Oro per VENEZIA: “Alla MADRE amorosa i FIGLI amorosi”

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L’ultima osella della Serenissima ci ricorda il vano tentativo di preservare col denaro l’indipendenza di Venezia di fronte alle mire giacobine

 

a cura della redazione | L’ultima osella in assoluto della storia veneziana, lo sappiamo, è quella del 1797 che ricorda l’incendio alle polveriere del Lido (leggi qui).

Quella moneta, tuttavia, venne emessa dalla Municipalità provvisoria della città istituita dai francesi, mentre l’ultima emissione di queste monete donativo nate nel 1521 ed effettuata a nome della Serenissima Repubblica è quella risalente all’anno precedente, il 1796.

L'osella del 1796, l'ultima coniata dalla Serenissima Repubblica di Venezia, ricorda la raccolta di denaro che il governo effettuò presso la popolazione, anche per tentare di garantirsi l'indipendenza dai francesi
L’osella del 1796, l’ultima coniata dalla Serenissima Repubblica di Venezia, ricorda la raccolta di denaro che il governo effettuò presso la popolazione, anche per tentare di garantirsi l’indipendenza dai francesi

Beninteso, anche in questo caso non si tratta di un’osella dai toni trionfali, anzi, quella raffigurazione che vede Venezia in piedi, ornata di corno dogale e manto, ricevere sacchi di monete da un uomo inginocchiato è solo il triste specchio di quell’ultimo anno di esistenza della Repubblica.

Al dritto, attorno alle due figure, campeggia infatti la legenda latina MATRI AMANTI AMANTES FILII (“Alla madre amorosa i figli amorosi”) e tutto allude alle donazioni in denaro fatte – più o meno volontariamente – dai veneziani al loro governo per tamponare le crescenti difficoltà del pubblico erario.

Soldo da 12 bagattini a nome di Ludovico Manin, 120° e ultimo doge di Venezia
Soldo da 12 bagattini a nome di Ludovico Manin, 120° e ultimo doge di Venezia

A nome di Ludovico Manin, 120° doge costretto ad abdicare il 12 maggio 1797 quando Venezia venne occupata dall’esercito di Bonaparte, l’osella ci riporta a quel giorno in cui il Maggior Consiglio si riunì per l’ultima volta, presenti appena 537 dei circa 1200 patrizi aventi diritto, e sancì la fine della Serenissima.

Solo qualche mese prima l’ambasciatore veneziano a Parigi, Alvise Querini, aveva tentato di intavolare negoziati con il Direttorio promettendo la cospicua somma di 700.000 lire in cambio dell’indipendenza della Repubblica.

Fu purtroppo un tentativo vano, come vana quella raccolta di fondi “alla madre amorosa dai figli amorosi” che l’osella del 1796 – pur scintillante come sempre nell’oro e nell’argento – ci ricorda ancora.