I Turcomanni, o Turkmeni sono delle popolazioni di origine e lingua turcica; alcune stime ritengono che siano quasi 10 milioni le persone connesse a questo ceppo. Il turkmeno (turkmençe) è una lingua sorella del turco di Turchia e dell’azeri. Tutte e tre le lingue, molto simili tra loro, appartengono al ramo oghuz delle lingue turciche Dall’Anatolia al Turkistan orientale, lo Xinjiang cinese, passando per la Siria, l’Iraq, l’Azerbaijan, il Caucaso, la Crimea, l’Iran, il Turkmenistan, l’Uzbekistan, il Tagikistan, il Kirghizistan, il Kazakistan e l’Afghanistan, i Turcomanni costituiscono una comunità transnazionale, che si estende dal Mediterraneo ai deserti mongoli.
In origine nomadi, si spostarono dall’Asia Centrale verso il Medio Oriente, il Caucaso e l’Europa Orientale, soprattutto nei secoli VIII-IX. Tradizionalmente mercanti, si erano distribuiti per tutta la cosiddetta “Via della seta”.
Nella quasi totalità fecero proprie diverse interpretazioni dell’Islam, sviluppando però culture e tradizioni distinte. I Turkmeni si concentrano oggi nelle zone montagnose della Latakia (Siria), vicino al confine turco oltre che ad Aleppo, Idlib, Homs, Tartus e nella regione di Damasco. Attualmente, nel conflitto che affligge la Siria sono in antagonismo verso il governo ufficiale di Assad.
Le monete dei Turcomanni
Una parte di queste popolazioni, stanziate in alcune regioni della attuale Turchia, Iraq e Siria sono state artefici della produzione di un’ampia ed eccezionale serie monetaria realizzata tra il XII ed il XIII secolo. Le monete dei Turcomanni sono quasi tutte in bronzo, ed il loro modulo ampio. Questo aspetto ci fa pensare ad un’economia non particolarmente sviluppata, legata all’origine degli Ortocidi e degli Atabechi che praticavano il nomadismo e la sede del loro governo non era fissa. Inoltre, una moneta aurea emessa dall’autorità turcomanna, non avrebbe avuto molte chance di essere accettata nei mercati mediterranei in quanto le monete forti erano, in quel periodo, i solidi bizantini e i dinar d’oro arabi.
I tipi in bronzo, recano generalmente delle raffigurazioni su una delle due facce e sull’altra delle epigrafi, con i lunghi nomi ed i titoli degli emiri (cfr. Michiner M., “Oriental Coins and their values: the World of Islam”, Hawkins Publications, London 1977). Infatti, a seguito di importanti meriti militari, conseguiti alle dipendenze del sultano Alp Arslan, e approfittando di un periodo di incertezze, attraversato dal sultanato selgiuchide, Amir Artuq e i suoi discendenti si resero autonomamente, con arroganza ed orgoglio, emiri e governanti dei territori che controllavano.
Inutile, il tentativo del sultano Malik Shah, di riprenderne il controllo. Assieme a quello di governare, si arrogarono anche il diritto di battere moneta, di norma diritto del sultano (cfr. Edhem I. Ghalib, “Catalogue des monnaies turcomanes du Musée Impérial Ottoman”, 1894). In aggiunta, le emissioni, non rispettavano i canoni della monetazione araba, che prevedeva l’esclusivo impiego di legende in funzione decorativa, al posto delle immagini.
Per più di mezzo secolo le popolazioni musulmane presero a modello monete bizantine e sasanidi per le loro coniazioni, ma sotto il regno di Abd al-Malik ibn Marwan vi fu una svolta e vennero emesse le prime monete tipicamente arabe. I nominali coniati erano il dirhem d’argento (nome derivante dalle dracme greche) e il dinar d’oro (da “denarius aureus”).
I primi tipi di queste monete, senza riferimenti ai tipi bizantini e sasanidi sono del 695 d.C. ed avevano al dritto la figura del califfo stante e tutto attorno una legenda in caratteri cufici (cfr. Hennequin G., “Catalogue des monnaies musulmanes de la Bibliothèque Nationale”, Paris 1985).
Pochi anni dopo la sua riforma, inforno al 700, Abd al-Malik ordinò che tutte le monete fossero solo epigrafiche e prive perciò di immagini, e che riportassero esclusivamente il solo tawhīd (attestazione di fede in Dio e nella missione profetica di Maometto), il nome del califfo, l’anno dell’Egira in cui la moneta era stata coniata ed a volte anche il nome della città in cui la moneta era stata battuta (cfr. Hennequin G., “Catalogue des monnaies musulmanes de la Bibliothèque Nationale”, Paris 1985).
