L’aureo di Settimio Severo (193-211) al centro di questo articolo è una moneta intrigante per molti aspetti: la presenza su di essa di ben quattro ritratti della famiglia imperiale – una sorta di “istantanea” della dinastia all’alba del III secolo – la rende infatti quasi unica nel suo genere, oltre che di grande rarità sul mercato collezionistico.
Il dritto dell’aureo “familiare” di Settimio Severo con ritratto laureato dell’imperatore
Nel mondo romano, la trasmissione del volto dell’imperatore era affidata sostanzialmente a tre mezzi: le monete, innanzi tutto, che in maniera realistica, talvolta spietata, facevano conoscere al popolo le fattezze del monarca; la statuaria, poi, riservata alle dimore dei dignitari e agli edifici pubblici sotto forma di busti e, con frequenza minore, di sculture a figura intera; infine la pittura su tavola della quale tuttavia, per la deperibilità dei materiali, sono sopravvissuti pochissimi esempi.
Uno di questi è il cosiddetto Tondo severiano, una tempera su legno di circa 30 centimetri di diametro, di fattura egiziana, oggi conservata all’Altes Museum di Berlino. Il pannello raffigura l’imperatore Settimio Severo con la sua famiglia: a sinistra la moglie Giulia Domna e, davanti, i figli Geta e Caracalla.
Al rovescio Giulia Domna al centro, a sinistra Caracalla laureato (designato erede al trono) e a destra il giovane Geta, che sarebbe stato assassinato su ordine del fratello
I quattro portano tutti delle raffinate vesti cerimoniali; Settimio Severo e i suoi figli reggono degli scettri e indossano corone in oro e pietre preziose, a testimoniare il loro potere presente (per Settimio Severo) e futuro (per i figli).
Ritratti del genere erano prodotti in serie per essere esposti negli edifici pubblici dell’impero: la legge romana prevedeva infatti che alcuni documenti fossero firmati di fronte all’immagine dell’imperatore affinché fossero legalmente validi.
Sul Tondo severiano conservato a Berlino il volto di Geta è cancellato: la damnatio memoriae non risparmiò nessuna forma d’opera d’arte… tranne la monetazione
Tuttavia, sul Tondo severiano – risalente circa all’anno 200 – il volto di Geta appare cancellato, fatto questo che ci ricorda il suo assassinio da parte del fratello Caracalla. Il fratricidio ebbe luogo il 26 dicembre del 211 (suo padre era scomparso in febbraio) quando Geta venne ucciso un gruppo di centurioni fedeli a Caracalla.
Geta era stato accusato di aver tentato di impadronirsi del potere e voler uccidere Caracalla – peraltro, mentalmente instabile – per cui fu dichiarato nemico dello Stato, condannato alla damnatio memoriae.
Dopo il fratricidio, Caracalla ordinò che il nome di Geta fosse rimosso da tutte le iscrizioni e, dunque, il volto abraso sul Tondo severiano testimonierebbe la volontà di qualche zelante dignitario di conservare i ritratti di Settimio Severo, Giulia Domna e del nuovo imperatore la cui distruzione avrebbe, probabilmente, configurato un reato.
Un altro bellissimo di Settimio Severo del 200-201 con al rovescio i ritratti dei due figli sotto l’auspicio della AETERNIT[itas] IMPERII
La damnatio memoriae non riuscì a distruggere, tuttavia, che una parte delle monete con il ritratto dello sfortunato Geta: tra queste ci rimane il rarissimo aureo di Settimio Severo (oro, mm 20, g 7,27) coniato a Roma (tipo RIC IV.I, 175) che reca intatte le fattezze di Geta con quelle di Caracalla e della madre sul rovescio, mentre il dritto è appannaggio del profilo laureato a destra di Settimio Severo.
La legenda SEVERVS PIVS AVG-P M TR P VIIII al dritto permette la datazione all’anno 201, mentre le parole FELICITAS SAECVLI al rovescio inneggiano a quel desiderio di Settimio Severo di voler dar vita, tramite i figli, a una dinastia imperiale stabile. Aspirazione che la storia vide solo per alcuni decenni realizzata con i regni di Caracalla, Eliogabalo e infine Alessandro Severo.
Denario di Geta del 210-211 per le vittorie in Britannia: fu durante questa campagna che Settimio Severo, resosi conto dell’instabilità mentale di Caracalla, elevò Geta al grado di co-augusto
Quel volto frontale di Giulia Domna, posto al centro fra i profili dei figli, appare stranamente premonitore: la vedova di Settimio Severo, infatti, si sarebbe effettivamente posta tra i due contendenti al trono, dopo la morte del marito, tentando di evitare in ogni modo il fratricidio. Come sappiamo, senza successo.
Dall’aureo del 201 e dal suggestivo Tondo severiano ci giungono ancora oggi, con una sorprendente freschezza, i volti di una famiglia che il potere aveva collocato sul trono del mondo e che, tuttavia, non sfuggì agli umani, devastanti meccanismi della follia e della contrapposizione estrema.
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