Nato nel capoluogo emiliano, legatissimo alla sua città, Prospero Lambertini ne fu ricambiato in affetto e con splendide rarità numismatiche
di Michele Chimienti | Il pontefice Benedetto XIV, al secolo Prospero Lambertini, apparteneva ad una nobile famiglia senatoriale di Bologna ed è sempre stata una delle figure più amate dai suoi concittadini, di cui fu a lungo arcivescovo. Un affetto che sopravvisse alla sua morte. Ancora oggi viene rappresentata con successo nei teatri bolognesi una commedia dialettale di Alfredo Testoni intitolata Il Cardinal Lambertini. In essa il futuro pontefice è rappresentato come un personaggio estremamente umano, cordiale e ricco di humor.
Intelligente, pragmatico, non privo di senso dell’umorismo Prospero Lambertini, qui in un bel busto in marmo, è stato uno dei pontefici più importanti del Settecento
Queste furono certamente doti di Benedetto XIV che – tuttavia – era anche uomo di profondissima cultura, amante delle lettere classiche, dell’arte e delle scienze. Inoltre, si dimostrò anche un ottimo amministratore dello Stato Pontificio.
Prospero Lambertini era nato il 31 marzo 1675 da una nobile famiglia e a 13 anni fu inviato a Roma per completarvi i suoi studi. Dimostrò le proprie doti soprattutto nella teologia e nella giurisprudenza e ricoprì anche la carica di rettore dell’Università della Sapienza di Roma.
Un raffinato bolognese tra scienze ed arti
Nel 1731 fu nominato arcivescovo di Bologna ed amministrò la diocesi con straordinaria energia ed in modo illuminato. Il 17 agosto 1740, dopo un lungo e tormentato conclave, i cardinali lo elessero papa all’unanimità. Tuttavia, anche dopo l’ascesa al soglio pontificio non volle rinunciare all’arcivescovato della sua Bologna e lo conservò sino al 1754.
Il suo amore per le lettere e le scienze sono testimoniati dai libri che scrisse, dalle numerose accademie che fondò e dai suoi legami con i principali studiosi dell’epoca. Il suo spirito, libero da pregiudizi, si manifestò anche quando diede il consenso alla nomina di due donne per la copertura di altrettante cattedre dell’Università bolognese: Maria Agnesi per la matematica e Laura Bassi per la filosofia.
Piazza Maggiore a Bologna, il cuore della città, come appariva ai tempi del Lambertini che fu prima arcivescovo della città a e poi papa, dal 1740 al 1758
Tuttavia Benedetto XIV era ben conscio delle proprie funzioni e, quando necessario, seppe mostrare fermezza anche riguardi di grandi letterati come il Muratori e Voltaire. Ma, una volta chiariti i dissensi, rimase una reciproca stima. Con il suo spirito pratico ed illuminato Benedetto XIV diede impulso all’agricoltura e ai commerci e riuscì a riportare in attivo il bilancio dello Stato della Chiesa, in cronico dissesto.
Le uniche critiche al suo operato provengono da alcuni storici ecclesiastici moderni. Gli viene rimproverata la sua politica estera, di essere stato troppo arrendevole verso gli altri Stati europei (cedette ai Savoia alcuni feudi che la Chiesa possedeva all’interno dei loro confini).
Non si oppose al trattato tra Maria Teresa Austria e la Repubblica Veneta che soppresse il patriarcato di Aquileia. Alla stessa imperatrice consentì di tollerare nei propri stati i sudditi protestanti limitandosi a raccomandare di tentare la loro conversione. Importanti concessioni furono fatte anche allo zar di Russia ed al re di Spagna.
Ci si dovrebbe chiedere, tuttavia, se queste furono vere “sconfitte” o piuttosto una presa di coscienza del mondo che stava cambiando sotto l’impulso dell’Illuminismo. Un solo atto politico risulta veramente di difficile comprensione ed è la sua arrendevolezza sulla questione dei Gesuiti, in particolare nei confronti del re del Portogallo.
Prospero Lambertini e la “questione gesuitica”
Nel secolo dell’Illuminismo i Gesuiti erano guardati con ostilità dalla maggior parte degli stati europei. In particolare, erano accusati di voler interferire nella politica laica approfittando della loro posizione nella società. Infatti, i figli delle classi sociali più elevate erano educati nelle loro scuole, ed inoltre i Gesuiti costituivano la guida spirituale delle classi dirigenti essendo i confessori più preparati ed introdotti presso l’aristocrazia. Per questo il loro potere era molto grande, creando spesso un sentimento di timore e persino di odio, ed era riassunto nell’epiteto dato al padre generale del loro ordine: “papa nero”.