La monetazione dei Turcomanni si differenzia completamente da tutte le emissioni arabe e islamiche proprio per la presenza di questa eccezionale varietà di immagini. Nel 1876 lo studioso Lane Poole notò che la calligrafia usata sulle monete turcomanne con figure era di due differenti stili, cufico e naskhi (uno stile calligrafico di scrittura per l’alfabeto arabo), con una forma di transizione che faceva da ponte alle due (cfr. Lane Poole S., “The coins of the Turkman houses of Seljook, Urtuk, Zengee, etc. in the British Museum”, London 1878).
Come ben sappiamo, il termine “ecumenico”, dal greco, sta ad indicare un concetto “universale”, riferito soprattutto alla religione. Ma perché la monetazione dei Turcomanni può definirsi “ecumenica”? Vediamo di capire insieme quale significato possiamo attribuire a tale aggettivo riferito a queste monete.
Il valore delle immagini
I governanti turcomanni erano a capo di un popolo in cerca di assestamento territoriale, ed era in uno stato precario di costante guerra e di instabilità. Una volta consolidate le loro dinastie in nuovi e talvolta ostili territori, questi sovrani, consapevoli della necessità di costruire almeno una facciata di legittimità per governare le popolazioni indigene, affidarono buona parte di questo compito alle monete.
Nel mondo antico le monete erano un mezzo di propaganda, in un certo senso una sorta di quotidiano dei giorni nostri. L’uso della propaganda divenne addirittura anche molto più sofisticato per i Turcomanni; lo scopo principale era, come detto, quello di dare una legittimità alla dinastia, attraverso l’uso delle più svariate immagini con diversi riferimenti sia politico-culturali sia religiosi in un insieme fantasioso e fantastico al contempo.
L’universalità della cultura e dell’arte: astrologia e monete
I principi turcomanni rispettavano la cultura occidentale, e allo stesso modo ne apprezzavano ed ammiravano l’arte. Sappiamo che gli imperatori bizantini frequentemente inviavano opere, tra cui mosaici, ai governanti islamici.
Il fatto che il giudaismo, il cristianesimo e l’islam, avessero un comune antenato, Abramo, ha permesso ai Turcomanni interpretazioni liberali, come l’accettazione di certi principi e di alcuni aspetti iconografici delle tre religioni. Gli artisti impiegati per la realizzazione dei conii si servirono anche di immagini e motivi cristiani, interpretandoli e adattandoli alla loro cultura, dando loro un valore universale.
La Vergine ed i Santi sono spesso raffigurati con turbanti; le caratteristiche facciali sono spesso orientali, le vesti dei Santi e della Sacra famiglia sono spesso raffigurati secondo il manierismo mussulmano. Attraverso il confronto tra le immagini delle monete turcomanne con i loro prototipi è possibile evincere che coloro che crearono queste immagini erano intellettualmente e artisticamente avanzati e che possedevano un’attenta coscienza storica.
Già i numismatici del XIX secolo riconobbero che alcuni tipi sono modellati su antiche monete che vennero usate come prototipo, tanto da far ritenere che le monete antiche fossero collezionate ed usate come fonte di immagini (cfr. Lane Poole S., “The coins of the Turkman houses of Seljook, Urtuk, Zengee, etc. in the British Museum”, London 1878).
Alcuni dei tipi dei conii turcomanni combinano elementi tratti da monete antiche con l’aggiunta di iconografia contemporanea. Altri ancora, rendono scene coeve in maniera classicheggiante, che fa sì che sia lo spettatore a collegare mentalmente l’immagine di un prototipo ai noti classici numismatici.
Tutte queste diverse e apparentemente scollegate immagini, trovano un senso all’interno di una sfera astrologica. In effetti, molte delle raffigurazioni “classiche” possono essere considerate rappresentazioni o personificazioni astrologiche. Dopotutto, quella turcomanna era una cultura impregnata di astrologia, legata alle più antiche origini. La comprensione della tipologia è quindi resa complessa anche dai riferimenti alle credenze religiose del loro popolo e di quelli delle altre popolazioni presenti nei territori da loro conquistati.
I tipi monetali turcomanni: alcuni esempi
Le prime regolari emissioni turcomanne si servirono di modelli bizantini, dato che fino a quel momento le popolazioni locali ne avevano viste poche altre, ma soprattutto per assicurarsi che le monete venissero accettate. Questa transizione anche se non del tutto coerente nella sua progressione, sembra riflettere una crescente fiducia, la consapevolezza di sé e il senso di identità tra le successive generazioni di capi turchi.
