Una delle monete più famose di Bisanzio, il follis, specchio dei mutamenti nell’Impero d’Oriente da Giustiniano a Teofilo

 

di Luca Mezzaroba | Immaginiamo di trovarci alla fine del regno dell’imperatore Giustiniano I (527-565) e di essere seduti in una locanda di Costantinopoli o di un’altra città bizantina, con accanto un vecchio soldato intento a mangiare e raccontare le sue imprese giovanili.

Costui è senz’altro un bucellario (un soldato d’élite, arruolato e armato direttamente da uno dei grandi comandanti militari dell’epoca, ben addestrato e quindi inviato spesso in missioni delicate); proprio per questo non ci stupiamo quando il vecchio militare, al momento di pagare la cena, prende, da un borsello piuttosto gonfio, diverse monete di bronzo che fa rotolare sul tavolo.

follisFig. 1 | Follis di Giustiniano I precedente alla riforma. Bronzo, 32,3 mm; 16,76 g

Fig. 2 | Follis di Giustiniano I, anno XIII, coniato a Cizico. Bronzo, 41,5 mm; 21,7 g.; 12 h

Avvicinandoci un po’, possiamo osservare meglio queste monete che cadono, alcune dalla parte del dritto altre da quella del rovescio: guardando con attenzione, ci accorgiamo che si tratta di follis realizzati proprio durante il regno di Giustiniano, essi però non sono tutti uguali: in effetti differiscono tra loro, soprattutto sul rovescio, per alcuni particolari. Sia le monete più piccole e leggere sia quelle più grandi e pesanti mostrano infatti al dritto il busto del sovrano in abiti militari (anche se nelle prime egli è visto di profilo, nelle seconde è frontale).

Quello che ci incuriosisce di più è però il rovescio: nei follis più piccoli esso infatti presenta solo due elementi, vale a dire una grande M centrale (simbolo del valore della moneta pari a 40 nummi) e le iniziali della zecca di produzione; nei follis più grandi invece esso è organizzato, per così dire, in tre fasce: nella prima (a sinistra) si nota la scritta “ANNO”, quella centrale mantiene invece la M e l’indicazione della zecca, mentre nella terza fascia (a destra) si possono notare dei numeri romani.

La differenza tra i due tipi di monete deriva in realtà da un decreto (novella 47) di Giustiniano che, nel 537, aveva stabilito che la datazione in tutto l’impero non dovesse più essere regolata secondo gli anni dei consoli ma facesse riferimento all’anno di regno del sovrano.

Questa scelta, che decretò di fatto la fine del consolato come magistratura “pubblica” (la crisi per la verità era già in atto da molti anni visti gli enormi costi che comportava l’assunzione della carica), ebbe anche una ricaduta sulla monetazione bronzea dato che, tra il 538 e il 539, i follis subirono una vera e propria rivoluzione iconografica adottando, come abbiamo visto, al dritto la raffigurazione frontale del sovrano e, al rovescio, l’inserimento della datazione con l’anno di regno del sovrano (“ANNO”) e il numero romano corrispondente (ad eccezione del numero 6, indicato come Ч).

follisFig. 3 | Mezzo follis di Giustiniano I, anno XIV. Bronzo, 28 mm; 11,25 g

Questa grande riforma, portata avanti dall’odioso ministro Pietro Barsime (secondo Procopio, Storia Segreta, XXII, 3: “lestissimo a rubare le monetine, con veloce gioco di dita […] era abilissimo a rubare i denari di chi per sua disgrazia s’imbatteva in lui”), coinvolse anche altri tipi di monete, come i mezzi follis o i decanummi, ma in realtà non ebbe effetti immediati: se infatti le zecche di Costantinopoli, di Cizico e di Nicomedia (queste due ultime città erano poco distanti dalla capitale) si adeguarono immediatamente, d’altra parte quelle di centri più importanti come Alessandria, Cartagine e Antiochia furono molto più lente, continuando a mantenere segni e caratteristiche proprie. In effetti la presenza sul rovescio di segni quali croci, crescenti e stelle non era un fatto nuovo, tanto è vero che alcuni di essi, come le stelle, erano presenti anche nelle monete precedenti alla riforma del 538 e potevano essere riferite ad una sorta di datazione legata a periodi di cinque anni.

Questo sistema di datazione dei follis si mantenne pressoché stabile nel corso del VI secolo, tuttavia già nel VII secolo esso mostrò i primi segni di crisi: l’avvento della dinastia di Eraclio, la progressiva ellenizzazione dell’impero ma soprattutto le terribili sconfitte subite contro gli arabi comportarono un grave declino nella qualità della coniazione monetale, che andò a colpire soprattutto la monetazione di minor pregio, come i follis, specialmente per quanto riguarda la cura dei dettagli, che ne costituivano la specificità, come appunto la corretta e regolare indicazione della datazione.

