Populonia e Scarlino, due luoghi da scoprire per le importanti testimonianze monetali esposte al pubblico, esempi di tutela e di valorizzazione
di Luciano Giannoni | Il territorio già parte dell’antico Principato di Piombino è ricco di testimonianze numismatiche, alcune delle quali visibili al pubblico in moderni e interessanti allestimenti, come quella di Populonia, la Collezione Gasparri che è visibile nel Museo etrusco della cittadina toscana e che racconta una pagina di storia intrigante, risalente a oltre ottant’anni or sono.
Nel 1939 alcuni operai che lavoravano al recupero delle scorie ferrose che allora ricoprivano i piccoli dossi retrostanti la spiaggia di Baratti e buona parte delle necropoli più antiche, rinvennero, colpendolo con una picconata, un piccolo vaso posizionato subito al di sotto degli strati delle scorie.
In un primo momento le oltre cinquecento monete d’argento furono spartite tra gli autori del rinvenimento; successivamente Tommaso Gasparri, proprietario dei terreni dove insistevano i cumuli delle scorie, venuto a conoscenza dell’importante rinvenimento, riuscì a recuperarle, “comprandole” una ad una, monete che furono consegnate ad Antonio Minto, allora soprintendente alle Antichità d’Etruria.
In base alla legislazione allora vigente, circa la metà delle monete costituenti il ripostiglio furono riconsegnate all’avvocato Tommaso Gasparri come premio di ritrovamento.
Il resto, assieme a una parte importante dei reperti rinvenuti sia durante le prime regolari campagne di scavi che nelle successive andarono invece a costituire nel 1943 il primo nucleo dell’Antiquarium di Populonia, mentre il gruppo delle monete riconsegnate al Gasparri rimase conservato dalla famiglia, non confluendo nei materiali esposti nell’Antiquarium.
Con il senno di poi possiamo dire “fortunatamente”, visto che così scamparono ai tre furti subiti dalla collezione archeologica tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso.
Di recente gli eredi di Tommaso Gasparri, a seguito di lavori di risistemazione e modernizzazione dell’Antiquarium hanno deciso di esporre al pubblico le 250 monete, delle quali solo cinque recano al dritto il volto di Hercle mentre tutte le altre presentano il classico volto di Metvs.
Oggi in provincia di Grosseto, Scarlino è la seconda località in cui facciamo tappa per segnalare una bella esposizione numismatica permanente che merita una visita. Così Riccardo Francovich, direttore della campagna di scavo che l’Università di Siena stava effettuando nell’area della Rocca di Scarlino, descrisse il ritrovamento di un vaso che si rivelò contenere un prezioso ripostiglio monetale: “Quando, negli ultimi giorni della campagna di scavi [… …] ritrovammo il vasetto contenente le cento monete d’oro, non fu in realtà il primo momento nel quale ci accorgemmo dell’esistenza di questo pezzo di ceramica, che poteva aiutarci a datare la fondazione di uno dei muri della canonica: l’avevamo individuato almeno venti giorni prima…”.
Per ragioni legate alla correttezza dello studio stratigrafico, infatti, il vaso era stato lasciato sul posto, nascondendolo con della terra. Dopo alcune settimane, giunti alla fine della campagna di indagine archeologica, fu finalmente deciso di asportarlo e solo allora il vaso rivelò il suo prezioso contributo: si trattava infatti di cento monete d’oro, quasi certamente un “fiorino di sigillo”, formato da fiorini, sanesi, genovini, zecchini e ducati provenienti dalle zecche di Milano, Bologna, Roma e Ungheria, quasi tutti collocabili nella prima metà del Quattrocento.
Vale la pena spiegare, a questo punto, cosa si intenda per “fiorino di sigillo”: nel XIV secolo le autorità fiorentine istituirono l’Ufficio del saggio con la nomina di un “saggiatore” il cui compito era quello di pesare le monete d’oro, verificarne la bontà e l’autenticità per poi rimetterle sul mercato.
Ciò avveniva dopo aver raccolto le monete in sacchetti di cuoio senza cuciture e chiusi da una “salimbacchera” (scatoletta) a sua volta fissata da un laccio e sigillata da cera mesticata sulla quale veniva posto il nome del cosiddetto “ufficiale del saggio”. Generalmente questi sacchetti, detti appunto “fiorini di sigillo”, erano per praticità costituiti da cento monete.
Il tentativo di Alfonso d’Aragona, nel 1448, di occupare la piazzaforte di Piombino e la conseguente invasione del territorio da parte delle truppe aragonesi fu, verosimilmente, l’evento che indusse a seppellire il tesoro di Scarlino, così come è presumibile che la pestilenza del 1450 ne abbia impedito il recupero.
Esposte già agli inizi degli anni Novanta, le monete di Scarlino hanno oggi – grazie all’intervento dell’Amministrazione comunale – un nuovo e più funzionale allestimento che, come quello di Populonia, è stato curato da chi scrive insieme ad Erica Foggi.