Seguono alcuni esempi di monete turcomanne confrontate con i tipi da cui hanno tratto ispirazione, ad iniziare dalle tipologie derivate dalla tradizione iconografica bizantina.
Il Cristo Pantocratore
L’uso di figure cristiane su questa e su altre monete turcomanne fu una pratica comune a molte dinastie, come gli Artucidi di Mardin, i Zengidi di Aleppo, ecc… Tradizionalmente i numismatici hanno cercato di giustificare le immagini cristiane su monete islamiche come un mezzo per facilitare gli scambi.
Vogliamo suggerire che l’intenzionale rappresentazione del Pantocratore non era necessariamente un anatema per i principi turcomanni. L’area era infatti popolata da cristiani giacobiti e nestoriani di cui un certo numero erano turcomanni. Il dritto di questa moneta è molto simile ai tipi di bronzi bizantini anonimi.
Il segno zodiacale dei Gemelli
La derivazione da un tipo bizantino è comprensibile, ma è una semplificazione. Ci sono monete bizantine con i busti di regnanti resi in maniera simile a questo tipo. La tendenza di assomigliare ai tipi di Costantinopoli è incoraggiata dai primi esempi delle serie turcomanne che sono chiaramente imitative di monete bizantine circolanti; è poi probabile che le monete bizantine costituissero una larga porzione di monete coeve circolanti a Mardin.
Il caso dell’influenza astrologica nel disegno di queste monete è chiaramente suggerito da rappresentazioni simili nella contemporanea arte islamica e dovremmo pensare, durante questo periodo, ad un possibile significato astrologico come primaria attribuzione.
Sembrerebbe infatti che queste due teste siano una semplice rappresentazione dei Gemelli. La donna al rovescio allude al segno della Vergine ed è una reminiscenza di alcune teste di Gorgone presenti nella monetazione antica.
Nella mitologia classica la Gorgone o Medusa non era soltanto la creatura mostruosa che distruggeva gli spettatori, ma anche la donna bella e incinta. Il pianeta Mercurio ha il suo domicilio nei Gemelli nella notte mentre nella Vergine ha il domicilio diurno. Le figure su questa moneta sembrerebbero riferirsi a queste sofisticate caratteristiche astrologiche.
Il Sole e Mercurio
Lane Poole nel 1875 con tutti i successivi studiosi aveva identificato il motivo del dritto di questa moneta come ripreso da una moneta dell’imperatore bizantino Eraclio con il figlio Eraclio Costantino (cfr. Lane Poole S., “The coins of the Turkman houses of Seljook, Urtuk, Zengee, etc. in the British Museum”, London 1878).
Pur condividendo il fatto che questa immagine derivi probabilmente da questo tipo, vorremmo aggiungere che la moneta Artucide non è una vera e propria copia della moneta; come per altri esempi dell’arte turcomanna, la trasformazione parte da una tipologia esistente per giungere al concetto desiderato. Infatti la resa di queste due figure, padre e figlio, riporta un significato simbolico, come del resto per altre monete.
Una caratteristica particolare della resa è che sebbene i soggetti siano vestiti alla maniera bizantina, gli specifici dettagli sono dissimili. Nelle corone imperiali mancano le croci; alcuni hanno giustificato la loro mancanza per motivi religiosi, ma come vedremo non è proprio così. Al posto delle corone, la figura grande viene ritratta con capelli scapigliati ed entrambi i ritratti presentano caratteri orientali. Questa raffigurazione è parte dei motivi astrologici che hanno caratterizzato la monetazione degli Artucidi.
L’immagine dei ritratti frontali si riferisce agli astri (cfr. W, F. Spengler, W. G. Sayles, “Turkoman Figural Bronze Coins and their iconography”, Lodi, Wisconsin 1992, vol. 1): il grande busto sarebbe la raffigurazione del Sole, mentre il ritratto piccolo si riferisce a Mercurio con piccole protuberanze, le ali, così come raffigurato nell’arte classica. Questo motivo rappresentante il Sole e Mercurio fu, probabilmente scelto in riferimento ad uno specifico evento astronomico, forse commemorato dall’emissione di questa moneta.
