Per l’incoronazione, per i tre secoli della dinastia e infine per l’abdicazione: così tre monete raccontano la parabola e la fine di Nicola II Romanov
di Antonio Castellani | In queste settimane la Russia è – assieme all’Ucraina, per ovvie ragioni – il paese di cui si parla di più al mondo.
E Vladimir Putin è stato spesso paragonato ad un nuovo zar, accostandone la figura a quelle dei regnanti, a volte sanguinari e, in ogni caso, dal potere assoluto, che dominarono il grande paese per secoli.
Tre secoli di regno per l’antica dinastia dei Romanov
Per più di trecento anno, ad esempio, è durata la dinastia dei Romanov. Nel 1594 muore Ivan il Terribile e negli anni successivi né il suo erede Fiodor, né il figlio minore Dmitrij, riescono a tenere le redini del Principato di Mosca.
Peraltro, quattro anni dopo scompare anche l’erede designato al trono e si estingue così, dopo ben settecento anni la dinastia dei Ryurikidi, che risaliva fino a Ryurik, il mitico guerriero vichingo considerato il fondatore della Rus’.
Negli anni successivi la Russia conosce un periodo di instabilità che prende il nome di “Tempo dei Torbidi“, caratterizzato dall’ingerenza polacca negli affari russi. Finalmente, all’’inizio del 1613, cominciano a giungere a Mosca i “grandi elettori” per la scelta del nuovo zar.
Non si tratta solo dei boiardi e di coloro che si sono distinti nella cacciata dello straniero, ma al cosiddetto “Sobor” – una sorta di grande Conclave – partecipano anche molti contadini.
Tra i candidati al trono emerge Mikhail Fjodorovich Romanov, figlio del patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie. L’elezione conosce giornate tumultuose ma, alla fine di febbraio del 1613, sarà proprio Mikhail Fjodorovich a spuntarla e a inaugurare la dinastia dei Romànov che avrebbe regnato sul più vasto impero del mondo per 304 anni.
La linea maschile dei Romanov (1613-1762) si sarebbe estinta con Pietro II, quella femminile con la zarina Elisabetta. Ad essa succederà il nipote Pietro Ulrico di Holstein-Gottorp, del Casato degli Oldenburg, la cui moglie sarà l’imperatrice Caterina la Grande. Benché genealogicamente Pietro III si sarebbe dovuto chiamare Holstein-Gottorp-Romanov, egli e tutti i suoi successori manterranno l’originario cognome.
Le celebrazioni del 1913, l’inizio della fine dei Romanov
Nel 1913, dunque, si celebrano in Russia i trecento anni della dinastia. Lo zar Nicola II e la famiglia presenziano a numerose cerimonie in loro onore in tutto il Paese e nel mese di maggio compiono un pellegrinaggio, ripercorrendo il viaggio che aveva portato Mikhail Romanov al trono nel 1613.
In tali occasioni essi posano per una serie di ritratti rimasta il più celebre documento fotografico dell’ultima famiglia imperiale russa, contibuendo a fornire un’immagine ufficiale dei suoi membri alla società che raramente è entrata in contatto con la zarina o le granduchesse.
In questi anni di relativa calma sono in pochi a presagire il disastro che arriverà l’anno dopo, con lo scoppio della Grande guerra. Gli economisti pronosticano anzi un roseo avvenire per la Russia e Lenin stesso, dal suo esilio a Ginevra, afferma che probabilmente i “rivoluzionari della vecchia guardia” come lui non vedranno mai la Rivoluzione.
La Rivoluzione arriverà invece presto, nel 1917, e causerà la fine dell’Impero e lo sterminio – oltre ad altre decine di migliaia di persone – di Nicola II e dei suoi familiari.
Il rublo 3° centenario, una commemorativa fra storia e presente
Per il 3° centenario dei Romànov viene anche battuto a San Pietroburgo un raffinatissimo rublo in argento inciso da Victor Smirnov. Il dritto reca il ritratto dello zar Nicola II in primo piano e, dietro di lui, Mikhael Fjodorovich, primo zar della dinastia; il rovescio, l’aquila bicipite coronata con scettro e globo, stemma dell’Impero russo.
In alto, il nominale “rublo” in russo e in basso le date 1613 e 1913. Sul contorno, le iniziali B C dell’incisore, la dizione “argento” in russo e il peso netto di metallo prezioso espresso in antiche unità russe “4 zolotniks e 21 dolyas“.
La moneta, che pesa 20 grammi a 900 millesimi per un diametro di 33,65 millimetri, presenta curiosamente un orientamento a medaglia e viene prodotta in 1,5 milioni di esemplari.
Di questi, 1.450.000 sono realizzati con una coniazione standard, “piatta“, mentre i restanti 50.000 presentano i ritratti in una sorta di altorilievo, tanto da farli definire dai numismatici “convessi“. Una sorta, insomma, di moneta-medaglia non pensata tanto per essere disposta in pile ordinate ma per esaltare i ritratti del primo e dell’ultimo dei Romanov.
Dall’incoronazione del 1896 all’abdicazione del 1917
Altre due monete da un rublo segnano la storia dell’ultimo zar di tutte le Russie e hanno la stessa metrologia di quello commemorativo emesso nel 1913.
Il primo risale al 1896, celebra l’incoronazione di Nicola II e al barbuto ritratto giovanile del sovrano abbina un’iscrizione che recita “Per grazia di Dio Nicola II imperatore e autocrate di tutte la Russie incoronato a Mosca anno 1896“. Al rovescio la corona, il globo crucigero e, incrociate, lo scettro imperiale e la spada. Ne furono coniati 190.845 pezzi.
Il secondo, invece, non ha una tiratura ufficiale e, anche per la sua particolarissima origine, è molto raro e interessante. Si tratta di un normale rublo con al rovescio l’aquila bicipite – l’esemplare che vi mostriamo è datato 1898 – che viene punzonato in un momento cruciale della storia russa, pochi mesi prima della Rivoluzione d’ottobre.
L’iscrizione nella contromarca – apposta, nemmeno a dirlo, proprio sul ritratto dell’ultimo Romanov – “celebra” infatti l’abdicazione di Nicola II del marzo 1917 mentre il contro punzone “cancella”, di fatto, l’aquila imperiale al rovescio.
Divenuti dei semplici cittadini di un paese in piena rivoluzione, i membri della ex famiglia imperiale furono poi uccisi dai bolscevichi a Ekaterinburg, il 17 luglio del 1918.