un altro lavoro, stampato a Lucca nel 1785, con l’indicazione della località di stampa “Berlino” (in realtà ancora Lucca), avente titolo di Glicera.
I frontespizi di due delle opere letterarie di Giorgio Viani, eminente numismatico italiano vissuto a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo
Ma non solo, nel campo poetico dove aveva fatto irruzione, il lavoro che suscitò più rumore attorno al suo nome assieme al plauso dei suoi concittadini fu il Socrate, un dramma storico scritto nel 1788 in collaborazione con due amici Gasparo Mollo e Gasparo Sauli con il quale si burlava degli imitatori di Vittorio Alfieri ma in realtà dell’Alfieri stesso; libro scritto “per una satirica piacevolezza” come annotò il Ciampi. Il libro uscì infatti con titolo Socrate di Vittorio Alfieri da Asti. Tragedia una. In molti cedettero che si trattasse dell’opera del grande drammaturgo, poeta e scrittore, invece proprio il Viani poi svelò l’arcano.
Sentiamo cosa scrive: “Le svelo un arcano, che forse la farà ridere. Il Socrate non è di Alfieri ma bensì di tre amici uno dei quali son io, che hanno voluto imitare la stravaganza, la maniera di scrivere, le frasi, la condotta Alfierana”. E prosegue: “Eppure, lo crederebbe? Il fanatismo di molti è arrivato a questo segno, che hanno stimato il Socrate un capo d’opera del Teatro Italiano, il meglio pezzo uscito dalla penna d’Alfieri”. Insomma un po’ come lo scherzo delle sculture ritrovate di Modigliani di qualche tempo fa.
Giorgio Viani, con il Sauli, apparteneva all’Accademia degli Industriosi ove ambedue si dilettavano a recitare vari componimenti poetici. Si accorse però di non avere avuto dalla natura grandi talenti per gareggiare con i poeti più eletti del suo tempo, per cui abbandonò gli ameni studi e la poesia per dedicare il suo ardore a quelli più severi della storia e dell’erudizione, come precisa sempre Costantino Luppi.
Ambizione massima di Giorgio Viani sarebbe stata quella di completare e integrare l’opera di Guido Antonio Zanetti Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia
Si dedicò pertanto prima alla diplomatica italiana e quindi alla scienza numismatica, principalmente del medioevo. Infatti aveva assodato che la numismatica antica era stata già ampiamente coltivata, dissodata ed illustrata da grandissimi scrittori fino all’Eckel e al Neumann. Il nostro aveva concepito il grande disegno di completare la monumentale opera di Guid’Antonio Zanetti, correggendone gli errori ed arricchendola al fine di dare anche all’Italia una storia compiuta sulle sue zecche e sulle sue monete.
Per fare ciò intraprese una fitta corrispondenza con i più dotti numismatici italiani e specialmente con il grande Gian Rinaldo Carli. Ma non solo, setacciava archivi pubblici e privati senza stancarsi per scoprire nuovi documenti utili alla sua impresa. Esaminò tutto quello che era già stato scritto sulle zecche d’Italia, acquistò libri di numismatica, pergamene, diplomi e quant’altro. Anche se aveva scarse risorse economiche, coinvolse banchieri, negozianti e amici per fare incetta d’ogni tipo di monete italiane.
Per fare ciò, tuttavia, ovvero per questa sua smania di raccogliere ed accumulare più che poteva quei costosi materiali per la sua opera (come capita frequentemente ai numismatici, ai bibliofili, insomma a tanti collezionisti), “andò incontro a spese per lui enormi”, e superiori ai mezzi dei quali poteva disporre. A tutto ciò si aggiungeva l’avarizia di speculatori ignoranti e disonesti che accrescevano ancor di più le spese del nostro Viani in quanto gli vendevano alcune monete, anche se rarissime, a prezzi esorbitanti.