L’arcangelo Gabriele
La raffigurazione sul dritto di questa moneta è indubbiamente un angelo, probabilmente un angelo “particolare” poiché nimbato. Angeli ordinari appaiono frequentemente nella coeva arte islamica e anche su alcune monete turcomanne, ma raramente nimbati. La convenzione di ritrarre un’ala davanti ed una dietro è molto comune nell’arte bizantina ed occidentale del XII secolo, come nel mosaico della Martorana a Palermo. Quindi, presumibilmente, questa raffigurazione si riferisce a Gabriele (cfr. W, F. Spengler, W. G. Sayles, “Turkoman Figural Bronze Coins and their iconography”, Lodi, Wisconsin 1992, vol. 1), non solamente venerato dai cristiani ma anche dagli ebrei e dai musulmani.
Questo tipo monetale rappresenta quindi un esempio di ecumenismo, in particolare tra le tradizioni cristiana e musulmana; non sappiamo tuttavia se questa raffigurazione sulla moneta artucide abbia una qualche relazione con la tradizione cristiana dell’annunciazione, ma potrebbe, come da alcuni suggerito, indicare l’entrata del nuovo sovrano.
L’imitazione seleucide con allusione astrologica
E’ concorde tra gli studiosi numismatici l’identificazione del dritto di questa moneta con il ritratto del re seleucide Antioco VII. La scelta di questo specifico ritratto non è spiegabile da un punto di vista storico o artistico; va dunque ricercato un parallelo con le altre serie per rivelarci le intenzioni dell’artista.
Anche le monete artucidi di Hisn usano il prototipo seleucide con una connotazione astrologica, ad oggi però sconosciuta. Certo è, come gà suggerito dal Dr. Lutz Ilisch, che questi ritratti di tipo ellenistico sulle emissioni turcomanne siano stati scelti per le importanti relazioni dei personaggi storici con i luoghi governati dai principi turcomanni.
Il tipo costantiniano, una prova di flessibilità
Il tipo è stato identificato come quello ripreso da una moneta di Costantino I, il grande (cfr. W, F. Spengler, W. G. Sayles, “Turkoman Figural Bronze Coins and their iconography”, Lodi, Wisconsin 1992, vol. 1 e Lane Poole S., “The coins of the Turkman houses of Seljook, Urtuk, Zengee, etc. in the British Museum”, London 1878); non è stata utilizzata come base una moneta qualsiasi del primo imperatore cristiano, ma una con significato specifico.
Marciando verso Roma nel 312, con l’intenzione di sconfiggere il rivale co-imperatore Massenzio, Costantino radunò le sue forze a Ponte Milvio e si preparò per la battaglia finale. Lì ebbe un segno dal cielo che gli comunicò che avrebbe vinto sotto l’insegna della cristianità. Adottando il cristogramma sui suoi stendardi, sconfisse Massenzio e consolidò il suo ruolo su tutto l’impero.
Il ritrarre su una moneta turcomanna un Costantino con lo sguardo rivolto verso il cielo potrebbe non avere nessun significato per chi non ha letto lo storico Eusebio o che non conosca le monete antiche.
Al contrario per l’élite della regione che era erudita negli studi classici, questa emissione, con tale immagine, deve essere stato un colpo magnifico. L’artista che ne ha preparato i conii e l’autorità che l’ha emessa hanno dato una grande prova di flessibilità nella creazione delle immagini. I motivi che hanno ispirato il tipo costantiniano, probabilmente, sono gli stessi che hanno motivato questa emissione.
I segni zodiacali dei Gemelli e della Vergine
Alcuni autori hanno riconosciuto i ritratti del dritto di questa moneta come una copia di monete degli imperatori romani ispirati da ritratti seleucidi. L’interpretazione di questa immagine va invece ricercata nella propensione consolidata degli incisori di conii turcomanni nell’impiegare motivi astrologici nella loro monetazione.
Anche in questo caso si sono riconosciuti due ritratti indicanti i Gemelli, Castore e Polluce. Probabilmente l’anno di coniazione di questa moneta, il 1154 (il 549 anno dell’Egira), aveva i Gemelli in ascendente.
Il rovescio di questa moneta è senza dubbio ripreso dal tipo bizantino usato da Romano III, Costantino X ed altri che ritrae l’imperatore coronato dalla Vergine Maria (cfr. Hennequin G., “Catalogue des monnaies musulmanes de la Bibliothèque Nationale”, Paris 1985). Nel prototipo bizantino l’imperatore tiene nella sua mano sinistra il globo crucifero.
Nella copia turcomanna il globo non reca la croce ma alcuni punti. Questi non sono certamente un riflesso della non perizia dell’autore ma una deliberata omissione del simbolo cristiano. Nelle successive emissioni le immagini sulle monete cominciano ad essere molto “turche” o orientali come lo sono state per secoli sino ad oggi, abbandonando ogni diretto riferimento al mondo bizantino o cristiano ed all’uso delle immagini.
