Una sigla di zecca, MC, per un’inedita moneta del ‘600 partenopeo | Uno “spicciolo” nato in un periodo complesso e solo citato dal Dell’Erba
di Eliodoro Vagliviello | Filippo IV (Valladolid, 8 aprile 1605 – Madrid, 17 settembre 1665), soprannominato Felipe El Grande o El Rey Planeta, all’età di sedici anni, alla morte del padre Filippo III avvenuta a Madrid il 31 Marzo 1621, fu proclamato re di Spagna.
El Rey Planeta e la sua politica nel Meridione d’Italia
All’epoca dell’incoronazione di Filippo IV, per la superpotenza iberica il Regno di Napoli non era nulla più che una provincia da spremere quanto più possibile sia in termini finanziari che di uomini. Filippo IV, infatti, governò il Regno tramite propri viceré che, nelle migliori delle ipotesi, applicavano una politica rapace caratterizzata da una fortissima pressione fiscale.
Questa politica si scaricava quasi in via esclusiva sul popolo, lasciando ampie franchigie per il ceto nobiliare che praticava attività economiche di tipo parassitario e che aveva, come massimo obiettivo, quello di avere un riconoscimento politico e sociale pari a quello delle nobiltà spagnola ed accedere alla cerchia più ristretta della corte del re.
L’aumento dell’imposte raggiunse il massimo con l’approvazione della tassa sulla frutta di cinque carlini per cantara sulla frutta estiva e di dieci sulla frutta invernale imposta dal viceré D’Arcos, al principio del 1647, che scatenò la rivolta – in verità molto meno spontanea ed occasionale di quanto si creda – guidata da Masaniello, ma che aveva, come eminenza grigia, l’ottuagenario giurista Giulio Genoino, di origini cavesi.
La rivolta di Masaniello e la repressione spagnola
La rivolta incendierà Napoli nel biennio 1647-1648, ma fallirà miseramente per due ordini di ragioni: la spaccatura all’interno del fronte rivoluzionario tra coloro che intendevano acquisire autonomia dalla Spagna, rispetto a coloro che, invece, intendevano soltanto ottenere maggiori riconoscimenti dal Filippo IV e una parificazione dei voti del popolo con la nobiltà, dando applicazione ad un vecchio privilegio concesso dal re Ferdinando d’Aragona; la seconda ragione era determinata dal fatto che la Francia, sostanzialmente, non fosse in grado di offrire niente di più di quanto già avessero i nobili napoletani sotto la monarchia spagnola.
Tornando un attimo indietro, durante i primi anni di Filippo IV, il Regno di Napoli, oltre a versare il solito donativo biennale ordinario dell’importo di 1.200.000 ducati, nel quadro dell’Union de las Armas messa a punto dal vicerè Olivares che coinvolgeva tutti i domini spagnoli, dovette erogare un donativo straordinario di 300.000 ducati per quattro anni.
Come se non bastasse, Napoli dovette armare, nel 1623, un corpo di spedizione da impiegare nella guerra della Valtellina ed allestire un battaglione militare in ogni provincia (cfr. Brancaccio, Musi, p. 43). Questi sforzi finanziari, ovviamente, non potevano far altro che dissestare le già esauste casse napoletane.
La crisi economia e monetaria nel Regno di Napoli
Ma vi è di più. Durante i primi anni del regno di Filippo IV, Napoli fu colpita da una forte crisi monetaria dovuta allo svilimento della moneta che aveva perso il 60% circa del proprio del valore e che fu accompagnata da un forte rialzo dei prezzi.
Il viceré cardinale Zapata decise allora di sostituire il deprezzato mezzo carlino (5 grana), emettendo nuove monete. Con la prammatica emessa il 2 marzo 1622, infatti il viceré dispose che fosse proibita la circolazione delle “zannette” (5 grana) e si procedesse all’emissione di nuova moneta sia d’argento (ducati, mezzi ducati, tarì e carlini) che di rame (cfr. Prota 1920, pp. 15-22).
La scelta si rivelò fallimentare sia per l’insufficiente quantità di nuove monete coniate, ma anche perché, nonostante le severe pene previste, continuò il fenomeno tanto della falsificazione quanto della tosatura.
Il Regno di Napoli, pertanto, nel 1622 visse una profonda crisi monetaria, dovuta ad una pluralità di ragioni tra le quali: un perverso intreccio tra cambio e commercio, un deficit della bilancia commerciale, un forte peso fiscale, ma anche, secondo il console Cornelio Spinola, un’eccessiva circolazione della moneta di rame che aveva accresciuto il disordine monetario (cfr. Brancaccio, Musi, pp. 41-42).
