Negli anni 1735 e 1736, Clemente XII dedicò due monete ad Andrea Corsini, santo antenato della sua famiglia ed esempio di cristiane virtù
di Roberto Ganganelli | Clemente XII Corsini (1652, papa dal 1730 al 1740), di aristocratica famiglia fiorentina, fu un pontefice a suo modo particolare: eletto dopo quatto mesi di Conclave – per paura che le sue origini toscane lo portassero su posizioni troppo favorevoli al Granducato – dopo appena tre anni si ritrovò pressoché cieco e, per il resto del pontificato, governò dal suo letto di malattia.
Per fortuna, Clemente XII seppe circondarsi di funzionari laici ed ecclesisstici capaci che furono in grado di mettere in pratica politiche efficaci sia sul fronte religioso che in ambito secolare.
Lotta alla corruzione, opere pubbliche e risanamento finanziario
Esemplare, da questo punto di vista, la vicenda del cardinale Niccolò Coscia, importante esponente della Curia, che fu condannato ad un pesante risarcimento e alla scomunica per essersi appropriato di denaro pubblico durante il pontificato di Benedetto XIII.
Sotto il profilo delle opere pubbliche spiccano invece l’ampliamento del porto di Ancona su progetto del Vanvitelli e la realizzazione del Canale Corsini, nel Ravennate, oltre ai lavori di abbellimento a San Giovanni in Laterano e a Fontana di Trevi, favoriti anche dal risanamento delle finanze pontificie che portò, mediamente, mezzo milione di scudi l’anno nelle casse della Camera apostolica.
Papa Corsini, tuttavia, non sfuggì alla tentazione – in fondo, una moda di tutti i “grandi” della storia – di autocelebrarsi in moneta esaltando un antenato della sua famiglia asceso all’onore degli altari.
Sant’Andrea Corsini, l’antenato più illustre del pontefice
Si tratta di quel sant’Andrea (1301-1374), frate carmelitano, al quale la tradizione attribuisce niente meno che l’intercessione per la vittoria dell’esercito fiorentino su quello visconteo nella battaglia di Anghiari del 1440.
Religioso esemplare, pastore di stampo evangelico, Andrea fu legato pontificio a Bologna; di lui si ricorda la conversione dopo una giovinezza dissoluta e l’esempio cristiano dato da allora, al punto da fargli meritare la gloria degli altari.
Ritratto fra gli altri da Guido Reni in una maestosa tavola oggi alla Galleria Corsini di Firenze, il santo antenato si vide dedicare dal discendente pontefice sia una cappella in Laterano che non una, ma ben due monete.
I due testoni con legenda classica e rovescio pittorico
Si tratta dei testoni d’argento (mm 31 per g 8,4 circa) battuti dalla zecca di Roma nel 1735 e 1736 su coni di Ottone Hamerani sui cui rovesci il santo è ritratto in estasi, genuflesso, con accanto un cherubino che sorregge la mitria, mentre i raggi della grazia divina si spandono dalle nubi.
Non è solo l’iconografia di questa bella moneta, ispirata al dipinto di Guido Reni, a renderla interessante, quanto le legende latine sui rovesci, entrambe estratte dai “classici”. Nel testone del 1735, quello con il ritratto del papa al dritto, si legge infatti PRAESIDIVM ET DECVS (“Difesa e ornamento”, da Orazio, Odi, 1, 1, 2) trasponendo questo attributo, tipicamente mariano nella liturgia cattolica, al “santo di famiglia”.
La legenda sul testone del 1736, citando niente meno che Virgilio (Eneide, 4, 230), è ancora più esplicita nel suo fine di auto celebrazione della stirpe dei Corsini e recita GENVS ALTO SANGVINE, ossia “Stirpe [che discende] da un nobile sangue”. Come dire, con un’allusione non tanto velata, al fatto che “buon sangue non mente”.
Sul dritto del testone 1735 appare Clemente XII a mezzo busto di profilo con camauro, mozzetta e stola; sul dritto anepigrafe del testone 1736, invece, campeggia lo stemma di Clemente XII con chiavi, fiocchi e tiara. Su entrambi i testoni, l’incisore del coni Ottone Hamerani è indicato dalle sue iniziali O H.