Gli attriti tra il re portoghese e i Gesuiti si erano aggravati a seguito delle missioni istituite da questi ultimi nell’America del Sud dove il Portogallo aveva ottenuto dalla Spagna alcune colonie nel Paraguay. Gli eventi sono stati magistralmente e poeticamente descritti nel film Mission uscito diversi anni fa. Gli indigeni di quelle regioni erano stati convertiti alla fede cattolica per opera di missionari gesuiti e da questi erano governati ed organizzati in grandi aziende agricole ed artigianali.
Lo stemma del pontefice bolognese oranto dalla tiara, dalle chiavi e della tripla croce come appare in un bel decoro architettonico
L’intenzione del governo portoghese era tuttavia quella di sfruttare direttamente le nuove colonie, utilizzando gli indigeni come manodopera. Per far ciò distrussero le missioni riducendo gli indigeni in schiavitù. I religiosi si opposero con tutto il loro impegno a queste violenze ed anche essi furono perseguitati e persino uccisi dal governo portoghese.
Benedetto XIV diede l’incarico di far luce su questi problemi al cardinale portoghese Saldanha ed infine, quando ormai era indebolito dalla malattia che lo avrebbe condotto alla morte, gli conferì i pieni poteri per riformare i Gesuiti del Portogallo. Fu questo il primo passo che avrebbe favorito la vittoria dei loro nemici in tutta Europa sino alla soppressione dell’Ordine nel 1773 sotto Clemente XIV.
Questa arrendevolezza dinnanzi al potere laico è forse l’unica debolezza attribuibile a Benedetto XIV. Ma se si medita con calma sull’evoluzione della civiltà europea e del papato in quell’epoca, il giudizio negativo può forse essere rovesciato.
Sino ad allora la Chiesa sopperiva ancora ad una parte di quelle funzioni civili e culturali di cui si era fatta carico sin dagli albori del medioevo, quando mancava un’autorità laica in grado di svolgerle. Ancora nel XVIII secolo, all’epoca dei Lumi, la Chiesa svolgeva importanti funzioni di guida della popolazione e di preparazione scolastica per i giovani dei ceti dirigenti.
Dotta e ricca, la Bologna del Settecento era un polo culturale e commerciale di prim’ordine nello Stato Pontificio: in questa cartolina il centralissimo Foro dei Mercanti
D’altro canto, il clero godeva di estese esenzioni fiscali e di immunità giuridica potendo essere giudicato e condannato solo da tribunali ecclesiastici. Ai nostri occhi questa situazione è chiaramente illogica ma nel XVIII secolo solo le menti più illuminate del clero lo comprendevano.
Forse, proprio perché Benedetto XIV era tra queste, cercò di ritirare la Chiesa nelle sue funzioni di carattere religioso, lasciando ai governi laici europei i loro compiti specifici educativi, legali, fiscali e politici, anche se non sempre portati a termine con giustizia. Ovviamente, non tutti riuscirono a capire la grandezza del pontefice che fu interpretata come debolezza.
Da arcivescovo di Bologna al soglio di Pietro
Negli anni in cui fu arcivescovo di Bologna prima di salire al soglio pontificio, i suoi concittadini impararono a stimarne le doti di umanità ed intelligenza e quando il Lambertini divenne pontefice la loro gioia fu immensa e l’esternarono in molti modi, tra cui l’emissione di monete e medaglie.
Il 23 agosto 1740, appena giunse a Bologna la notizia dell’elezione al soglio pontificio del loro arcivescovo, l’Assunteria di Zecca decise di far coniare dei grandi scudi d’argento con lo stemma del nuovo pontefice, come era consuetudine. Infatti, a marzo era stato accantonato un certo quantitativo d’argento per questo scopo.
Scudi celebrativi per l’inizio del pontificato
Quando si seppe la notizia dell’elezione, al termine di un lungo e contrastato conclave, non solo si diede il via all’emissione di scudi d’argento ma fu anche deciso di modificare la solita legenda per quella occasione. Sui grandi scudi d’argento al nome del pontefice BENEDICTUS XIV P M fu aggiunta la parola BONONIENSIS, mentre al rovescio si pensava in un primo momento di scrivere BONONIAE DECOR. Inoltre, non ci si limitò a stabilire l’emissione di scudi d’argento, bensì si dispose di coniare anche delle doppie d’oro.