Cosicché “il povero Viani” – così lo definisce Luppi – ne sentiva disagio, e più di una volta lo ridussero in tali angustie economiche da provocare sdegno e compassione nei suoi veri amici e in tutti gli onesti che l’aiutavano nella sua impresa avendone intuito il valore.
Medaglia coniata in rame argentato, nel 1791, con ritratto del numismatico Guido Antonio Zanetti (Bazzano 1741 – Bologna 1791)
Ma il nostro doveva anche affrontare rilevanti problemi fisici per proseguire nella sua missione. Per dire, nell’esame delle sue monete, quei piccoli monumenti della passata grandezza italiana, era così scrupoloso ed esatto che era solito rispondere a chi rimaneva sorpreso di ciò, che egli “sebbene avesse perduto un occhio, con quell’altro che gli rimaneva, ci vedeva meglio di quelli che li avevano tutti e due”.
Nello studio che faceva delle monete, nulla sfuggiva al suo attento esame ed al suo acume: il peso, il valore intrinseco, quello di tariffa, la lega, l’aggio, la bellezza del conio, nulla lasciava inosservato, riproducendone poi col disegno le impronte con rara fedeltà e gusto artistico. Ovvio pertanto che la sua perizia in questo campo di studi si diffondesse in tutta l’Italia ed acquistasse sempre più credito ed autorità. Infatti i vari governi d’Italia e i ministri delle finanze ma anche i direttori di zecche e grandi negozianti si rivolgevano proprio a lui per consultarlo nelle più ardue questione monetarie.
Giorgio Viani in pochi anni aveva acquistato, grazie al complesso di informazioni e nozioni di cui era in possesso, tanta pratica nella materia che nessuno avrebbe avuto da poter ridire sulle sue illustrazioni storiche e scientifiche in ordine al complicato intrecciarsi di tanti sistemi che si possono riscontrano in un millennio e più di storia monetale delle varie città italiane.
Due delle belle tavolte che impreziosiscono le Memorie della famiglia Cybo e delle Monete di Massa di Lunigiana di Giorgio Viani, edito a Pisa nel 1808
Nel 1808 fu stampato a Pisa, con quattordici tavole incise, il primo volume dal titolo Memorie della famiglia Cybo e delle Monete di Massa di Lunigiana. Lavoro dedicato alla sorella di Napoleone, Elisa, principessa di Lucca e Piombino, sua protettrice e che gli aveva agevolato l’ingresso negli archivi segreti di Lucca e della Toscana. Insomma era giunto chi avrebbe continuato l’opera immortale di Guid’Antonio Zanetti.
Questa opera del Viani fu ammirata per la molta erudizione, per la diligenza nelle incisioni delle impronte delle monete, e medaglie. In ordine a questo lavoro, il barone Giuseppe Verazza di Freney, sommo letterato ed ottimo “giudice in tali materie”, ebbe a scrivere al Viani il 10 ottobre 1811: “Ho voluto leggere ogni cosa prima di scriverle i miei ringraziamenti. Essi ora vengono accompagnati dalle congratulazioni che le offro per la eccellenza deal sua Opera”; quindi aggiunge: “Ho pensato sempre che, dopo lo Spanhemio, e vie più dopo il mio amico Eckel, lo studio delle monete antiche è studio di imitatori. All’incontro io penso che dopo le Dissertazioni raccolte dall’Argelati e dal Zannetti, e dopo le Opere insigni del Carli, rimane molto studio originale da farsi intorno alle Monete Italiche dei bassi tempi. VS. Illustrissima ha meritamente occupato fra i Dotti Monetografi un posto eminente; ed io per l’onore della Italia desidero ch’Ella continui a nobilitarla con sue nuove osservazioni, certissimo di non errare nell’augurio che a Lei faccio di gloria somma e perenne”.
