Nel 1656-1657 infuria il morbo nella Città eterna e un prelato veneziano si prodiga tra i malati | Proclamato beato, sarà celebrato con un’osella e una medaglia

 

Gregorio Barbarigo in abito cardinalizio
Gregorio Barbarigo in abito cardinalizio

di Roberto Ganganelli | Gregorio Barbarigo (Venezia, 16 settembre 1625 – Padova, 18 giugno 1697), patrizio veneziano, fu vescovo di Bergamo (dal 1657) e dopo l’investitura a cardinale nel 1660 venne nominato vescovo di Padova (1664). Un alto prelato come tanti, si potrebbe pensare, e invece…

Di lui scrive Domenico Agasso in Famiglia cristiana: “Nel maggio 1656 scoppia a Roma la peste bubbonica, che dura fino all’agosto 1657, facendo migliaia di vittime. Il papa Alessandro VII (Fabio Chigi), che era a Castelgandolfo, torna subito nell’Urbe e si fa vedere in giro anche a piedi, per incoraggiare i romani.

A dirigere i soccorsi in Trastevere, epicentro del contagio, sceglie il prete trentunenne Gregorio Barbarigo, di famiglia veneziana. E sa quello che fa. Era nunzio papale a Münster (Germania) nel decennio precedente, per la pace dopo la Guerra dei Trent’anni; e lì ha conosciuto il giovane Barbarigo, allora segretario dell’ambasciatore di Venezia. Lo ha poi consigliato negli studi, fino al sacerdozio. Infine, eletto papa nel 1655, lo ha chiamato a Roma. Se ne fida come di sé stesso, e perciò lo manda tra gli appestati di Trastevere.

Lui obbedisce, senza però nascondere la paura. Ne scrive anche a suo padre. Ma quando vede come vive e muore quella gente, sa farsi capo, guida, fratello; è prete, infermiere, seppellitore, è il padre dei trasteverini.

Medaglia del 1911 che ricorda Gregorio Barbarigo nel 150° anniversario della beatificazione
Medaglia del 1911 che ricorda Gregorio Barbarigo nel 150° anniversario della beatificazione

Il papa nel 1657 lo nomina vescovo di Bergamo e nel 1658 cardinale. In diocesi prende a modello Carlo Borromeo, con un appassionato accento personale nell’istruzione religiosa. Nominato vescovo di Padova (1664), nella città del grande Ateneo dà slancio al grande Seminario: stimola la formazione teologica e biblica e la vuole arricchita di sapere classico, di scienza e di familiarità con le lingue; dà ai chierici una ricchissima biblioteca e crea una tipografia anche con caratteri greci e orientali, gettando ponti culturali tra Europa e Asia. Al tempo stesso, dice un testimone, ‘mangia con la servitù e non lascia mai d’insegnare la dottrina cristiana, di fare missioni e assistenza a’ moribondi’.

[…] Due volte è sul punto di diventare papa, e dice sempre di no. Per lui, vivere è Padova, è lo studio, è la carità. E’ suonare la campana del catechismo ai bambini, preparando banchi e sedie da sé, per la gioia di educarli personalmente alla fede; come un tempo accudiva con le sue mani gli appestati di Trastevere”.

L'osella "della reliquia" coniata nel 1761 dal doge Francesco Loredan per la beatificazione del cardinale Barbarigo
L’osella “della reliquia” coniata nel 1761 dal doge Francesco Loredan per la beatificazione del cardinale Barbarigo

Il Barbarigo viene beatificato da Clemente XIII nel 1761. Poi tutto si ferma per un secolo e mezzo finché, nel 1911, giungono a Pio X appelli per la sua canonizzazione, e uno di essi ha tra i firmatari anche il “prof. sac. Angelo Roncalli”, futuro Giovanni XXIII. E sarà proprio lui a proclamare santo Gregorio, il 26 maggio 1960.

La procalamazione a beato di Gregorio Barbarigo fu importante per la Serenissima al punto che il doge Francesco Loredan (1752-1762) dedicò a questo evento le oselle dell’anno X (1761). Fatto quanto mai inconsueto, queste monete-dono portano al dritto, su campeggiano – una sorta di “urna – le insegne cardinalizie, il leone marciano e due putti nell’atto di sorreggere niente meno che una costola umana, reliquia del beato donata dal papa alla Serenissima.

La medaglia che papa Clemente XIII Rezzonico dedica nel 1761 al beato Barbarigo, suo concittadino
La medaglia che papa Clemente XIII Rezzonico dedica nel 1761 al beato Barbarigo, suo concittadino

Completa questa “gotica” composizione – emblematica di quanto le reliquie fossero ancora importanti, sia dal punto di vista devozionale che politico, nell’Italia del XVIII secolo – la legenda BEATI GREG BARBADICI CARD COSTA. Al rovescio una ricca cartella col nome del doge, la consueta dizione PRINCIPIS MUNUS e l’anno di emissione.

Anche papa Rezzonico, del resto, da buon veneto fa coniare una medaglia per la beatificazione del suo virtuoso concittadino alludendo al Barbarigo, sul rovescio, come EPISC[opus] PATAVINO IN ALBVM BEAT[orum] RELATO.