I due cavalli del 1622: una moneta inedita, oggi ritrovata
Preso atto del turbolento periodo storico economico, passiamo finalmente alla moneta oggetto di questo scritto. Come spesso accade, la monetazione di Napoli sorprende collezionisti e studiosi con l’apparizione di inediti e varianti non censite e la moneta che mi appresto a presentare rientra appieno nella prima categoria.
E’ apparsa recentemente sul mercato numismatico, una moneta da due cavalli emessa a nome di Filippo IV per la zecca di Napoli che, ad oggi, non risulta essere ancora censita in nessuna delle opere consultate che riguardano la zecca partenopea.
La moneta così si presenta : al D/ […] IIII […] G […] per PHILIPP IIII D G REX, testa giovanile di Filippo IV volta a destra con corona radiata, dietro sigla del mastro di zecca M / C, mentre al R/ Anepigrafe. In una ghirlanda d’alloro corona reale sormontata da cinque globetti. Metallo: rame: diametro: mm 17; peso: g 1,94; inedito.
Una sigla rivelatrice, quella del maestro di zecca
La presenza della sigla M/C su questo esemplare, sigla attribuita al mastro di zecca Michele Cavo, ci dà la conferma che questa moneta non sia ancora stata censita. Determinata la paternità della sigla di Michele Cavo, il passo successivo è datarla in quanto il suddetto mastro di zecca ha ricoperto l’incarico in due periodi: (1) dal 14 luglio del 1621 all’11 luglio 1623, giorno in cui fu sospeso dalla carica (cfr. Bovi 1965-1966, p. 5); (2) dal 6 marzo 1626 al 30 novembre 1630 (cfr. Bovi 1965-1966, p. 8).
Il problema datazione è tuttavia di semplice risoluzione. Già lil ritratto giovanile che risulta compatibile appieno con le emissioni di altri nominali del 1622 porta a datare questo “denarello” (nome popolare dato al doppio cavallo) anch’esso a tale anno; non fosse, peraltro, che esso va a “tappare quel buco” che risulta nelle coniazioni in rame del 1622.
Infatti sono noti, per quella data, il grano, il tornese, il tre cavalli ed il cavallo mentre risulta stranamente assente il doppio cavallo. Lo troviamo però presente nella lista fatta per queste coniazioni dal Dell’Erba che scrive: “Non soltanto le indicate monete furono emesse nel 1622, ma dalla zecca principale di S. Agostino in Napoli, oltre al Grano col busto del re e croce di Gerusalemme, si coniarono il Mezzo Grano (tornese), il quarto di grano (tre cavalli), il Sesto di grano (due cavalli) ed il Dodicesimo di grano (cavallo)” (cfr. Dell’Erba 1932-1935, p. 286), anche se l’esimio studioso erra nella descrizione della moneta descrivendola con testa e croce di Gerusalemme al pari del tre cavalli, attribuendole però un peso medio pari a g 1,815 compatibile appieno con il tipo in oggetto.
Va aggiunto che questa tipologia, con le medesime caratteristiche iconografiche, verrà coniata anche successivamente sotto altri mastri di zecca. Tutti questi doppi cavalli risultano molto rari e di difficile reperimento in una buona conservazione. Si può, quindi, concludere affermando che una nuova moneta va ad inserirsi nella vasta e mai noiosa monetazione napoletana andando a colmare un vuoto che è durato per quasi quattro secoli.
Ringraziamenti
L’autore ringrazia la ditta Hatria Numismatica e il suo titolare Christian Andreani per la serietà e professionalità e ringrazia l’amico Davide Fabrizi per disponibilità.
Bibliografia essenziale
- Bovi 1965-1966 = Giovanni Bovi, Le monete napoletane di Filippo IV (1621–65) e di Enrico di Lorena (1648), in Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano, An. L-LI, Napoli, 1965-1966.
- Brancaccio, Musi 2018 = Giovanni Bracaccio, Aurelio Musi, Il Regno di Napoli nell’età di Filippo IV (1621–1665), Borgoricco 2018.
- Prota 1920 = Carlo Prota, Le monete di Napoli nel 1621 al 1623, in Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano, Napoli, 1920.
- Dell’Erba 1932-1935 = Luigi Dell’Erba, La riforma monetaria angioina e il suo sviluppo storico nel reame di Napoli, in Archivio Storico per le Provincie Napoletane, An. XVIII, XIX, XX, XXI, Napoli 1932-1935.