In ottobre l’incisore presentò una prima prova in piombo dei coni allestiti per l’occasione ma gli “assunti” pretesero che rifacesse la grande croce con maggior rilievo e l’arma del pontefice più grande ed elaborata.
Quando gli scudi d’argento uscirono in novembre dalla zecca, al termine della solita legenda del dritto era aggiunto l’aggettivo BONONIENSIS. Il rovescio dello scudo d’argento fu lasciato simile a quello solito, senza modificarne la legenda che rimase BONONIA DOCET in basso 1740, ma facendo scomparire l’indicazione del valore di 80 bolognini (Chimienti 2009 n. 881; CNI Vol. X, p. 287 n. 1; Muntoni VoI. III, p. 200 n. 225).
In effetti il contenuto d’argento della moneta era quello solito ma, poiché nel 1734 vi era stata una riduzione del contenuto d’argento della moneta pontificia dovuta all’aumento di valore del metallo, nel 1740 uno scudo di quel peso valeva 90 bolognini e non più 80 come prima. Nel corso del 1740 non si riusirono ad emettere monete d’oro e l’elezione venne commemorata solo con uno scudo d’argento.
Scudo d’argento da 90 bolognini emesso nel dicembre 1740 per l’elezione di Benedetto XIV. Sul dritto è raffigurato come al solito lo stemma del pontefice, mentre la legenda presenta una particolarità che la distingue dalle monete degli altri pontefici: BENEDICTVS XIV P M BONONIENSIS. AI rovescio è raffigurata la grande croce fiorata affiancata a sinistra dallo stemma del cardinale legato Alberoni e a destra dallo stemma di Bologna. La leggenda è BONONIA DOCET, con la data 1740 posta all’esergo (Ø = mm 41)
Due rarità numismatiche al tipo di Felsina guerriera
Le monete d’oro vennero un anno dopo, nel dicembre del 1741, ma al posto delle doppie furono coniati degli zecchini e dei doppi zecchini ai qualii si aggiunsero degli scudi d’argento di nuovo tipo. Sia per gli zecchini semplici che per quelli doppi venne utilizzato lo stesso conio e questo conferma che il significato di questa emissione fosse quello commemorativo piuttosto che di monete da immettere nella circolazione per un significativo utilizzo monetario.
In alto, zecchino doppio (Ø = mm 23); in basso, zecchino semplice (Ø = mm 20). Per lo zecchino doppio venne utilizzato il medesimo conio dello zecchino semplice; da questo differisce per il peso e per una maggiore larghezza di circa due millimetri. Ciò comporta la presenza di un bordo liscio attorno al cerchio zigrinato. Questo sarebbe stato rischioso se la moneta fosse stata destinata alla circolazione, perché avrebbe favorito la tosatura
Sul dritto era presente il ritratto del pontefice e la legenda BENEDICTVS·XIV·P·M·BON·A·II· presentava il solito aggettivo “bolognese” (BON = “bononiensis”) che tanto inorgogliva i Bolognesi. Al rovescio c’era la raffigurazione di una donna in armi che sorreggeva un vessillo con la scritta LIBERTAS.
Era la rappresentazione di Felsina in vesti guerriere, cioè della città di Bologna che in epoca etrusca aveva questo nome. Ai lati della figura vi sono le lettere S. C. (copiate dai sesterzi romani dove significavano “Senatus Consulto”, ovvero “per decisione del Senato”). La legenda era PATRI PATRIAE (“Al padre della patria”).
Quei cento scudi da novanta bolognini
Nello stesso giorno degli zecchini fu emesso anche un nuovo scudo d’argento da 90 bolognini completamente diverso da quello dell’anno prima, ma di peso equivalente (Chimienti 2009 n. 882; CNI Vol. X, p 288, n. 8; Muntoni, Vol. III, p. 200, n. 226).
Sul dritto era raffigurato il busto del pontefice volto a sinistra con attorno la seguente leggenda: BENEDICTVS · XIV · P · M · ET · ARCH · BON ·. Il campo del rovescio era occupato dalla legenda PASTORI ET PRINCIPI SENATVS BONONIENSIS MDCCXLI cioè “Il Senato bolognese [dedica questa medaglia] al pastore ed al principe. 1741” disposto in sei righe con un fregio in alto ed uno sotto.
Questa moneta voleva essere un atto di gratitudine verso il pontefice che dopo l’elezione, nonostante il grande impegno di lavoro che essa comportava, non aveva rinunciato alla precedente carica di arcivescovo di Bologna che mantenne sino al 1754.
