Affondato dagli Inglesi nel 1708 al largo della Colombia, il galeone San José potrebbe essere riportato alla luce con il suo carico di monete e preziosi
a cura della redazione | Il San José era un galeone a tre alberi da 64 cannoni, uno dei velieri di punta dell’Armada de la Guardia de la Carrera de las Indias spagnola. Oltre 1050 le tonnellate di stazza per questo veliero varato nel 1698 e affondato dalla marina britannica dieci anni dopo, al largo delle coste della Bolivia.
Un naufragio come tanti, si potrebbe pensare, se non per il fatto che il San José – quando colò a picco – trasportava qualcosa come duecento tonnellate tra argento in lingotti, centosedici casse di smeraldi e undici milioni di monete d’oro. Uno dei tesori sommersi più incredibili che si possa immaginare!
Ricostruzione del galeone spagnolo San José nelle cui stive, sul fondo dell’Oceano atlantico, si troverebbero oro, argento e smeraldi per oltre 20 miliardi di euro
In teoria, undici milioni di monete da otto escudos, ciascuna dal peso medio di circa 27 grammi: a conti fatti, circa 297 tonnellate solo in oro, per un valore del nudo metallo prezioso stimabile in poco meno di 18 miliardi di euro. Non a caso, il relitto del San José è stato ribattezzato il “Sacro Graal” dei cercatori di tesori sommersi.
Al largo dell’isola di Barú, appena a sud della città di Cartagena, in Colombia, la nave affondata è stata localizzata a 600 metri di profondità dalla Woods Hole Oceanographic Institution nel novembre del 2015 e, nel luglio del 2017, è stato annunciato che sarebbe iniziata un’operazione di recupero gestita dal governo colombiano.
Moneta da 8 escudos in oro coniata dalla zecca di Lima a nome di Carlos II nel 1697: nel relitto del San José si troverebbero 11 milioni di monete simili
Ora si torna a parlarne: “Il relitto è un sito archeologico, non un tesoro. Questa è un’opportunità per noi di diventare una nazione all’avanguardia nella ricerca archeologica subacquea”. Queste le parole del ministro della Cultura colombiano, Juan David Correa, secondo il quale il recupero del tesoro del San Josè ha solo un’importanza archeologica.
Tuttavia, come si può immaginare, la vicenda ha sollevato più di un contenzioso. Ci ha provato la Spagna, proprietaria originaria del galeone, a rivendicare la proprietà del tesoro, ma anche la tribù indigena boliviana dei Qhara Qhara – sostenendo che le ricchezze erano in origine dei nativi, di cui la tribù si considera erede e discendente – oltre a società private che sostengono di essere state le prime a individuare il relitto.
Il video del relitto pubblicato su YouTube dalla Armada de Colombia che, con i suoi mezzi oceanografici, ha ispezionato il relitto a 600 metri di profondità
Si pone tuttavia anche una questione etica dal momento che il San José è, in primo luogo, un cimitero sommerso da quando, il 10 giugno del 1708, la flottiglia comandata dal capitano Charles Wager affondò il veliero – assieme ad altri due galeoni e a quattordici navi mercantili – e, delle 589 persone a bordo tra soldati, marinai e funzionari, solo 11 sopravvissero. L’esplosione del galeone nell’immagine di apertura è un quadro del pittore inglese Samuel Scott.