di Antonio Castellani | Appartiene alla monetazione di Francesco I d’Este VIII duca di Modena, 1629-1658, una rara e bella tipologia di quadruple al peso di circa 13,10 grammi e dal diametro medio di 33-34 millimetri. Monete con o senza data e con o senza sigle identificative degli zecchieri, ma tutte accomunate da una iconografia sacra particolarmente cara sia al duca che ai Modenesi: la Madonna della Ghiara.
Al dritto il ritratto corazzato del duca con i suoi titoli, al rovescio la legenda AVERTISTI IRAM INDIGNACIONI con la Beata Vergine in atto di adorare il Bambino radiato. Il motto può presentarsi sotto molte varianti, il cui significato è tuttavia il medesimo: “Hai allontanato l’ira del [suo] sdegno”, cioè del Signore. Una citazione biblica presa dai Salmi (84, 4) dove si legge “Avertisti ab ira indignationis tuae” (“Ti sei distolto dall’ira del tuo sdegno”).
“L’immagine della Madonna della Ghiara – come ci ricorda Mario Traina -, dipinta in origine sul muro che delimitava l’orto del convento dei frati serviti, si conserva nella Basilica a lei dedicata a Reggio Emilia, costruita tra il 1597 e il 1610. Il nome ‘ghiara’ o ‘giarra’ o ‘giara’, deriva dalla ghiaia del torrente Crostolo lungo il cui corso, poi abbandonato, sulla omonima strada, venne costruito nel 1313 il convento a cui si aggiunse poi una chiesa. L’immagine era particolarmente cara al duca che le attribuiva il miracolo di averlo salvato dalla peste nel
1630 (Francesco si rifugiò a Reggio, meno colpita di Modena). Sempre alla Madonna venne attribuita nel 1648 la fine di una grave carestia e nel 1655 la salvezza dall’assedio delle truppe spagnole”.
L’opera d’arte | L’immagine, dipinta da Giovanni Bianchi detto il Bertone nel 1573, raffigura Maria in preghiera e adorazione del proprio figlio Gesù, da cui il motto. Entrambi sono seduti su di una grande roccia da cui spuntano germogli. Sul lato sinistro verso il basso un tronco d’albero tagliato con radici. Sul lato destro verso il basso un piccolo albero piegato e con le radici ormai divelte e più sotto un germoglio di pianta che nasce da un terreno arido.
L’immagine è tratta da un disegno del pittore novella rese Lelio Orsi del XVI secolo. A prima vista essa sembra essere una delle tante raffigurazioni che rappresentano l’adorazione del Bambino Gesù da parte di Maria, tematica trattata soprattutto a partire dal XV secolo. In realtà essa contiene un articolato signifi cato religioso ulteriore e particolare.
Il compito dei pittori, sin dall’epoca più antica del Cristianesimo, è stato in primo luogo quello di rappresentare figure sacre che esprimessero la correttezza del messaggio evangelico, confutando altresì le eresie, con particolare riguardo a quelle che negavano la doppia natura del Cristo (umana e divina). In un parola, su questo punto, dovevano essere dogmaticamente corrette.
Come tanti altri artisti, anche il Bertone non si sottrae a questo impegno e lo assolve ad iniziare dalla rappresentazione della persona di Gesù. Lo raffigura con le due dita alzate della mano destra, segno della doppia natura del Cristo: vero Dio e vero uomo e, a conferma di questa simbologia, lo presenta bimbo e del tutto nudo. E’ l’affermazione visiva della natura umana del Salvatore (tutti gli uomini sono stati bimbi prima di essere adulti perché generati e con le caratteristiche che compaiono ben visibili dalla sua nudità). Per indicare la natura divina lo pone seduto su di una grande roccia, simbolo della tomba in cui verrà sepolto dopo la sua morte, ma pone, tra il bimbo e la roccia, un telo bianco in parte avvolto. E’ il simbolo della Resurrezione, poiché questo le pie donne e gli apostoli troveranno nella tomba vuota. La vittoria infatti sulla morte (simboleggiata dalla roccia) mediante la resurrezione (telo), poteva essere operata solo da chi era anche vero Dio.
E proprio su questo punto il Bertone incentra anche la figura di Maria, presentata come corredentrice. Anch’essa è seduta, alla pari di Gesù, sulla roccia che raffigura la morte, perché ha contribuito a vincerla con il suo sì al disegno di Dio, pronunciato nell’Annunciazione. E in tal modo viene raffigurata con indosso l’abito rosso, simbolo e conferma dell’umanità del Figlio, generato da lei che è vera creatura umana, ma ammantata di azzurro da capo a piedi, simbolo della divinità, perché, accogliendo il Cristo nel suo seno (vero Dio), da Lui essa viene elevata a creatura divina e quindi associata alla redenzione. Infine, il velo bianco trasparente posto sul capo, segno del privilegio divino concesso a Maria della sua Immacolata Concezione (colore bianco), assieme a quello del suo stato verginale (trasparenza).