Era un evidente segno dell’affetto del pontefice per la sua città quindi il Senato bolognese volle esprimere la sua riconoscenza con questa dedica non solo al principe, cioè al capo dello Stato della Chiesa, ma anche al pastore cioè al loro arcivescovo.
Tra le rarità numismatiche del pontificato di Benedetto XIV lo scudo d’argento emesso nel dicembre 1741 al valore di 90 bolognini ma in soli 100 esemplari per celebrare la volontàdel papa di continuare a ricoprire la carica di arcivescovo di Bologna (Ø = mm 41)
Per questo scudo è stato avanzato il sospetto che si trattasse di una medaglia e non di una moneta. Infatti, presenta un rilievo molto più marcato degli altri scudi e gli esemplari noti sono tutti di conservazione splendida, segno che non hanno circolato.
Esiste però il documento che ne attesta l’estrazione di zecca avvenuta il 30 dicembre 1741. Si trattava evidentemente di un’emissione a scopo puramente celebrativo in quanto ne furono coniati solo cento esemplari.
A tal proposito, nell’Archivio di Stato di Bologna troviamo, in Assunteria di Zecca, Atti, vol. 7 (1733-44), 20/11/1741: “Ordinato al Lelli, che faccia ancora sollecitamente il conio dello scudo d’argento, venendosi in massima di gettarli ad uno ad uno sino al numero di cento perché l’impressione riesca meglio”.
Per questi scudi fu deciso, visto che non dovevano circolare, di dar loro l’elegante aspetto ben rilevato di una medaglia. Poiché a quei tempi le presse della zecca erano scadenti vi sarebbero state difficoltà a coniare monete con un rilievo così alto. Quindi fu ordinato di non battere direttamente i tondelli piatti, ma di fonderli prima in uno stampo con il rilievo desiderato e rifinirli in un secondo tempo con la coniazione.
Le monete bolognesi di circolazione sotto Benedetto XIV
A queste monete celebrative si affiancò, nel corso del lungo pontificato di Benedetto XIV, l’emissione di monete create solo per la circolazione. Si trattava di quattrini e mezzi bolognini di rame, di muraiole da due e da quattro bolognini di bassa lega d’argento (mistura), e di monete d’argento alla lega bolognese rappresentate da bianchi da 12 bolognini e da mezzi paoli da 5 bolognini.
La lega bolognese era quella usata in passato dalla zecca di Bologna ed era al 820‰, a Roma si usava invece una lega migliore al 920‰ che da un secolo e mezzo era stata imposta anche a Bologna.
Per l’officina monetaria bolognese, il cui livello tecnologico dal ‘600 era notevolmente peggiorato, l’uso di questa lega divenne troppo costoso e la produzione monetaria d’argento risultava in perdita. Per questo motivo dalla fine del ‘700 si battevano monete d’argento in numero esiguo solo per celebrare l’elezione di un nuovo pontefice o la nomina di un nuovo cardinale legato, allo scopo di non perdere il diritto di zecca.
Una delle rarità numismatiche bolognesi di papa Lambertini: un magnifico esemplare dello zecchino al tipo di Felsina guerriera coniato nel 1741 per l’illustre concittadino assurto al massimo ruolo nella Chiesa, quello di romano pontefice
Per la circolazione si producevano le monete di rame e di mistura mentre per l’oro e l’argento si usavano quelle di altre zecche. Nel 1736 si giunse alla conclusione che solo utilizzando una lega d’argento più bassa, come quella usata della zecca bolognese sino al ‘500 e che richiedeva meno spese di raffinazione, era possibile attuare delle consistenti emissioni d’argento. Si iniziò così a battere mezzi paoli da 5 bolognini che ebbero un notevole successo. Così ad essi vennero affiancati dal 1742 anche dei bianchi da 12 bolognini.
Solo nel 1756 fu attuata una battuta di nuovi scudi da 90 bolognini in argento alla lega romana. L’occasione fu suggerita dalla guarigione del pontefice dopo una grave malattia. Nei documenti dell’Archivio di Stato si legge infatti, in Assunteria di Zecca, Atti, vol. 6 (1743-76), 8/1/1757: “Restò ordinato di far una battuta di scudi bolognesi, ed in essi si pensa di incidervi alcune parole che alludino alla salute recuperata da N. S., ed ai benefici da esso resi alla patria, e di mandarne alcune a sua Santità. Fatta tal battuta se ne mandino due d’oro e quattro d’argento al Papa. Quattro al Cardinal Segretario di Stato. Quattro all’Esimio Nillo. Quattro al sig. Ambasciatore. E due al Segretario Scarselli”.
