Per ingraziarsi l’imperatore, una città raccolse tutti i denari disponibili e li spedì a Roma, ricevendone un regale ringraziamento eternato poi sulla pietra
di Antonio Castellani | La città di Nicopolis ad Istrum, nel territorio dell’odierna Bulgaria, venne fondata dall’imperatore Traiano agli inizi del II secolo e, in poco tempo, grazie alla favorevole posizione geografica, divenne un vivace centro di commerci legato a doppio filo anche alla capitale dell’Impero, quella Roma così lontana ma con cui gli abitanti della città si sentivano profondamente legati.
Tra le evidenze archeologiche dell’antica Nicopolis ad Istrum è stata ricomposta, dopo un lunghissimo lavoro, una iscrizione risalente al II secolo e gli archeologi sono rimasti colpiti dal fatto che quelle parole rappresentavano un esplicito messaggio di gratitudine dell’allora imperatore Settimio Severo nei confronti della remota città.
Gratitudine per cosa? È presto detto: la comunità si era adoperata per una donazione in sonanti e preziose monete – la bellezza di 700 mila denari – che furono inviati all’imperatore il quale, incamerandoli ben volentieri nelle voraci casse statali, decise di dare un segno del suo apprezzamento.
Del resto, Nicopolis ad Istrum aveva qualcosa da farsi perdonare da Settimio Severo, ossia il fatto di non averlo sostenuto tra i pretendenti alla corona imperiale al momento della morte di Commodo, nel 192 dopo Cristo. E, si sa, le vendette imperiali possono essere molto spiacevoli, specie nei confronti degli oppositori.
È probabile che la donazione venne effettuata nell’anno 198 sorprendendo sia Settimio Severo che suo figlio, Caracalla, che ne sarà il successore e che estenderà la cittadinanza romana in tutte le terre dell’Impero). Come ringraziamento, l’imperatore e il suo erede scrissero agli abitanti della città bulgara affermando di essere grati per aver ricevuto un simile dono da “persone dalla parte giusta”.
I cittadini di Nicopolis ad Istrum decisero quindi, a loro volta, di eternare quelle parole su un imponente pilastro di pietra calcarea che, oggi, si trova ancora al suo posto. Appare interessante che, dalle più recenti traduzioni del messaggio imperiale, Severo abbia mentito riguardo un aspetto della propria vita: infatti, affermò di essere discendente di Marco Aurelio, sul trono di Roma dal 161 al 180, mentre in realtà egli era di origine nordafricana e non era legato dal sangue ad alcuna linea dinastica precedente. Ma, si sa, agli imperatori si perdona questo e altro…