Un esperimento di cartamoneta “ad interesse negativo” attuato nella città austriaca di Woergl e ispirato alle teorie monetarie di Silvio Gesell
di Cesare Brignole | Nei primi decenni dell’Ottocento – quando il capitalismo, dopo essersi affermato in Gran Bretagna, si stava diffondendo sul continente – si manifestarono le prime crisi economiche internazionali. La domanda di beni e servizi crollava, imprese e banche fallivano, centinaia di migliaia di persone perdevano il lavoro con gravi conseguenze sociali.
Le grandi crisi fra XIX e XX secolo e le teorie degli economisti
Alcuni economisticome l’inglese Thomas Robert Malthus (1766-1834) e il francese Sismonde de Sismondi (1733-1842) proposero una spiegazione basata sull’insufficienza della domanda. In sintesi, a loro avviso la massa di denaro a disposizione dei compratori sarebbe stata tendenzialmente inadeguata per comprare i beni e servizi prodotti dal sistema. Pertanto le congiunture negative si ripetevano perché erano insite nel capitalismo.
A Malthus e Sismondi si oppose il francese Jean-Baptiste Say (1767-1832), uno dei principali esponenti del liberismo ottocentesco. Egli sostenne che nel sistema di economia di mercato il valore di tutto ciò che annualmente viene prodotto è automaticamente distribuito a tutti coloro che concorrono alla produzione – proprietari terrieri, capitalisti, lavoratori – sotto forma di rendita, profitto e salario. Say aggiungeva un corollario: il denaro non speso, non investito e non depositato in banca perde valore. Solo pochi sciocchi – trascurabili nella massa degli operatori economici – tenevano i soldi “sotto il materasso”.
Osservava che i salariati vivevano a livello di sussistenza, per cui erano obbligati a spendere tutto il loro reddito. Capitalisti e proprietari terrieri avevano interesse a investire o a spendere il loro denaro oppure a depositarlo nelle banche, che sono dei meri intermediari poiché lo rimettono in circolazione sotto forma di prestiti ai consumatori o agli imprenditori. Quindi, concludeva Say, le crisi non dipendono da un’insufficiente domanda e non sono connaturate al capitalismo; sono invece fenomeni temporanei che il mercato, se lasciato libero di operare, risolve in breve tempo. Questa teoria, chiamata “legge degli sbocchi”, entrò a far parte del patrimonio indiscutibile della scienza economica ortodossa.
Silvio Gesell, genio incompreso o semplice dilettante?
Le crisi però continuarono, ma si risolsero, con gravi costi sociali, dopo un periodo più o meno breve. Alla fine dell’Ottocento questa “legge” fu confutata, oltre che dai socialisti, da Silvio Gesell (1862-1930) un commerciante tedesco argentino, disprezzato dagli economisti di professione che lo consideravano uno dei tanti dilettanti che scrivono a sproposito d’argomenti economici. Il suo pensiero, formulato nell’opera L’ordine economico naturale (1891) e in numerosi altri scritti, è complesso ed articolato.
Contrariamente a quanto affermavano gli economisti accademici seguaci di Say, secondo Gesell, gli avari o i maniaci non sono i soli a essere indotti a trattenere denaro in forma liquida. Infatti, ogni volta che il tasso d’interesse aumenta, i possessori di titoli a tasso fisso sottoscritti a tassi inferiori subiscono una perdita perché il loro valore di mercato diminuisce.
E’ quindi del tutto logico, concludeva Gesell, che in situazioni di questo tipo chi dispone di liquidità lo trattenga, per evitare questa perdita e per comprare in futuro, con la stessa somma, un titolo che rende di più. Più in generale sosteneva che le crisi nascono e si sviluppano perché l’interesse impedisce che tutto il denaro circoli automaticamente attraverso l’organismo sociale, al pari del sangue nel corpo umano.
Gesell proponeva di risolvere il problema colpendo il denaro liquido con una “tassa negativa” che ne diminuisse il valore neutralizzando i vantaggi della tesaurizzazione. Tecnicamente ciò si può ottenere decretando che le banconote conservano il loro valore solo se alla scadenza prevista su di esse viene applicata una marca di valore prefissato acquistabile presso gli uffici postali. In questo modo, poiché tutti gli operatori del sistema economico vedono letteralmente svanire il valore della moneta sono incentivati a spenderla.
La Grande depressione e l’effimero esperimento di Woergl
Gesell ottenne un certo seguito in Germania, Austria e Svizzera fra i socialisti, gli anarchici. La crisi che dilagò in tutto il mondo dopo il crollo della borsa di New York del 1929 confutò la legge di Say dato che sembrava non avere mai fine. Alcuni videro nelle teorie di Gesell la via d’uscita da una situazione economico-sociale sempre più drammatica.
Uno di questi fu il sindaco di Woergl, in Tirolo, che nell’agosto 1932 fece emettere cartamoneta con caratteristiche ispirate alle proposte di Gesell. La serie comprendeva biglietti da 1, 5 10 scellini; per mantenerne il valore all’inizio di ogni mese chi la possedeva doveva acquistare ed applicare un bollino da 5 cinque centesimi (groschen). Al dritto compare un testo in tedesco che recita “L’urgenza (di spendere) attenua l’emergenza, dà lavoro e pane”.
Mezzi di pagamento simili, ispirati da Gesell, furono emessi anche in Germania, ma si trattò di esperienze effimere perché nel 1931 il governo ne proibì la circolazione. Quelli di Woergl furono soppressi nel novembre 1933 da una sentenza della Corte suprema di Vienna su istanza della Banca nazionale austriaca che fece valere il monopolio di emissione.