Gli inediti coni e punzoni del distintivo di gratitudine per le madri dei caduti, versione 1956, svelano la paternità della versione “anonima”
di Roberto Ganganelli | Ci apprestiamo a ricordare, il 4 novembre prossimo, il centenario dalla tumulazione del Milite ignoto all’Altare della Patria; una ricorrenza che rende memoria a tutti i caduti italiani rimasti senza nome – non solo nel corso della Grande guerra – e che, fra l’altro, la zecca di Roma ha di recente commemorato con una speciale moneta da 5 euro in argento (leggi qui).
Oggi parliamo, però, altre figure iconiche – sebbene rimaste “dietro le quinte” – nella storia dei due conflitti mondiali alla quale è stato dedicato un riconoscimento: si tratta delle madri dei caduti che, come sancito dal Regio Decreto n. 800 del 31 maggio 1919, a partire da quel momento si videro riconoscere per il sacrificio dei loro figli un “distintivo di gratitudine” sotto forma di medaglia portativa con nastro.
Giovanni Prini e il “distintivo di gratitudine”
Modellato dal valente scultore, pittore e illustratore genovese Giovanni Prini (1877-1958), il distintivo era costituito da una suggestiva medaglia coniata “con il bronzo dei cannoni catturati al nemico”, nel diametro di mm 32.
Sul dritto, questa celebre coniazione – una piccola opera d’arte, specchio del gusto dell’immediato, primo dopoguerra – raffigura in basso una figura maschile morente mentre, al suo fianco, una figura femminile gli pone in mano una corona d’alloro. A sinistra, in secondo piano si scorge una seconda figura femminile in atteggiamento dolente, la madre che vede il figlio caduto per la patria.
Plastica e suggestiva, la modellazione è espressione esemplare dello stile del Prini che, anche nella statuaria, attinge spesso alla composizione di figure umane contorte, avvinghiate, come avviene ad esempio nel marmo de Gli amanti, opera del 1909-1913 oggi alla Galleria d’arte moderna di Roma capitale.
Al rovescio della medaglia per le madri dei caduti, sulla versione 1919, è invece impressa un’epigrafe che, si dice, sia stata composta niente meno che dal poeta Gabriele d’Annunzio (1863-1938): IL FIGLIO | CHE TI NACQUE | DAL DOLORE | TI RINASCE ‘O BEATA’ | NELLA GLORIA | E IL VIVO EROE | ‘PIENA DI GRAZIA’ | E’ TECO. Il tutto, intervallato da piccole fronde d’alloro.
La medaglia modello 1919 è corredata di cambretta curvilinea con nastro grigioverde di larghezza 37 millimetri con, al centro, ricamato un tricolore. Sul nastro della decorazione, infine, veniva apposta una coroncina in bronzo per ciascun figlio che la madre avesse perduto nel corso del conflitto.
Dal modello 1919 al modello 1956: le varianti
La concessione di questo distintivo di gratitudine proseguì per le campagne d’Africa Orientale, d’Albania e per gli anni 1940-1943 della Seconda guerra mondiale. A produrre la medaglia, diffusissima, furono le ditte milanesi Johnson e Sacchini.
Nel secondo dopoguerra, con Decreto della Presidenza della Repubblica n. 1672 del 23 ottobre 1956, la concessione della medaglia istituita nel 1919 venne estesa anche alle madri di tutti i caduti del periodo 1940-1945. Si diede vita così a un nuovo modello, leggermente diverso in quanto dotato di cambretta rettilinea, dal disegno leggermente più grande (pur mantenendo il diametro di 32 millimetri), con bordi senza cornice, l’iscrizione al rovescio su sette righe e una diversa disposizione delle fronde d’alloro.
Di questa versione, secondo gli studi di Alessandro Brambilla (cfr. Le medaglie italiane negli ultimi 200 anni. 1901-1996) esistono note tre varianti di cui due attribuibili, rispettivamente, alla zecca di Roma e alla ditta Sacchini e una, invece, anonima, “priva di qualunque indicazione di incisore”.
Di questa, oggi, siamo in grado di svelarvi la paternità dal momento che, grazie ad un collezionista di lunga esperienza, possiamo mostrarvi i materiali creatori che provengono dalla ditta Lorioli & Castelli di Milano (produttrice della variante) e che, molti anni or sono, vennero donati dall’ultimo proprietario dell’azienda, Vittorio Lorioli (1930-2018), all’appassionato che ce li ha messi a disposizione.
Un insieme di materiali creatori inedito e affascinante
L’insieme, di indubbio fascino, è formato da due coni, due punzoni e una cassettina in legno destinata alla loro esposizione e che veniva conservata, per il valore artistico ed evocativo della medaglia, non nel magazzino ma negli uffici di direzione della ditta milanese.
In ottimo stato di conservazione, coni e punzoni della medaglia del 1956 per le madri dei caduti – riferisce il collezionista, basandosi su una testimonianza orale raccolta anni fa direttamente da Vittorio Lorioli – furono così “confezionati” per essere portati a Roma e approvati dal Ministero della Difesa, per la produzione, dopo che ne fosse stata verificata l’aderenza al modello ufficiale in ogni dettaglio.
Sul punzone del dritto, in basso, si legge un minuscolo monogramma che compone le lettere L&CM, per LORIOLI & CASTELLI MILANO. A ore 5, invece, è riprodotta la firma G. PRINI dell’autore del modello originario. Il monogramma L&CM, mentre sul punzone è visibile (anche se solo a forte ingrandimento), appare pressoché invisibile sul conio: fatto, questo, che spiega perché le medaglie dalla storica azienda milanese siano sempre state classificate come “anonime”.
La medaglia versione 1956 venne conferita, dal Ministero della Difesa, anche alle madri dei caduti in azioni partigiane, o per ferite riportate in azioni partigiane, o per malattie contratte durante la resistenza; a quelle delle vittime dai nazifascisti perché prigionieri politici, ostaggi, o per rappresaglia; alle madri dei prigionieri politici morti per i maltrattamenti subiti in carcere o in campo di concentramento.
Epilogo di una pagina di storia della medaglistica
Tutto questo, almeno fino al 2010 quando sia il Regio Decreto del 1919 che il Decreto del Presidente della Repubblica del 1956 sono stati abrogati, scrivendo la parola “fine” su una pagina di storia in medaglia durata oltre novant’anni. Restano quei “distintivi di riconoscimento” e la bella poesia di Renzo Pezzani (1898-1951) dal titolo Preghiera del Milite ignoto, che rende memoria anche alle madri e recita:
Fratello senza nome e senza volto
da una verde trincea t’han dissepolto.
Dormivi un sonno quieto di bambino,
un colpo avea distrutto il tuo piastrino.
Eri solo un fante della guerra,
muto perché ti imbavagliò la terra.
Ora dormi in un’urna di granito,
sempre di lauro fresco rinverdito.
E le madri che non han più veduto
tornare il figlio come te caduto,
nè san dove l’abbian sepolto,
ti chiamano e rimangono in ascolto.
Oh, se mai la voce ti donasse Iddio
per dire: “O madre, il figliol tuo son io”.