A questo volume doveva seguire un altro lavoro contenente diplomi preziosi e documenti rari, fino ad allora sconosciuti, tuttavia, con grave danno per la numismatica, rimase inedito a causa della morte inaspettata del nostro Viani. Il lavoro era intitolato Appendice ai Diplomi e Monumenti citati nelle memorie della Famiglia Cybo e delle Monete di Massa di Lunigiana.
Alberico I Cybo Malaspina: una magnifica moneta da due doppie in oro del 1588
Ma mentre il Viani si dedicava alle pazienti aggiunte dell’opera dello Zanetti, pubblicava altri scritti minori, tra i quali, la monografia della Zecca e Monete di Pistoja stesa per richiesta del Ciampi, e da questo inserita nel suo volume pubblicato a Firenze nel 1800. Nel 1813 uscì a Pisa (e poi nel 1817) un volumetto con questa monografia unitamente ad una lettera di Giorgio Viani e una Memoria sullo stesso argomento del dottor Borghini.
Tale scritto fu variamente discusso tanto che fu seguito da un lavoro dal titolo Lettera di Ludovico Costa al Sig. Giorgio Viani intorno alla Zecca ed alle monete di Pistoja stampato a Torino nel 1814. Il Viani fu pure incaricato dall’Accademia di Lucca, che raccoglieva tutte le memorie contenenti la storia generale di quella città e dei suoi domini, di illustrare la zecca della città. A tale lavoro il nostro si dedicò con sommo ardore consacrandogli i suoi più bei anni della vita. Si dette cura infatti di raccogliere monete, documenti e notizie. Sventuratamente queste ultime, alla morte del nostro, andarono disperse – peraltro comespesso capita – e in gran parte irreparabilmente smarrite.
Il Viani era giunto a 54 anni della sua “vita mortale” quando fu sorpreso da violenta malattia. Lottò invano contro la morte, e sentendosi mancare di ora in ora, chiese ed ottenne “i religiosi conforti”. Fece testamento e con un ultimo sforzo scese dal letto ed aperta la scrivania, rimandò dei fogli ad alcuni amici, scrivendo in quelli “con mano moribonda: Giorgio Viani saluta, restituisce e muore”. Quindi, rimessosi a letto, la notte de l2 dicembre 1816 esalò l’ultimo respiro.
Antica mappa a stampa della regione della Lunigiana, uno degli ambiti degli studi storici e numismatici portati avanti da Giorgio Viani
Grandissimo fu il dolore e lo sconforto dei suoi amici ed ammiratori quando giunse loro la notizia delle sua dipartita. Viani dispose per testamento che il suo “museo personale” fosse venduto: lasciò i suoi scritti all’amico Ranieri Zucchelli, il suo carteggio letterario e numismatico all’altro suo amico Sebastiano Ciampi.
Trovò sepoltura nella Chiesa di San Frediano di Pisa. Fu socio dell’Accademia Colombaria di Firenze, dell’Etrusca di Cortona e della Scientifico-Letteraria delle Alpi Apuane. Socio corrispondente dell’Ateneo italiano, dell’Accademia Napoleone di Lucca, della Società Pistoiese di Scienze, lettere ed arti. Pastore Arcade di Roma, della Colonia Ligustica e della Colonia Alfea; vicepresidente della Deputazione sulla conservazione dei monumenti di Scienze e di Arti del Dipartimento del Mediterraneo.
Vediamo come scrive allora prendendo in esame la scheda da lui compilata in ordine ad una moneta della Repubblica di Pisa, con sul dritto aquila coronata sopra mezza nave e sotto leone rampante; sul rovescio Madonna sedente col Divin figliolo in braccio e campana: “Questa preziosa moneta di argento, ignota ai Monetografi, e forse unica fino al presente […] Fu trovata la presente moneta sotterra in un campo contiguo alle mura di Pisa nel 1809, e si acquistò dal Signore Tommaso da Paule o Palude, di detta Città, il quale si pregia di essere della medesima chiarissima stirpe del nominato Buonaccorso”.
