Nota in oro e argento, ci svela una pagina di storia della Somalia Italiana e del faro edificato a Capo Guardafui, sentinella del mare e simbolo di un’epoca
di Roberto Ganganelli | Capo Guardafui, un luogo ignoto a quanti non conoscono in modo approfondito la storia, in particolare quella coloniale italiana: punta estrema del Corno d’Africa, nell’attuale Somalia, ha a nord il Golfo di Aden e a sud l’Oceano Indiano.
Capo Guardiafui e il suo faro, un po’ di storia
Conosciuto nell’antichità come Aromatum Promontorium – ossia, “Promontorio delle spezie” – deve il suo nome ai pericoli che i naviganti incontravano in quel tratto di mare. Naviganti e mercanti soprattutto italiani, tanto che il nome attuale deriverebbe da “guarda e fuggi” anche se alcuni studiosi pensano sia derivato dal portoghese.
Poco distante da Capo Guardafui si trova il cosiddetto “Falso Capo Guardafui” che, a causa delle nebbie, veniva talvolta confuso col precedente causando incidenti marittimi e rovinosi naufragi. Per questo, nei primi anni Venti, durante il dominio italiano sulla Somalia, venne decisa l’edificazione di un faro che venne inaugurato nel 1924 e intitolato a Francesco Crispi (1818-1901) il quale, da presidente del Consiglio, aveva avviato la colonizzazione.
Si trattava di un classico faro a traliccio che, tuttavia, pur strategico per la navigazione poneva non pochi problemi logistici, sia per la sua posizione difficile da raggiungere per i convogli dei rifornimenti sia per la presenza, in zona, di agguerriti ribelli migiurtini che attaccarono a più riprese l’installazione.
Una guarnigione militare presidiava il Faro Francesco Crispi e, nel vicino villaggio di Tohen, dove era stata installata una fondamentale stazione radiotelegrafica dotata di due grandi antenne, strategica per le comunicazioni nella regione.
Dal traliccio al “fascione”: l’idea del governatore Corni
Progettato dagli ingegneri della Regia Marina, il faro dovette essere modificato nel 1930 a causa della corrosione atmosferica e venne realizzato, sotto il governatorato di Guido Corni, quell’edificio così particolare che esiste ancora oggi.
Eccolo in una descrizione dallo stesso Corni: “Nel 1929, presentando il traliccio in ferro del Faro Crispi segni di avanzata corrosione dovuta all’azione dell’aria marina, feci montare la lanterna su di una torre in pietra rossa e dura del luogo, cerchiata di anelli in cemento armato e recante una scure, simbolo del littorio”.
Francobolli per un faro simbolo del regime in Africa
Diciannove metri di altezza, come un edificio di sei piani, e soprattutto quella forma così “propagandistica” e particolare che lo rendono un simbolo della presenza italiana nella regione. Il faro di Capo Guardafui, a partire dal 1932, divenne il soggetto di una serie di francobolli “pittorici” della Somalia Italiana nei quali è raffigurato mentre, con i suoi potenti riflettori, dall’altura di 244 metri su cui è edificato, squarcia il cielo notturno (le lampade avevano una portata di circa 40 miglia).
La serie venne stampata dal Poligrafico dello Stato e approvata con Regio Decreto del 7 gennaio 1932 apparso sulla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 25 febbraio. Gli otto soggetti scelti furono: il Faro Francesco Crispi (per i valori da 5, 7 ½, 10 e 15 centesimi), la Torre Mnara di Mogadiscio, il Palazzo del Governatore a Mogadiscio, un termitaio, uno struzzo, un ippopotamo, un’antilope Kudù e il tipico leone somalo con una piccola crineria.
La medaglia della Regia Marina per il “Faro Mussolini”
Ribattezzato anche “Faro Mussolini”, l’edificio appare inoltre su una medaglia, rarissima in oro e rara in argento, coniata nel diametro di 23,5 millimetri circa (in oro 18kt, pesa 8,5 grammi) e sul cui dritto le iscrizioni SOMALIA ITALIANA e REGIA MARINA circondano la figura turrita dell’Italia che riceve da un soldato ferito il tricolore; sullo sfondo, i tetti e le cupole di un villaggio somalo. La raffigurazione si riferisce all’eroismo dei militari italiani e somali che difesero il faro dagli attacchi dei ribelli tra il 1925 e il 1926.
Solenne anche il rovescio sul quale il “Faro Mussolini” è raffigurato assieme alle antenne della vicina stazione radiotelegrafica e ad una figura femminile in volo col motto PER SILENTIA ET SIDERA (“Attraverso silenzi e stelle”) a ricordare sia quella luce guida – così importante per la navigazione – che quei segnali radio che, dalle antenne di Capo Guardafui, si diffondevano nell’etere.
La medaglia risale a dopo il 1930, dal momento che raffigura già la versione “littoria” del Faro Francesco Crispi che, anche questo pochi lo sanno, pur non più operativo esiste ancora. Potrebbe addirittura essere stata realizzata in occasione dell’inaugurazione del faro.
Il faro di Capo Guadafui dopo la caduta della Somalia Italiana
Nel corso della Seconda guerra mondiale gli inglesi, dopo aver sconfitto gli italiani e aver conquistato la Somalia, non abbatterono il Faro Francesco Crispi che, anzi, restò acceso anche negli anni Cinquanta, durante l’Amministrazione fiduciaria italiana sulla ex colonia.
L’ultimo suo guardiano si chiamava Antonio Selvaggi ed era soprannominato “il principe di Guardafui” e quel faro, diventato protagonista nel 2015 di un libro di Alberto Alpozzi (clicca qui per saperne di più), per la Somalia del XXI secolo è candidato a diventare un monumento storico. Uno spunto di riflessione per quanti sbandierano la cancel culture come la crociata del secolo.