La domanda rimane sul perché la Vergine fu posta al rovescio di questa moneta. Se si decise di rimuovere la croce, perché raffigurare comunque la Vergine? Una possibile spiegazione viene anche in questo caso dall’astrologia, dove la costellazione dei Gemelli è collegata a quella della Vergine.
Dunque sembra che, anche su questa moneta siano state rappresentate le due case di Mercurio, il pianeta interessato da entrambe. Questa trasformazione della Vergine Maria nel segno della Vergine ci conferma l’adattamento alla propria cultura dei disegni delle antiche monete da parte dei Turcomanni, anche quando raffiguranti soggetti religiosi cristiani.
Somiglianze con gli imperatori della dinastia Giulio Claudia
Gli studiosi sono concordi nell’affermare che questa testa è l’interpretazione dei ritratti tipici degli imperatori della famiglai Giulio Claudia. Pur predominando le allusioni astrologiche, anche i riferimenti storici rivestivano una notevole importanza.
Non dobbiamo essere sorpresi dal parallelismo tra i ritratti romani e quelli turcomanni. Probabilmente l’incisore dei conii elaborò questi ritratti direttamente dalle monete degli imperatori romani, che furono studiate e conservate per questo scopo. Nel corso di questa emissione, troviamo costantemente piccoli ma importanti indizi che svelano la raffinatezza di questi artisti e ci fanno apprezzare più a fondo la complessità del loro lavoro.
La mancanza di un potere centrale forte, data dalla dissoluzione dell’impero bizantino in quei luoghi, potrebbe aver giustificato l’inserimento nelle coniazioni di riferimenti ad importanti autorità che governavano anche quei luoghi, prima di loro, secoli prima. Di qui, la scelta di raffigurare un membro della dinastia Giulio Claudia, la prima ad aver retto e governato l’impero e quindi anche i luoghi in cui si stabilirono successivamente gli Ortocidi.
L’arcangelo Gabriele con il Corano
In questo caso il trattamento del soggetto in questa moneta è molto simile al suo prototipo, che va ricercato in una moneta romana. La Nike-Vittoria, che i primi artisti cristiano-bizantini adattarono nel loro concetto di angelo, indossa un lungo abito reso dall’artista artucide con grande fedeltà.
Anche le caratteristiche della leggenda sono fedelmente riprodotte. Alcuni autori suggeriscono che il tipo fu probabilmente scelto a causa della sua rassomiglianza con l’angelo islamico e può essere interpretato come Gabriele che porta il Corano (cfr. W, F. Spengler, W. G. Sayles, “Turkoman Figural Bronze Coins and their iconography”, Lodi, Wisconsin 1992, vol. 1). Questa spiegazione è resa più plausibile dalla modifica dello scudo rotondo della moneta romana in una sorta di libro.
La raffigurazione di Atena Pròmachos
L’interpretazione di questa figura come Atena (Pallade) è certa. L’immagine sulla moneta Zengide, coniata nel 601 dell’Egira, fu scelta in occasione di un evento di quell’anno che riguardava una statua della divinità. Nell’anno precedente, 1204, la quarta crociata aveva raggiunto Costantinopoli e la moneta sembra ricordare la statua di Fidia persa nella caduta della città (cfr. W, F. Spengler, W. G. Sayles, “Turkoman Figural Bronze Coins and their iconography”, Lodi, Wisconsin 1992, vol. 2). Come in moltissime immagini sulle coniazioni turcomanne, il tipo ha un prototipo numismatico. Un bronzo coloniale dell’imperatore Alessandro Severo in Cilicia riporta un simile ritratto di Atena Pròmachos, probabilmente ripresa dalla stessa statua di Fidia.
Sull’ecumenismo delle monete dei Turcomanni
Per concludere. e ribadire in poche parole il concetto di “ecumenicità” delle monete turcomanne, possiamo affermare che tale monetazione sembra confermare l’adattamento delle immagini prescelte alla propria cultura, pur trasformando notevolmente i disegni tratti da antichi conii. Consapevoli della necessità di costruire una facciata per governare la popolazione indigena, lo scopo principale della scelta tipologica monetale fu quello di dare una legittimità alla dinastia. Le monete antiche collezionate ed usate come fonte di immagini vennero spesso “stravolte” nel loro significato, combinandosi anche con l’iconografia contemporanea, il tutto finalizzato ad una visione all’interno di una sfera astrologica non tralasciando però i chiari riferimenti religiosi.