A differenza del disegno di Lelio Orsi il Bertone introduce elementi vegetali che sembrano, ad una lettura superficiale, semplici abbellimenti, ma che in realtà sono simbologie bibliche. In basso a sinistra figura un tronco con le radici in evidenza, richiamo del famoso passo del cap. 11 del profeta Isaia: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto nascerà dalle sue radici”, simbolo al contempo della genealogia di Gesù (figlio di Davide) e della promessa di Dio, annunciata lungo la storia di Israele. L’avverarsi di tale promessa è poi raffigurata non solo tramite Gesù, posto più in alto rispetto al tronco, ma anche con i virgulti sopra la figura di Gesù e alle spalle di Maria, in quanto anch’essa primo e nuovo virgulto dell’umanità redenta.
In posizione più defilata, sotto a destra, vengono simboleggiate le conseguenze dell’avverarsi delle promesse. Con il tronco ormai sradicato posto più in alto è rappresentata la fine dell’antica condizione umana, afflitta dal peccato e dalla morte. La vittoria infatti della grazia su di loro è arrivata attraverso Cristo ed i germogli posti più sotto, uscenti da un terreno arido, simboleggiano l’inizio della nuova umanità che nasce da questa la vittoria. Si tratta di tematiche che richiamano un altro famoso passo del profeta Isaia (cap. 35): “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; si canti con gioia e con giubilo […]. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio”.
Le monete | Abbiamo fatto cenno in apertura alle rare quadruple al tipo della Madonna della Ghiara, tuttavia sono anche altri i tipi monetali sui quali appare la miracolosa e venerata immagine. Modena: 8 scudi d’oro, 4 scudi d’oro 1° e 2° tipo (mancano nel CNI i 4 scudi 1° tipo datati 1632 e 1634 con sigla IT ed i 4 scudi 2° tipo, vedi Ravegnani Morosini 1984, I, p. 213 n. 16 e p. 214, n. 16a e Varesi 1998, p. 159, nn. 734/1-734/2-734/3), doppia o 2 scudi d’oro (3 tipi variati), 2 lire (3 tipi variati), lira.
Scudi d’oro: la Madonna detta della Ghiara, seduta, in adorazione del Bimbo, all’esergo la data, al D/ busto a destra con colletto alla spagnola e sotto IT (8 scudi), senza data all’esergo, al D/ busto senza colletto alla spagnola (4 scudi 1° tipo, esemplari variati per la mancanza della data e per le sigle GFM o IT, per la data e la sigla IT), Madonna in adorazione del Bimbo, all’esergo data o IT, al D/ busto a destra con colletto alla spagnola (4 scudi 2° tipo, esemplari variati per l’assenza della data o la sigla IT al D/ sotto il busto), Madonna in adorazione del Bimbo, all’esergo data, al D/ busto corazzato con colletto alla spagnola volto a destra e sotto IT (2 scudi 1° tipo), sigle IT o GFM al R/, busto senza colletto alla spagnola volto a destra e senza data al D/ (2 scudi 2° tipo, esemplari variati per la presenza al R/ di due alberetti o una pianta di fiori), Madonna in adorazione del Bimbo con pianta di fiori tra le due figure, al D/ busto corazzato (2 scudi 3° tipo).
Lire in argento: Madonna in atto di adorazione del Bimbo, al D/ busto corazzato a destra con colletto alla spagnola (2 lire 1° tipo, esemplari variati per la data sotto il busto, per la mancanza della data, per la data e la sigla IT), al D/ busto a destra senza colletto alla spagnola, senza data e senza sigla (2 lire 2° tipo), sotto il busto sigla GFM (2 lire 3° tipo), Madonna in adorazione del Bimbo, al D/ busto corazzato a destra e sotto sigla IT, BS o GFM, senza data (lira). Le sigle indicano gli zecchieri: IT Joseffo Teseo, GFM Gian Francesco Manfredi, BS Bartolomeo Simonis.
Su queste lire la Madonna della Ghiara è circondata dalla legenda QVEM GENVIT ADORAVIT (“Adorò colui che generò”). Nel dettaglio, troviamo la Madonna seduta in adorazione del Bimbo, al D/ busto a destra con colletto alla spagnola e sotto data o senza colletto alla spagnola e sotto ET (due lire), al D/ busto a sinistra senza colletto alla spagnola e sotto ET (lira). L’esemplare indicato dal CNI al n. 119 con il peso di g. 8,50 dovrebbe essere un pezzo da 2 lire. La sigla ET indica lo zecchiere Elia Teseo. Anche Francesco III d’Este, duca XII, a Modena coniò infine una lira simile nel periodo tra il 1737 e il 1780.