Nella lotta fra “i quattro imperatori” monete di propaganda, attribuibili a Galba, furono coniate in Spagna usando le stesse impronte per l’oro e l’argento
di Roberto Ganganelli | L’anno 69 dopo Cristo è ricordato nella storia di Roma come “l’anno dei quattro imperatori” dal momento che in quel breve lasso di tempo si avvicendarono ben quattro personaggi che, a vario titolo, cinsero la corona imperiale: Galba, successore di Nerone in carica già dal giugno dell’anno 68, Otone, entrato in carica a gennaio, Vitellio, imperatore da aprile, e Vespasiano, che cinse la porpora in dicembre e che, a differenza degli altri, seppe mantenere il potere per un decennio.
Vespasiano era supportato dalle forti legioni orientali e della regione danubiana, Vitellio dalle forze militari di stanza in Germania, Otone dal temibile corpo dei pretoriani a Roma e Galba, infine, era stato acclamato imperatore dalle truppe che comandava in Hispania.
E proprio ad una zecca incerta al seguito delle truppe in Hispania viene assegnato dagli studiosi un eccezionale aureo – ne sono noti appena due esemplari, entrambi in collezioni private – databile al periodo che va dal 3 aprile alla seconda metà di giugno dell’anno 68 dopo Cristo.
Il Genio del popolo romano e un bellicoso Marte vendicatore
Con diametro di 18 millimetri, pesante 7,39 grammi, questo aureo riporta al dritto la legenda GENIO P R e il busto giovanile drappeggiato del Genio del popolo romano con, a destra, una corona di fiori e, dietro, una cornucopia. Al rovescio la legenda MARTI VLTORI circonda la figura di Marte, nudo con elmo e parazonium, andante a destra, che brandisce lancia nella mano destra e scudo nella sinistra.
Questo aureo di Galba ci mostra quanto sia ancora da approfondire la monetazione anonima della Guerra civile del 68-69. L’esemplare è infatti stato coniato con gli stessi coni di un denario e mostra quindi che le matrici, peraltro di fattura non eccellente, erano utilizzate in modo indifferente sia per monete d’oro che d’argento.
Tale condivisione di coni tra aurei e denari non è tuttavia inedita nel primo secolo dopo Cristo e non sorprende in un periodo di crisi come la rivolta di Galba della primavera del 68 dal momento che la zecca al suo seguito, essendo stata creata rapidamente, mancava di incisori esperti e sfruttò ogni metodo possibile per accelerare la coniatura delle monete
L’iconografia è indicativa dello stile della propaganda di Galba, che lodava sia il Genio del popolo romano sia Marte Ultore, il Marte vendicatore, il cui culto era stato particolarmente promosso da Augusto. Proprio come le monete coniate a nome del primo princeps, Marte Ultore sul rovescio della prima monetazione anonima di Galba collega la sua rivolta ad Augusto, sottintendendo che la ribellione è iniziata per vendicare coloro che erano stati oppressi da Nerone.
La libertà di Senato e popolo ripristinata sulle monete di Galba
Un secondo aureo di Galba (19 millimetri, 7,33 grammi) presenta una simile “genesi”, ossia essere nato da una coppia di coni realizzata per la battitura di denari. Al dritto si legge LIBERTAS RESTITVTA attorno al busto drappeggiato della Libertas rivolto a destra, con capelli intrecciati e collana di perle. Al rovescio uno scudo rotondo ti tipo spagnolo con iscrizione S P Q R; tutto all’interno di una corona di quercia con globo tra due stelle sopra.
Anche questo aureo è estremamente raro, dato che sono solo sette gli esemplari conosciuti, due in raccolte pubbliche e cinque in mani private. Più comune è invece il denario con le medesime impronte.
Dal punto di vista comunicativo e simbolico, la Libertas costituiva un punto focale nella prima monetazione anonima di Galba. L’enfasi posta sul ripristino della libertà del Senato e del popolo romano scorre come un fil rouge costante nella propaganda di Galba.
Nei primi mesi della sua rivolta, il futuro imperatore rifiutò notoriamente di salire al trono senza il consenso del Senato, definendosi il Legatus Senatus Populique Romani. Tutto ciò si adatta perfettamente alla sua auto rappresentazione di aristocratico all’antica, la cui adesione al mos maiorum, le virtù romane conservatrici di disciplina, duro lavoro, giustizia, pietà e devozione al servizio pubblico, era ben nota.
C’è, tuttavia, anche un aspetto “locale” nelle impronte di questa tipologia, poiché il riferimento al Senato e al popolo di Roma (le lettere SPQR) sul rovescio è posto su uno scudo rotondo tipicamente iberico. Un simbolo che rappresenta un collegamento tra la promessa di ripristinare la libertà dei Romani sconfiggendo il tiranno Nerone da un lato e l’origine spagnola della rivolta di Galba dall’altro.