Sono le piastre dell’anno XIII di Clemente XI per l’erezione dell’obelisco | Celebrazione e verismo su due rare monete dal bulino di Ermenegildo Hamerani
di Roberto Ganganelli | Sono tredici gli obelischi antichi di Roma, e quello situato in piazza della Rotonda è noto a tutti come “l’obelisco del Pantheon”.
Il manufatto di origine egiziana, che risale al tempo del faraone Ramses II e fu portato nell’Urbe dall’imperatore Domiziano, inizialmente venne collocato a decorazione dell’Iseo Campense (un tempio dedicato, guarda caso, alla divinità egiziana Iside).
Dopo secoli e secoli di oblio venne ritrovato nel 1373 presso l’attuale piazza di San Macuto (da cui deriva il sua altro nome, “obelisco macuteo”) e venne eretto nella sua posizione attuale, di fronte al Pantheon, nel 1711 per volere di papa Clemente XI Albani. A fargli da prestigioso piedistallo, innalzandone il pinnacolo da meno di sei metri e mezzo a oltre quattordici e mezzo, fu una precedente fontana opera di Giacomo Della Porta.
Due piastre “agli opposti” per celebrare l’obelisco macuteo
Certo, per la Roma di papa Clemente XI, raffinato amante delle bellezze architettoniche e desideroso di ornare la Città eterna con nuove opere d’arte, questo monolite restituito alla gloria dovette significare molto, tanto da far ordinare la coniazione nella zecca pontificia non di una, bensì di due piastre in argento dedicate al monumento.
Due monete rare e bellissime il cui interesse, oltre che nella raffinatezza delle incisioni, sta nel mostrare come per una stessa occasione, per il medesimo soggetto, si potessero adottare approcci completamente differenti.
Sulla piastra Muntoni 38, non firmata ma opera di Ermenegildo Hamerani, l’antico manufatto in pietra spicca nitido, solitario, sul sue basamento a fontana con delfini e con, in basso, i gradini in prospettiva e i paracarri in pietra posti a delimitare l’area monumentale.
Sormontato dalla croce, l’obelisco macuteo segna la direzione del cielo contro un fondo completamente vuoto in una composizione elegantissima e minimalista. Ai suoi piedi, sulla finta scogliera del basamento, si distingue perfino lo stemma Albani e, sugli esemplari prossimi al fior di conio, si riconosce l’acciottolato di sampietrini che pavimenta la piazza.
La piastra Muntoni 39, sempre dell’anno XIII di pontificato e stavolta siglata E.H., al motto FONTIS ET FORI ORNAMENTO (“Ornamento della fontana e della piazza”) abbina invece l’obelisco visto nella complessa architettura che si godeva ammirando il monumento dal portico del Pantheon.
Un’istantanea del centro di Roma, trecento anni fa circa
Ci si offre così una scena di straordinaria animazione con personaggi che attraversano lo spazio vuoto delimitato dalle asimmetriche architetture degli edifici. Piccole finestre, balconi, comignoli e abbaini, perfino dei fili tesi sul terrazzo alla sommità di un palazzo raccontano di una Roma viva e chiassosa, di un luogo di incontro, di una piazza monumentale e al tempo stesso profondamente urbana.
Senza contare quelle strutture provvisorie che quasi abbracciano l’obelisco, tettoie di mercanti e fabbri sotto i cui archi si scorgono – almeno nelle piastre di miglior conservazione – minuscole figure al lavoro. Come altre figure, quasi commoventi per la perizia che l’Hamerani deve aver impiegato nell’inciderle, si affacciano da alcune delle finestre.
Se, dunque, nella prima versione della piastra assistiamo ad un celebrazione quasi “medaglistica” del ricollocato obelisco, nella seconda l’incisore scatta una formidabile istantanea – come oggi farebbe qualunque turista – per immortalare una scena di vita quotidiana.
Talmente realistica che, osservando nei dettagli questo mirabile rovescio, quasi ci si aspetta di veder sbucare, dai vicoli raffigurati in prospettiva perfetta, una campagnola col suo cesto di verdure o un carretto pieno di mercanzie. Del resto, nonostante i ripetuti divieti delle autorità pontificie volti a rendere la piazza della Rotonda uno dei “salotti romani”, fino al 1847, col suo obelisco come familiare icona e punto di ritrovo, fu la sede rumorosa – e maleodorante – di uno dei più vivaci mercati romani di pesce e ortaggi.