 

Fig. 4 | Follis di Costante II. Bronzo, 24 mm; 3,86 g
Fig. 5 | Follis di Costante II, classe 2. Bronzo, 22 mm.; 3,97 g

Fu durante il regno di Costante II (641-668) che questa situazione raggiunse probabilmente il livello più grave: alla bassa qualità dell’iconografia dei follis infatti si aggiunsero anche i primi inserimenti di elementi greci nonché alcune scelte propagandistiche del sovrano, tutti fattori che, per noi, rendono ancora più complessa la comprensione del rovescio di queste monete.

Non possiamo soffermarci sulle ragioni né tanto meno sulle interpretazioni, peraltro non ancora del tutto chiare, che hanno guidato le scelte di Costante II, in questa sede ci limiteremo a far notare come, nei primi follis del sovrano, la grande M centrale non sia più accompagnata dalla parola “ANNO” (sulla sinistra) e dalla data (sulla destra) ma sia invece “circondata” dall’espressione greca ananèosis (rinnovamento) resa in lettere maiuscole ANA (sulla destra) e NϾOS (sulla destra).

Questa situazione è resa ancora più complessa nella classe 2 dei follis di Costante II in cui le lettere ANA, poste non più a sinistra ma nella parte alta del rovescio, fanno spazio alla sigla O A, che Grierson interpreta con l’espressione offikina, tipica della prima età bizantina. Fu solo negli ultimi anni di Costante II che i follis tornarono ad avere il normale rovescio con tutte le consuete caratteristiche (data, anno, zecca) nelle posizioni corrette; va in ogni caso segnalato come sempre più spesso i numeri romani fossero sostituiti da quelli greci, segno di un progressivo allontanamento dalla cultura romana anche sul piano numismatico.

Questo risulta evidente già pochi anni dopo: mentre infatti i follis di Teodosio III (715-717) saranno gli ultimi in cui la data è indicata in modo chiaro e regolare, già quelli del suo successore Leone III (717-741) segneranno di fatto la rottura con la riforma di Giustiniano, trasformando le lettere del rovescio dei follis, ormai del tutto incomprensibili sia sul piano linguistico (la parola “ANNO” e i numeri romani) sia su quello del valore monetale (la grande M) in semplici segni legati ormai alla tradizione e del tutto privi di contenuto.

follisFig. 6 | Follis di Leone III e Costantino V. Bronzo, 22 mm; 5,75 g; 6 h

Va letto in questo senso il rovescio delle ultime classi dei follis di Leone III e soprattutto di quelli del figlio Costantino V e del nipote Leone IV nei quali al numero sempre crescente di personaggi che affollano sia il dritto che il rovescio della moneta (caratteristica tipica della dinastia) si uniscono ormai quasi forzatamente la M (centrale) e le lettere NNN (a volte ANN o AA) e XXX, posizionate in modo del tutto irrazionale (a volte sulla destra o volte sulla sinistra) e soprattutto in un settore ormai del tutto marginale del rovescio.

Fig. 7 | Follis di Leone IV e Costantino VI (al rovescio Leone III e Costantino V). Bronzo, 23 mm; 4,46 g; 6 h

L’abbandono della maggior parte degli elementi iconografici tipici della dinastia isaurica, voluto dagli imperatori dei primi anni del IX secolo (Irene, Niceforo I), restituisce certamente dignità all’antico rovescio dei follis ma solo da un punto di vista formale: le lettere rappresentante sono infatti le solite NNN e XXX e soprattutto la M centrale, pur essendo tornata alle sue grandi dimensioni, ha perso ormai del tutto il suo antico significato, venendo addirittura interpretata come iniziale del proprio nome dal nuovo sovrano Michele II Amoriano.

Fig. 8 |  Follis di Michele II e Teofilo. Bronzo, 28 mm; 8,43 g; 6 h
Fig. 9 | Follis di Teofilo. Bronzo, 30 mm; 7,74 g; 5 h
follisFig. 10 | Follis di Teofilo (post 830). Bronzo, 28 mm; 7,83 g; 6 h

Sarà proprio la dinastia amoriana ad infliggere l’ultimo colpo alle vestigia del sistema introdotto da Giustiniano I: se infatti esso aveva resistito ancora durante il regno di Michele II (che tra l’altro aveva aggiunto alla M una piccola Θ per indicare l’iniziale anche del figlio Teofilo), sarà proprio con quest’ultimo che il rovescio del follis assumerà una nuova iconografia, abbandonando definitivamente la M e le altre sigle.

Per commemorare le sue vittorie militari infatti il sovrano decise di creare un nuovo follis (erano gli anni Trenta del IX secolo) inserendo al dritto la sua immagine in abiti trionfali e al rovescio una scritta celebrativa in quattro righe.