Infatti la legenda della moneta riportava: BONAC DE PALVDE PIS POT sul dritto e sul rovescio PI – SE, fatalità! Da ultimo non possiamo non inserire le prime righe del suo più famoso lavoro sulle monete di Massa di Lunigiana: “Avendo osservato che gli scrittori della scienza numismatica poco, o nulla aveano detto intono alle monete della zecca di Massa di Lunigiana, e riflettendo che queste potevano aver luogo tra quelle dei Sovrani della Toscana, di Urbino, di Parma, e di vari altri Signori d’Italia, già pubblicate e illustrate dalle penne erudite d’Ignazio Orsini, di Rinaldo Reposati, del Padre Affò, di Vincenzo Bellini ec., mi venne il pensiero di compilarne la storia, preceduta da una particolare notizia dell’insigne famiglia […]”.
Due monete in argento della zecca di Massa di Lunigiana: in alto il paolo del 1567 e in basso i 4 bolognini del 1575. Entrambe sono a nome di Alberico Cybo Malaspina (1559-1623)
A proposito: nell’edizione di questa opera che ho consultato (prima edizione e prima tiratura), si precisa (fide Libreria antiquaria Gozzini) che sulla prima carta di guardia si trova l’invio autografo dell’autore a Bartolomeo Borghesi, notissimo numismatico nato a Savignano Rubicone nel 1781 e morto a San Marino nel 1860. Mi piace incappare in queste curiosità storiche che testimoniano non solo che i numismatici erano in rapporto epistolare tra loro ma anche che erano animati da reciproca stima e riconoscenza ancorché, e se del caso, fossero stati notevolmente più giovani com’era il Borghesi rispetto al nostro.
Ultima cosa in ordine a Giorgio Viani poeta: sentiamo il grande Vittorio Alfieri come rispondeva alla parodia che il nostro gli aveva confezionato con l’opera Socrate: “Io l’aveva ricevuto più di tre mesi fa, dall’autore, credo, da anonimo in somma, e non mi fece altro dolore che di avermi fatto pagare uno zecchino e più di porto. Ne lessi due pagine, una in principio e una in fondo, e vedendo che l’autore era abbastanza punito dell’improba fatica ch ci deve aver durato, e dal poco esito che può avere tale sciocchezza, ho risoluto di punirlo ancor doppiamente con un intero silenzio […] che non è buono affatto come tragedia, e che non può essere mai creduta mia”.
Tuttavia la parodia trovò favore e fu riconosciuta arguta e fine critica al nuovo stile tragico dell’Alfieri, tanto da contribuire forse a migliorare lo stile dell’illustre piemontese “pungendolo vivamente”. Ecco i primi versi del Socrate del nostro Viani che fa parlare nientemeno il filosofo Platone: “Patria! Non patria tu; tal nome in vano / Pretendi tu; di Socrate tu madre / Indegna; a cittadin, che di te padre / Nomar si debbe, e ben membrar lo dei, / Recar onta non temi! E ben più grave / Di morte è onta a Sofo. E’ lieve morte / Onta non già […]”.
Ultima cosa in ordine a Giorgio Viani numismatico: ci sono voluti circa duecento anni, o meglio come disse qualcuno “secoli di silenzio” perché altro autore, dopo Giorgio Viani (anno 1808), si dedicasse compiutamente allo studio delle monete di Massa di Lunigiana (a parte il volume XI del Corpus Nummorum Italicorum, siamo nel 1929): stiamo parlando del lavoro di Lorenzo Bellesia uscito nel 2009, a maggior riprova – se ve ne fosse stato ancora bisogno – dell’acume del nostro.
Insomma Giorgio Viani, che con questo articolo abbiamo voluto ricordare, fu non solo un campione nel campo numismatico ma anche un letterato sopraffino che non aveva alcun timore di sfidare in duello i grandissimi poeti italiani utilizzando l’ironia ed il sarcasmo letterari, caratteristiche queste frequentemente comuni alle menti eccelse!