La “Rivolta del Sale” di Perugia, una delle infinite circostanze in cui, nella storia di piccole e grandi città italiane, si assiste a scontri, talvolta violentissimi, originati dal desiderio di riconquistare antiche libertà e sovvertire così una realtà fatta di esplicito o velato asservimento ad un’autorità come l’Impero o il Papato.
Questo è stato, a lungo, anche il caso di Perugia che, tra XV e XVI secolo, visse momenti di grande tensione con le autorità pontificie sfociati in quella che è passata alla storia come la cosiddetta “Rivolta del sale”. In virtù di un trattato concluso con Eugenio IV il15 settembre 1431, infatti, Perugia poteva comperare il sale dove e da chi volesse.
I Perugini ne acquistarono allora dai Senesi, con i quali la città era legata da floridi scambi commerciali e in seguito, per lungo tempo, dallo stesso papa; invece che mantenersi della medesima bontà e bianchezza, tuttavia, il sale fornito dai monopoli pontifici divenne presto “nero e cattivo”, stando alle impietose cronache dell’epoca.
Magnifico e di estrema rarità lo scudo d’oro coniato a nome di papa Paolo III dalla zecca di Perugia: al dritto l’arma papale, al rovescio il crifone cittadino su croce e lo stemma del legato
Per un trattato del 1424 concluso con Martino V, inoltre, la città godeva dell’esenzione da ogni tassa che non fosse in vigore già al tempo di Bonifacio IX; questi trattati, confermati da tutti i papi successivi, vennero da ultimo ratificati anche da Paolo III Farnese nel primo anno del suo pontificato.
Il 21 gennaio 1540, tuttavia, giunse una bolla con cui si intimava ai Perugini l’accettazione di una nuova tassa sul sale sotto pena di interdetto, confisca dei beni, privazione dei privilegi e del contado alla quale venne fatta, inizialmente, “grata accoglienza e lieta cera” rassicurando il papa sull’obbedienza della città.
Ma la realtà si rivelò presto diversa; a Perugia, infatti, “non si ruminavano più che pensieri di guerra”. Riportano le cronache che “le botteghe erano chiuse, sospesi i traffici ed i commerci; da tutte parti si apprestavano armi, e in molte famiglie più non valevano a ricomporre gli animi esaltati né ammonizioni di madri, né preghiere di spose, né vezzi e baci d’innocenti creature”.
Uno dei rari quattrini in mistura coniati a Perugia durante la “Rivolta del Sale” nel 1540: al rovescio il patrono sant’Ercolano, al dritto il nome della città indicata come CIVITAS CRISTI
Non si procedeva tuttavia, per il momento, ad un’aperta ribellione ma venne formato un Consiglio dei Venticinque destinato a trattare col legato e con mandato espresso di non accettare nessuna imposizione. Non era, in realtà, la tassa sul sale il solo motivo della resistenza dei Perugini. In essa, infatti, i cittadini videro un pretesto per cercare di conservare autonomia nell’elezione dei magistrati e l’osservanza degli antichi statuti, embrione di quelle libertà già da tempo messe in discussione.
Il 5 aprile 1540 venne collocato, sopra la porta del Duomo che guarda verso l’attuale Corso Vannucci, un crocifisso davanti al quale, per tre giorni, si snodò una lunga processione di confraternite insieme coi priori e col popolo, ma con l’assenza dei religiosi.
Il 16 maggio, al tramonto, giunse all’improvviso a Perugia, “con grande scalpitio di cavalli”, il condottiero Rodolfo Baglioni e a molti parve d’avere in pugno la vittoria e d’aver ricuperato i primitivi diritti: “I berretti andavano all’aria, tutte le mani plaudenti si protendevano in alto e fra le grida della folla toccheggiava in fretta, e pareva venir meno, il cupo suono della campana maggiore”.
Il dritto di un altro esemplare di quattrino perugino del 1540 coniato in autonomia, anzi per ribellione contro l’autorità di papa Farnese
Tuttavia, l’illusione di libertà venne meno ben presto: il 5 giugno, infatti, fece il suo ingresso in città niente meno che Pier Luigi Farnese, figlio primogenito di Paolo III, con 1500 fanti e 300 cavalieri che si sparsero per la città mandando grida selvagge.
Tra i capitani spiccava “una figura torva, che parea non dare ascolto al favellìo degli altri e girando, intorno irrequieto lo sguardo, pareva accogliere in mente un deforme pensiero che lo tormentasse”. Era costui il tifernate Alessandro Vitelli il quale, non sopportando che Perugia avesse un castigo che a lui pareva troppo lieve, concordò con alcuni ufficiali che nella notte si levassero grida sediziose per fornire un pretesto al saccheggio della città.
Il rovescio con la figura benedicente di sant’Ercolano, patrono di Perugia e vescovo della città fino alla sua morte, avvenuta a metà del VI secolo
Fu così che “dopo un dominio temperato e benigno di 237 anni, quei priori, che non erano usciti mai se non in corpo dal loro palazzo, che aveano tante volte partecipato a glorie italiane nonché perugine, che erano sopravvissuti nella lor forma rudimentale a tante prepotenti invasioni, quei priori, nel 5 giugno 1540, senza saluto di popolo, né congedo di amici, tornarono inosservati e soletti alle case loro come dieci fanciulli licenziati da scuola. Fu quella veramente la ultima ora della inferma libertà perugina”.
Durante la “Rivolta del sale” Perugia, che si era proclamata “Civitas Cristi”, coniò quattrini in bassa mistura con l’effigie del patrono sant’Ercolano (di impianto assai simile ad un tipo eugubino coniato per la prima volta da Guidubaldo I da Montefeltro) divenuti presto l’emblema dell’effimera rivolta contro papa Farnese, ultimo tentativo di riconquistare quell’autonomia comunale già perduta, di fatto, da tanto tempo.
La solenne medaglia in fusione di bronzo (mm 60 circa) voluta dopo il 1540 da papa Paolo III per celebrare la completa sottomissione dei Perugini
Dal diametro variabile tra i 15,0 e i 18,5 millimetri, pesanti mediamente 0,72 grammi, questi interessanti quattrini della “Rivolta del Sale” sono molto rari e sono stati classificati in tutte le loro varianti note da Angelo Finetti in La zecca e le monete di Perugia (Perugia 1997) ai nn. 208-213.
Al dritto dei quattrini della Guerra del Sale perugini è raffigurata una croce patente dalle estremità foglite, con il riferimento a PERUSIA AUGUSTA CIVITAS CRISTI (variamente abbreviato), mentre al rovescio vi è la figura intera del santo con S HERCULANUS. Sono monete rare, piccole preziose testimonianze storiche di un ultimo sussulto dell’orgoglio di un’antica e nobile città.