Anno 1757, “lo scudo della salute recuperata”
Sino all’età di 75 anni Prospero Lambertini aveva goduto di buona salute. Solo nel 1750 comparvero attacchi di gotta di una certa intensità che lo costrinsero a fare uso del bastone. Essi si ripeterono con sempre maggiore violenza sino al punto che non poté più celebrare la Santa Messa non riuscendo a stare in piedi. Tuttavia continuò a svolgere assiduamente la propria attività senza perdere il suo proverbiale spirito umoristico.
Ma il suo stato di salute precipitò ulteriormente nell’inverno del l756. Dopo un banale raffreddore comparve febbre alta e successivamente insufficienza respiratoria. Le condizioni generali si aggravarono a tal punto che la notte del 10 dicembre il medico curante lo dichiarò in pericolo di vita e gli fu somministrata l’estrema unzione. La notizia fece rapidamente il giro delle principali corti europee. Ma, o per le cure mediche o per la forte fibra del paziente, Benedetto XIV migliorò e fece tali progressi che il primo giorno dell’anno 1757 fu celebrata una messa di ringraziamento.
Ovviamente, la notizia del miglioramento suscitò a Bologna ancora più entusiasmo che altrove. Per questo motivo il Senato deliberò l’8 gennaio 1757 di dedicargli una moneta che esprimesse la gioia dei cittadini, dai senatori ai popolani. Al dritto fu posto il busto del pontefice con attorno la legenda BENEDICT · XIV · P · M · BONON · A · XVII ed ancora una volta veniva rimarcata l’origine bolognese del pontefice. Per il rovescio fu scelta la seguente legenda: UNUM OMNIUM VOTUM SALUS PRINCIPIS S · P · Q · B (“La salute del principe è augurio unanime di tutti. Senato e Popolo bolognesi”)” distribuito in cinque righe. Era qualcosa che usciva realmente dal cuore di tutti i Bolognesi.
Quattro esemplari furono inviati al pontefice che tutto sommato era il destinatario dell’augurio. Ma con gli stessi coni vennero battuti almeno due esemplari in oro da inviare assieme a quelli d’argento a Benedetto XIV. Ed ecco spiegata l’esistenza dell’esemplare erroneamente classificato dal Corpus come moneta da 10 scudi. Il suo peso, tuttavia, non corrispondeva ad alcun multiplo di moneta aurea per cui deve essere considerato una semplice medaglia o quanto meno una specie di prova in oro da presentare al papa.
Ma la ripresa dell’ormai ottantunenne pontefice non poteva essere definitiva nonostante la fortissima fibra. Tra continue ricadute e riprese visse sino al 3 maggio 1757 quando sopraggiunse un’ultima fatale polmonite.
Scudo d’argento da 90 Bolognini alla lega romana emesso nel 1757 per festeggiare la guarigione del pontefice (Ø = mm 41): l’anno successivo, tuttavia, la salute di Bendetto XIV sarebbe peggiorata in modo irreparabile
L’8 gennaio del 1757 gli “assunti” della zecca felsinea avevano deciso che la nuova emissione di scudi non dovesse alludere solo alla recuperata salute del pontefice, ma anche a tutti i benefici che aveva recato a Bologna.
L’ultima celebrativa bolognese è all’insegna delle scienze
Per questo motivo si decise alla fine di battere due tipi di scudi, uno dedicato alla salute di Benedetto XIV, l’altro a quanto aveva fatto per la cultura della sua città. Se per il dritto delle due monete è stato utilizzato il medesimo conio, sul rovescio della seconda si legge: PATRIA ET SCIENTIARVM ISTITVTO MAGNIFICE AVCTO S·P·Q·B. (“Per la Patria e per l’Istituto delle Scienze magnificamente ingrandito. Senato e Popolo bolognesi”), il tutto distribuito su sette righe (cfr. Chimienti 2009 n. 882; CNI Vol. X, p. 301 n. 102; Muntoni Vol. III, p. 200 n. 227).
Un’altra delle rarità numismatiche di papa Benedetto XIV Lmabertini: lo scudo d’argento da 90 bolognini alla lega romana emesso nel 1757 per ringraziareil papa del suo sostegno all’Istituto delle Scienze bolognese (Ø = mm 41)
Di questo scudo – come di quello con la legenda OMNIVM VOTVM – esistono due bellissime prove in rame conservate presso il Museo Civico di Bologna.