Sesini e cavallotti di Ludovico II Pico tra guerra e pace: spiccioli di metà XVI secolo contenenti una raffinata citazione dalla numismatica antica
di Antonio Castellani | La bellezza della sterminata monetazione preunitaria italiana sta non solo nei grandi nominali in oro e in argento, ossia nelle monete “maggiori” nate con l’intento di comunicare, ostentandoli nel metallo prezioso, dei messaggi di potere, di gerra e pace, di fede o di propaganda.
Un motto di sfida, addirittura provocatorio – ELIGITE, ossia “scegliete” – è quello che appare su alcune monete, nello specifico dei cavallotti in mistura e sesini in rame, fatte coniare a Mirandola da Ludovico II Pico (1527 – 1568, sul trono di Mirandola dal 1550) al cui dritto compare lo stemma del casato e, al rovescio, un trofeo d’armi con rami d’ulivo. Esplicito il senso di questa parola: scegliete la pace, rappresentata dall’ulivo, o la guerra, rappresentata dalle armi?
Questa la richiesta fatta in moneta ai suoi nemici da Ludovico, forte dei successi riportati durante la guerra del 1551 combattuta tra i Francesi e papa Giulio II Della Rovere. Un’allegoria, quella del trofeo d’armi con rami d’ulivo, che ne richiama una simile impressa su varie monete dell’antichità: un’asta o un ramo conficcati per terra su cui venivano appese le armi tolte al nemico (il cosiddetto “trofeo d’armi”, per l’appunto).
Ludovico, figlio di Galeotto II Pico e di Ippolita Gonzaga, in gioventù venne inviato dal padre alla corte del re Francesco I. Morto il padre nel 1550, Ludovico rientrò dalla Francia per prendere possesso dei suoi feudi. Le lotte tra gli imperiali, appoggiati dal papa, e i Francesi, portarono all’assedio di Mirandola, pervenendo ad una tregua solo nel 1552.
Nel 1554, raggiunto il grado di generale di cavalleria, Ludovico II partecipò anche alla difesa di Siena, assediata da Cosimo I de’ Medici, uscendone tuttavia sconfitto. Si ritirò così a Mirandola dove trascorse gli ultimi anni e morì nel 1568, forse per avvelenamento.
Tanto i sesini che i cavallotti – per lungo tempo considerati dei paoli, e ridenominati correttamente solo a seguito degli approfondimenti di Lorenzo Bellesia – sono rari, soprattutto in elevata conservazione, ma rappresentano due degli “spiccioli” più intriganti del Cinquecento italiano.