San Tommaso che tocca il costato di Cristo, simbolo dell’umana incredulità di fronte alla Resurrezione: questo il soggetto di una rara moneta urbinate
di Roberto Ganganelli | Per tutti i credenti, la Resurrezione di Gesù Cristo è principio e fondamento stesso della fede, celebrato nella solennità della Pasqua e, ogni settimana, nella liturgia domenicale. La Resurrezione è centrale nella narrazione sia dei Vangeli che degli altri libri del Nuovo Testamento: secondo questi testi, il terzo giorno dalla sua morte in croce Gesù risorse lasciando il sepolcro vuoto e per poi apparire ad alcune donne e quindi anche ad altri apostoli e discepoli.
I Vangeli non descrivono direttamente l’evento della Resurrezione, che non ebbe testimoni diretti, ma riportano la testimonianza della tomba vuota e le apparizioni successive. Evento sconvolgente, quello della Resurrezione, tanto che anche in alcuni dei personaggi più vicini a Gesù alla meraviglia e alla gioia si aggiungono stupore e, talvolta, perfino incredulità.
Tra essi spicca san Tommaso apostolo, che compare in alcuni brani del Vangelo secondo Giovanni. L’episodio più noto del Nuovo Testamento che vede protagonista Tommaso è quello noto per l’appunto come “l’incredulità di Tommaso“.
Tommaso, che dubitava della Resurrezione di Gesù il quale, risorto, rivolgendosi a lui, gli dice: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Risponde Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che non videro e tuttavia credettero!“.
Una bella versione numismatica di quella scena così profondamente toccante – con san Tommaso genuflesso che tocca con il dito la ferita sul costato del Cristo – la ritroviamo su una bellissima e rarissima moneta rinascimentale italiana, un terzo di grosso in argento per la zecca di Urbino (mm 20, g 1,18, Cavicchi n. 68).
La moneta, coniata a nome del duca Francesco Maria I Della Rovere (1490-1538, duca dal 1508 al 1516 e dal 1521 alla morte) riporta ad dritto una fiera aquila araldica e i il nome del duca, e al rovescio la celebre scena evangelica circondata dalla legenda latina CREDERE TVTIVS che Mario Traina e Alfonso Traina traducono, nella loro opera Il linguaggio della monete, con un umanissimo “E’ più sicuro credere”.
L’aquila roveresca, inoltre, conferma la fiducia di Francesco Maria I nell’Onnipotente dal momento che il fiero rapace, posato e ad ali chiuse, rivolge il capo verso l’alto, verso un sole raggiante che simboleggia la guida e la protezione celeste. Come sempre, in quel formidabile mezzo di comunicazione che è la moneta, nulla viene lasciato al caso.